7 marzo 2023 Jnews David Devic

La Corte di Cassazione francese ha appena pronunciato una serie di decisioni interessanti in materia di Certificati di Protezione Complementare (SPC).

Alcune di queste decisioni apportano chiarimenti interessanti sull'interpretazione del regolamento (CE) n. 469/2009 sul certificato di protezione complementare per i medicinali.

Sull'articolo 3a) del regolamento (CE) n. 469/2009

 

La Corte di Cassazione ha interpretato l'articolo 3a) del regolamento in due sentenze emesse il 1° febbraio 2023 (ricorso n. 21-13.663 e 21-13.664). Secondo tale articolo, un certificato di protezione complementare può essere rilasciato solo se, alla data della domanda, il prodotto è protetto da un brevetto di base in vigore.

In questo caso, il brevetto di base proteggeva un anticorpo definito funzionalmente.

La Corte di Cassazione ha richiamato la giurisprudenza Royalty Pharma Collection Trust della CGUE, secondo la quale occorre verificare se il prodotto è necessariamente e specificatamente richiamato in una delle rivendicazioni del brevetto di base, quando non è esplicitamente menzionato.

Per questo, la Corte di Cassazione ritiene che debbano essere soddisfatte due condizioni:

  • il prodotto deve necessariamente rilevare, per l'esperto del settore, alla luce della descrizione e dei disegni del brevetto di base, dall'invenzione coperta dal presente brevetto, e
  • il tecnico del settore deve essere in grado di identificare in modo specifico tale prodotto alla luce dell’insieme degli elementi divulgati da detto brevetto, e sulla base dello stato dell'arte alla data di deposito o priorità del brevetto stesso.

In tale contesto, la Corte di Appello avrebbe dovuto verificare:

  • se i metodi per la produzione degli anticorpi monoclonali fossero ben noti all’esperto del settore alla data di deposito della domanda di brevetto e se quest'ultima, nella sua descrizione, descrivesse come effettuare la selezione degli anticorpi interessati per identificare quelli che svolgono la funzione dell'invenzione e
  • se l'esperto del settore potesse così, dalla lettura del brevetto e grazie alle sue conoscenze generali, ottenere, con un'attività di routine, tutti gli anticorpi che svolgono la funzione indicata dal brevetto, compreso il prodotto oggetto dell’SPC.

Sull'interpretazione dell'articolo 1b) del regolamento (CE) n. 469/2009

 

La Corte di Cassazione ha interpretato l'art. 1b) di questo regolamento in un’altra decisione emessa il 1° febbraio 2023 (ricorso n. 21-15.221). Secondo questo articolo, un prodotto coperto dall’SPC deve essere il principio attivo o la composizione di principi attivi di un medicinale.

In questo caso, uno dei prodotti coperti dall'SPC è stato presentato nell'AIC come eccipiente.

La Corte di Cassazione ha richiamato la sentenza Forsgren della CGUE, secondo la quale una proteina vettore coniugata ad un antigene polisaccaridico mediante un legame covalente può essere qualificata come “principio attivo” solo se è accertato che questa produce un proprio effetto farmacologico, immunologico o metabolico coperto dalle indicazioni terapeutiche dell'autorizzazione all'immissione in commercio.

In questo caso, la Corte ha deciso che l'assenza di designazione di una sostanza come ingrediente attivo in un'autorizzazione all'immissione in commercio costituisce una presunzione che non si tratti di un prodotto ai sensi dell'articolo 1 del regolamento (CE) n. 469/2009.

La Corte aggiunge, si noti, che tale presunzione sarebbe confutabile (confutabile mediante prova contraria), ad esempio sulla base di elementi contenuti nell'autorizzazione all'immissione in commercio o in un documento esterno, al fine di giustificare un effetto proprio per il composto considerato come un eccipiente, da solo o in associazione, per le indicazioni terapeutiche dell'autorizzazione all'immissione in commercio.

 

Il nostro staff è a vostra disposizione per fornirvi i nostri consigli sul deposito e sull'esame dei vostri certificati di protezione complementare (SPC) presso l'INPI.