11 gennaio 2022 Technofashion Luca Mariani

Ultima chiamata per le PMI. Le piccole e medie imprese (PMI) sono i pilastri dell’economia comunitaria: danno un’occupazione a due terzi dei lavoratori e realizzano il 57 % del valore aggiunto dell’Unione Europea (UE).

D’altro canto, secondo la Commissione dell’UE, alla fine del 2020 solo il 9% delle piccole e medie imprese europee ha registrato almeno un diritto di Proprietà Intellettuale (PI). Anche a causa della crisi pandemica, l’interesse per le registrazioni di marchi e brevetti ha subito un calo a livello comunitario e ciò influisce negativamente sul valore competitivo delle aziende.

Perché le PMI europee sono restie ad avvalersi dei diritti di PI?

In base ad un recente studio dell’EUIPO (Ufficio dell’Unione Europea per la proprietà Intellettuale) ci sono due problematiche principali che preoccupano gli imprenditori: 1) la loro mancanza di conoscenze in materia, e 2) la percezione – in una certa misura ingannevole – che l’iter di registrazione dei titoli sia troppo complesso e dispendioso in termini di tempo e denaro.

Eppure i marchi e brevetti registrati sono delle risorse strategiche fondamentali per la crescita e l’innovazione delle nuove aziende, conferendo un impulso talvolta decisivo per sopravvivere ai primi anni di vita. Infatti, l’impresa che può vantare di essere proprietaria di tali titoli lancerà un chiaro segnale sulla propria capacità espansiva e tecnologica ai potenziali investitori.

Gli analisti finanziari insegnano, inoltre, che tali titoli sono garanzie fungibili, cioè che all’occorrenza possono essere vendute o concesse in licenza con conseguente monetizzazione. Quindi, registrare titoli di PI, valorizzando il capitale immateriale, può diventare una corsia preferenziale per ottenere finanziamenti e per espandere i propri affari.

Per giunta, i titoli di diritto industriale conferiscono un vantaggio competitivo anche nel commercio elettronico, perché alcune piattaforme – come Amazon – mettono a disposizione strumenti avanzati di protezione contro la contraffazione e di promozione dei prodotti, a patto che si possa dimostrare l’esistenza delle privative interessate.

Gli effetti della pandemia sul commercio elettronico

L’e-commerce è in continua espansione e sempre più startup italiane puntano tutto sulla presenza in internet piuttosto che sull’apertura di punti vendita fisici. A queste aziende internet offre un mondo fatto di opportunità e connessioni istantanee, ma allo stesso tempo il web nasconde insidie quali episodi di contraffazione e di concorrenza sleale.

Secondo l’associazione E-commerce Europe, nel 2020 l'uso di Internet è aumentato ad un tasso di crescita ordinario, chiudendo l'anno con l'89% della popolazione che accede a Internet e con il 73% dei cittadini europei che acquista online (rispetto al 68% nel 2019).

Venendo più specificamente all’Italia, è stato registrato un forte aumento del numero di e-shoppers e della frequenza di acquisto di prodotti e servizi online. Nei primi due mesi della pandemia i consumatori italiani che acquistavano su internet sono cresciuti di 2 milioni, arrivando a quota 27 milioni. I beni di largo consumo e l'industria alimentare erano al primo posto in termini di crescita con un aumento del 70% nelle vendite.

In questo panorama, i commercianti cercano di essere più presenti nel mondo digitale. Tuttavia, l'e-commerce e i progetti di sviluppo informatico richiedono tempo, investimenti e competenze per essere adeguatamente sviluppati. Le aziende che stavano già pianificando programmi di espansione digitale hanno accelerato sulle tempistiche e quelle che non avevano intenzione di andare online sono state forzate in quella direzione. La sfida più grande per queste PMI è raggiungere una solida presenza online, sviluppando nuovi modelli di business digitale ed integrando nella propria gamma un’apprezzabile offerta di servizi virtuali.

Tra i vari aspetti da curare c’è quello della proprietà intellettuale, cioè quel patrimonio intangibile dell’azienda composto da brevetti, marchi, disegni e modelli, nonché opere dell’ingegno – che vanno protetti dagli strali dei concorrenti. Numerosi sono i marketplaces che propongono risorse di protezione della PI a beneficio dei venditori – tra questi si contano Alibaba, Ebay, Etsy, Subito, Wish, e molti altri. A tal proposito, vale la pena di approfondire il caso peculiare ed emblematico di Amazon.

L’esempio virtuoso di Amazon

Non tutti sanno che oltre ad essere una piazza di vendita per ogni tipo di prodotto impachettabile, la piattaforma di Amazon permette anche di acquistare servizi. In particolare, le imprese che vendono su Amazon possono acquistare servizi di supporto aziendale di vario genere, ad esempio: consulenze pubblicitarie, fiscali, digitali e non da ultimo giuridiche.

Tra i servizi legali offerti spiccano le consulenze in materia di registrazione di marchi, cui Amazon ha assegnato il nome di IP Accelerator (ovvero “Acceleratore della Proprietà Intellettuale”). Questo programma crea un collegamento diretto all’interno della piattaforma tra i sellers e un gruppo selezionato di studi specializzati nella registrazione e nella tutela dei marchi.

I venditori possono così godere di massimali prenegoziati da Amazon con le società di consulenza per la registrazione del marchio davanti l’Ufficio Europeo per la Proprietà Intellettuale (EUIPO). Oltre a ciò, possono accedere al cosiddetto Brand Registry (BR) in tempi abbreviati – poche settimane dopo la data di presentazione della domanda di marchio – senza dover attendere il concludersi dell’iter di registrazione avanti l’EUIPO.

Il BR di Amazon permette ai sellers di accedere a meccanismi di protezione aggiuntivi contro i potenziali contraffattori e sblocca contenuti avanzati, come video, immagini migliorate e l’accesso a dati esclusivi dei clienti. In altre parole, il Brand Registry può diventare uno strumento di marketing fondamentale per i venditori che vogliono distinguersi nel vasto mercato di Amazon, nonché un’arma di difesa per sorvegliare i propri marchi ed impedire che vengano usati impropriamente da potenziali contraffattori.

Tramite le iniziative di cui sopra, Amazon persegue anche la finalità di infondere nei consumatori un maggiore livello di fiducia sull’autenticità dei prodotti venduti nella sua piattaforma.

Conclusioni

La Commissione Europea con il suo IP Action Plan (25/11/2020), ha sottolineato il fatto che il panorama della proprietà intellettuale nell'UE è frammentato e che, in generale, sarebbe auspicabile un maggiore affidamento delle PMI sulle tutele garantite dal diritto industriale.

Le aziende, per poter sfruttare a pieno le potenzialità dei propri marchi e delle proprie invenzioni, devono registrarli avanti le autorità competenti, in modo da poter difendere il patrimonio intellettuale dell’impresa e potenziare il proprio vantaggio competitivo sulla concorrenza.

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