La ritrosia degli imprenditori italiani a sottoscrivere contratti, preferendo magari una stretta di mano, può provocare incomprensioni nel caso di collaborazioni tra più aziende che concorrono a sviluppare nuove soluzioni, processi o prodotti, come per esempio la formulazione di una mescola. È meglio dotarsi, quindi, di strumenti contrattuali per tutelare i propri investimenti e proteggere una proprietà intellettuale, fatta non solo di brevetti ma anche di know-how, che attraverso strumenti come il Patent Box può dare accesso a interessanti agevolazioni.

Di Danilo De Lorenzo, Consulente in proprietà industriale Brevetti, Jacobacci & Partners Spa e Arda Paragamyan, Associate Studio legale Jacobacci & Associati

È ancora diffusa l’opinione che vede il mondo della proprietà intellettuale come un’area di nicchia, di esclusivo interesse di grandi società multinazionali impegnate a sfidarsi l’una con l’altra in costose “battaglie” brevettuali, che balzano agli onori della cronaca per i risarcimenti milionari con cui, qualche volta, si risolvono. Allo stesso modo è nota la tradizionale ritrosia, tipica nell’imprenditoria nazionale, a sottoscrivere contratti di vario genere, specie se continuativi o di lunga durata per preferire piuttosto il ricorso alla figura, un po’ romantica, della semplice stretta di mano tra imprenditori.

La combinazione dei due approcci comporta, spesso, una sottovalutazione dell’importanza dei contratti per la gestione dei diritti di proprietà intellettuale che invece, laddove correttamente utilizzati, diventano ottimi strumenti per accrescere le potenzialità delle aziende, soprattutto in un settore così florido di diritti di proprietà intellettuale come quello della gomma.

Contratti...inconsapevoli

Quali gli spunti di riflessione su questo tema e quali i suggerimenti per gestire la contrattualistica in materia di proprietà intellettuale? Prima di entrare nel merito è utile chiarire un aspetto che, in effetti, stupisce molti. Tutte le aziende, anche quelle più determinate nel rifiutare “il pezzo di carta firmato”, concludono, spesso quotidianamente, svariati contratti senza esserne consapevoli.

Dal momento che la legge non richiede, se non con pochissime eccezioni, la forma scritta per la conclusione di un contratto, tutti gli accordi che siano idonei a costituire, regolare o estinguere un rapporto tra due o più parti sono contratti a tutti gli effetti, a prescindere dalla loro definizione o forma. In questo senso, dunque, sono da intendersi come contratti non solo tutti i documenti scritti che regolano un dato rapporto, pur se non espressamente qualificati come tali – come ad esempio una conferma d’ordine –, ma anche tutti gli accordi verbali volti a regolamentare un rapporto giuridico. In questo caso, ad esempio, tutti gli acquisti che ognuno di noi fa nella propria quotidianità sono, in verità, disciplinati da un contratto, seppure verbale.

Collaborazione tra imprese

Una volta accertato, dunque, che il “contratto” appare come un’entità da cui non si può sfuggire nell’attività d’impresa, appare ovvio come più questo sia formalizzato e dettagliato più si riduca l’area di incertezza per l’azienda, soprattutto in caso di controversia.

In questo senso sarebbe oltremodo utile e opportuno dotarsi di adeguati strumenti contrattuali in ogni attività e/o collaborazione che abbia la finalità di ideare, sviluppare o testare un nuovo prodotto, con la specifica determinazione di quali diritti a quale soggetto appartengano.

Un esempio molto frequente è quello delle varie forme di collaborazione tra imprese che decidono di mettere in comune le proprie diverse competenze tecniche per effettuare attività di ricerca e sviluppo, suscettibili poi di generare un prodotto o un processo innovativo. Di norma, queste attività vengono gestite all’interno di ciascuna delle aziende interessate da personale tecnico e, frequentemente, nessuno si preoccupa di formalizzare non solo le modalità di effettuazione delle attività, ma anche quali siano le conseguenze giuridiche dell’innovazione che si persegue. In molti casi, questo porta l’azienda a doversi confrontare, in un momento successivo e spesso con difficoltà, con problemi relativi alla titolarità di eventuali invenzioni a cui si sia pervenuti con uno sforzo congiunto, a gestire i riflessi economici di questi aspetti, a decidere chi potrà depositare una domanda di brevetto, chi debba sopportare certi costi, chi e con quali limiti possa sfruttare l’innovazione sviluppata e così via. Troppo spesso questi aspetti emergono soltanto in un momento in cui è troppo tardi per negoziare in modo equilibrato o comunque rispondente alle esigenze dell’azienda; e ci si trova dunque nella poco piacevole situazione di dover “forzare” la mano nella trattativa, quando addirittura di dover ricorrere al contenzioso.

Analisi sui prodotti

Per fare un esempio, sovente è necessario rivolgersi ad un soggetto terzo per effettuare test o analisi di un nuovo prodotto. Un esempio concreto potrebbe essere una nuova ricetta di ingredienti per una mescola in gomma, di cui si vogliano determinare le proprietà tecniche oppure valutare gli stampi per il prodotto finito o perfino analizzare un intero nuovo processo produttivo che generi un prodotto competitivo dal punto di vista tecnico o anche solo del prezzo. In questi casi, lasciando ad un secondo momento le valutazioni relative alla tutela, ad esempio, brevettuale, la mancata regolamentazione dei rap- porti col soggetto terzo può avere effetti estremamente negativi, fino ad annullare ogni diritto di tutela. Ad esempio, nel caso della mescola, l’inventore può vedersi limitati o anche annullati i diritti che poteva vantare prima della collaborazione.

Strumenti per crescere

Oltre a consentire una preventiva determinazione di diritti, i contratti svolgono un ruolo importante anche per la crescita dell’azienda che sia titolare di diritti di proprietà intellettuale, consentendole di espandersi in mercati in cui non potrebbe o vorrebbe penetrare autonomamente. Ci si riferisce, in questi casi, agli accordi di licenza di sfruttamento dei diritti di proprietà intellettuale che consentono ai relativi titolari di aggiungere delle voci di entrata al proprio fatturato anche grazie all’attività imprenditoriale di soggetti terzi. Naturalmente anche in questi casi l’adozione di specifici contratti appare essenziale, non solo per la determinazione, ad esempio, delle royalty, ma anche e soprattutto per scongiurare i rischi di perdita del diritto che l’uso fatto da un terzo potrebbe comportare. In conclusione, può dunque dirsi che i contratti – seppur considerati un male necessario per molti imprenditori – rappresentano in realtà un’occasione di rafforzamento della posizione dell’impresa nei rapporti coi terzi. Essi sono altresì lo strumento naturale, e in qualche modo inevitabile, per meglio delineare il contenuto dei diritti e la loro successiva gestione, che in alcuni casi può anche protrarsi per moltissimi anni.

Il Patent Box

In tema di vantaggi derivanti dalla detenzione di diritti di proprietà industriale, merita, poi, un cenno l’agevolazione fiscale denominata Patent Box che, seppur introdotta ormai da qualche anno, continua a rappresentare un’opportunità ancora sfruttabile per molte aziende. L’esperienza maturata in questi anni di applicazione del Patent Box ha dimostrato che moltissime aziende che esercitano attività produttiva sono titolari di beni immateriali agevolabili. Sono chiaramente agevolabili anzitutto i brevetti, ma anche, e soprattutto, il know how, cioè l’insieme delle informazioni e delle esperienze tecnico- industriali acquisite e sviluppate dall’azienda e mantenute in regime di segretezza. Si tratta di una categoria giuridica che richiede un’analisi specifica, proprio perché la sussistenza di tali diritti dipende dal soddisfacimento di alcuni requisiti. Accertata la loro presenza, è poi possibile dimostrare che è proprio grazie a quel know how che l’azienda raggiunge obiettivi di redditività migliori di quanto avverrebbe qualora operasse invece senza usufruire di alcun bene immateriale.

Agevolazioni economiche

Le aziende che operano nel settore della gomma appaiono, in questo senso, ottime candidate per beneficiare delle forti agevolazioni economiche che la titolarità di questo tipo di diritti comporta. Il dato di comune esperienza insegna, infatti, che ciascuna delle ricette, dei processi produttivi e delle mescole ideate ed utilizzate nel quotidiano di queste aziende possa accedere e beneficiare della tutela accordata ai segreti commerciali.

Per cogliere le opportunità offerte dal Patent Box, è necessario tuttavia acquisire consapevolezza del proprio patrimonio immateriale e mettere a sistema all’interno dell’impresa tutte le misure più opportune affinché tale patrimonio sia salvaguardato adeguatamente. Se fino a pochi anni fa tale regola costituiva una buona prassi, essa è oggi un vero e proprio must per le aziende che vogliono ottenere un concreto ritorno economico, in termini di risparmio fiscale, dal proprio patrimonio intellettuale.