Saper rispondere tempestivamente alle sfide poste dalle tecnologie emergenti è un fattore chiave nella gestione della proprietà intellettuale. Soprattutto nel business farmaceutico.

«Fare innovazione oggi è più che mai importante, se non addirittura essenziale. In un’economia che si caratterizza come non mai per i forti dinamismi, chi precorre i tempi scegliendo di accettare e “cavalcare” il cambiamento vince su chi, invece, lo subisce», racconta Valeria Croce, che dalla sua posizione di European Patent Attorney e Partner di Jacobacci & Partner, società specializzata in consulenza su brevetti e marchi, ha il polso sui trend più attuali nel campo della protezione della proprietà intellettuale (IP) in campo biotecnologico e farmaceutico. Un obiettivo primario per tutte le aziende, grandi o piccole che siano, deve essere ricercato nel consolidamento del vantaggio tecnologico fin qui raggiunto, spesso a fatica a causa delle condizioni macroeconomiche – di certo non favorevoli allo sviluppo d’impresa – che hanno caratterizzato l’ultimo decennio.
Condizioni che potrebbero disegnare scenari ancor più sfidanti in futuro, vista la recessione incombente a livello globale, e soprattutto per Paesi che svolgono un ruolo chiave all'interno dell’industria del farmaco come la Germania. «È critico per le aziende trasformare questo vantaggio tecnologico in un vero e proprio distacco sui concorrenti; ciò rappresenta spesso l’ultimo gradino per completare una storia di successo industriale che nasce con la consapevolezza di aver fatto qualcosa di innovativo», sottolinea Valeria Croce.

Tutelare anche le piccole invenzioni

Il concetto d’innovazione è di natura più qualitativa, spiega l’esperta, perché applicare a esso una definizione di tipo
quantitativo può portare a sottovalutare un’invenzione o a ignorarla: la vera innovazione va ricercata nei risultati che attestano il conseguimento di un miglioramento, il superamento di una difficoltà o di un problema. «È imperativo abbandonare un approccio di eccessiva umiltà e confrontarsi in modo serio e costruttivo con la possibilità – consentita e incoraggiata dalla normativa brevettuale – di tutelare anche le "piccole" invenzioni», è l’incitamento per chi opera nella filiera della ricerca e sviluppo, non solo all'interno dell’industria.

depositi di nuove domande settore biotech in italia

L’importanza della protezione della proprietà intellettuale per la salvaguardia del potenziale di crescita dell’impresa è stata sottolineata anche da un recente studio dell’Ufficio europeo dei brevetti (Epo) sulle cosiddette “high growth firm”, le aziende che proprio grazie alla qualità elevata del proprio portfolio IP riescono ad affermarsi molto velocemente sui mercati (si veda l’articolo a pag. 26). Il 2017 (ultimo anno censito dalla Banca dati nazionale delle invenzioni biotecnologiche e delle scienze della vita gestita dall'Ufficio italiano brevetti, Uibm) ha visto in Italia il deposito di 123 nuove domande di brevetto, con andamento pressoché stabile rispetto agli anni precedenti (figura 1). Il settore tecnologico più rappresentato è costituito dalle preparazioni per uso medico (classe brevettuale A61K, figura 2), seguito dai brevetti per microrganismi, enzimi e loro preparazioni (C12N) e dai processi di misurazione o test basati su enzimi, acidi nucleici o microorganismi (C12Q), a testimonianza della crescente importanza dei prodotti diagnostici a supporto dell’azione terapeutica. La regione più attiva è la Lombardia (figura 3), con il 19,1% dei depositi nel decennio 2008-2017, davanti a Lazio (15,5%) e al Piemonte (11%).

Sfide per il settore regolatorio

Le normative internazionali, e in particolare quelle europee che ci sono più vicine, sono il punto di riferimento fondamentale con cui l’impresa attiva nelle scienze della vita deve costantemente confrontarsi per garantire la rispondenza dei propri prodotti alle leggi vigenti. «Da questo punto di vista – sottolinea Valeria Croce – l’emissione di una nuova normativa nazionale o comunitaria pone nuove sfide: vincerle significa soddisfare innanzitutto la necessità normativa, che è imposta; ma vincerle per primi significa anche fare un passo e superare la concorrenza. In tempi di stretta competizione tecnologica, può voler dire sopravvivere. Non si tratta solo di soddisfare le richieste a livello nazionale: l’ottica internazionale è altrettanto importante, bisogna sempre tener conto dell’iter delle regole del Paese al quale ci si rivolge, sia esso di produzione o di vendita». A volte questi momenti di transizione per rispondere a nuovi requisiti regolatori sono vissuti con una certa ansia dalle aziende a causa dell’aumentato carico di lavoro. È invece importante tenere sempre in conto – anche nell'ottica interna – che il cambiamento imposto dalla necessità regolatoria si
traduce quasi sempre in un’esperienza di arricchimento e in un possibile vantaggio per l’azienda. «Cambia il punto di vista, s’impara ad approcciare la problematica da un’altra ottica – sottolinea l’esperta di Jacobacci & Partners –. Il vantaggio aggiunto per soddisfare questi requisiti va fatto proprio, non deve essere perso né può essere regalato. La tutela tramite brevetto di un’innovazione – necessaria anche ai soli fini regolatori – è molto importante perché tiene a distanza i concorrenti e impedisce loro di sfruttare la stessa soluzione, li costringe a trovare un’alternativa che spesso può essere più complessa o costosa». Fra i casi più semplici con cui recentemente le aziende che operano nel settore life science si sono trovate a che fare hanno visto, ad esempio, la necessità di dover sostituire o ridurre drasticamente composti tossici e nocivi, o che entro breve tempo erano destinati a essere vietati per l’utilizzo in alcune applicazioni. Non meno rilevante può essere lo sviluppo di metodologie più veloci e affidabili per l’analisi delle impurezze (come nel caso dei prodotti a base di ranitidina) o lo sviluppo di nuovi materiali per il confezionamento. «Per quanto riguarda le impurezze, l’Ufficio europeo brevetti ha dimostrato di voler cambiare approccio: è sempre stato molto severo su questo punto, ma di recente ha lasciato un po’ più di margine sulla possibilità di brevettare un processo che migliora la purezza di un prodotto farmaceutico. Questo piccolo spazio in più può consentire alle aziende di tutelare i miglioramenti dei propri processi», spiega Croce.

Ricadute in campo ambientale

Spesso un cambio di normativa a livello regolatorio può avere impatti importanti anche sugli aspetti di gestione ambientale dell’azienda. È il caso, ad esempio, dei solventi più tossici, che – spiega Croce – ha comportato anche modifiche dei processi di depurazione delle acque a valle del processo produttivo. «Si tratta di costi non trascurabili per un’azienda: investire seriamente nello sviluppo di processi più eco-friendly, più compatibili dal punto di vista ambientale, può voler dire aumentare la propria competitività sul piano nazionale e internazionale, a volte anticipando anche future tendenze».

distribuzione domande biotech italia

Basti pensare all'importanza crescente delle politiche di responsabilità sociale e ambientale messe in atto da parte delle aziende, politiche che vengono spesso comunicate ai consumatori e rappresentano così un importante elemento anche sul piano del marketing. Per non parlare della svolta verso un green new deal che sembra annunciarsi per il futuro, in seguito alla recente discussione sui cambiamenti climatici e sui temi ambientali avvenuta alle Nazioni Unite. «Si vede come
uno strumento brevettuale può soddisfare anche esigenze di marketing e concorrere al miglioramento della reputazione
aziendale; la consapevolezza del pubblico sulle tematiche ambientali oggi è aumentata, non si può più fare a meno di
questo». 

ripartizione geografica nazionale domande di brevetto biotech

 

Nuove tecnologie di processo

Gli ultimi dieci anni hanno visto annunci pressoché giornalieri riguardanti lo sviluppo di nuovi materiali ad alte prestazioni – spesso basati sulle nanotecnologie – o di nuovi strumenti e apparecchiature che hanno radicalmente trasformato i processi produttivi e di controllo aumentando progressivamente i livelli di automazione. «Tecnologie magari un po’ datate ma messe da parte per via dei costi di implementazione, possono oggi diventare disponibili a prezzi commercialmente più vantaggiosi, come nel caso delle stampanti per la stampa additiva. In alcuni casi è diventato possibile applicare tecnologie ormai consolidate a materiali e apparecchiature di nuova generazione o concezione. Un altro esempio è la flow chemistry, che è stata rispolverata grazie alla disponibilità di reattori a prezzi più concorrenziali», racconta Valeria Croce, che nella sua esperienza quotidiana sta osservando anche una forte crescita dei brevetti
basati sul grafene. Integrare le nuove tecnologie all’interno di processi già consolidati può risultare una sfida, perché si tratta di modificare un processo considerato sicuro e affidabile per introdurvi nuovi elementi. L’esperta spiega che questo tipo d’innovazione è tutelabile quando consente di raggiungere risultati nuovi e migliorativi dal punto di vista quantitativo, come una maggior purezza del prodotto o un minor tempo per la produzione, o dal punto di vista qualitativo, come può essere l’impiego di una minore quantità di solventi (nel caso tipico della flow chemistry). «Dopo che un certo fenomeno – come la stampa 3D o la chimica a flusso continuo, verso il quale molti hanno nutrito aspettative talvolta troppo elevate – è un po’ passato di moda, resta comunque un valore aziendale che deve essere consolidato dal punto di vista competitivo. Prestando attenzione a questi aspetti, è possibile cogliere l’opportunità di costruire mattone su mattone ciò che diventa col tempo un capitale aziendale», aggiunge Croce. I brevetti così concepiti rientrano nella categoria dei brevetti di selezione, che proteggono aspetti particolari e ottimizzati di un certo processo. «Un brevetto di questo tipo non ha minor valore strategico per l’azienda: la tecnologia evolve nel senso della specializzazione, le innovazioni pionieristiche sono sempre meno frequenti, mentre un principio ormai assodato è che si costruisce innovazione su innovazione. Ecco perché si parla di selezione o miglioramento».

Valorizzare i risultati della ricerca clinica

Il decreto attuativo della legge Lorenzin (legge 3/2018 del 11 gennaio 2018) è stato approvato in via definitiva a maggio 2019 dal Consiglio dei ministri e contiene tra gli altri l’importante possibilità di brevettare i risultati della ricerca clinica di base (modificando in tal senso quanto disposto dal precedente d.lgs. 200/2007 di attuazione della direttiva 2005/28/CE). «Ciò ha imposto un cambiamento radicale, anche dal punto di vista culturale, a chi ancora non aveva questo tipo di approccio alla ricerca clinica. Oggi essa diventa un valore per l’istituto di ricerca, valore che può essere quantificato e monetizzato a vantaggio sia dei pazienti che dell’ente di ricerca stesso», spiega Valeria Croce. Le nuove opportunità di brevettazione in campo clinico derivano dalla crescente ricerca nel settore della medicina di genere e della medicina personalizzata o di quella pediatrica, che puntano a sviluppare trattamenti ad hoc per gruppi selezionati di pazienti. Non meno rilevanti sono le tecnologie di profilazione genetica di ultima generazione, soprattutto nell’ambito della cura dei tumori, che consentono di scegliere il farmaco più adatto al singolo paziente sulla base di precisi marcatori presenti nel suo Dna. «Le normative brevettuali italiana, europea e internazionale non consentono di tutelare di per sé la scoperta di un nuovo meccanismo molecolare alla base di una patologia – spiega Croce. – Tuttavia, l’applicazione
di questo tipo di scoperta può essere brevettabile sulla base dell’analisi delle circostanze che hanno portato all’invenzione, che deve essere declinata secondo quanto permesso dalla legge brevettuale».

Aspetti legali dell’intelligenza artificiale

Anche lo sviluppo di nuove tecnologie centrate sull’utilizzo dell’intelligenza artificiale (AI) in campo medico pone numerose sfide a chi intenda tutelare il proprio know-how. «Oggi ci s’interroga innanzitutto in un’ottica legale su come l’intelligenza artificiale possa produrre l’innovazione: è innegabile che l’AI possa superare l’uomo, il ricercatore, nel concepire un’invenzione, ad esempio può analizzare nel più minimo dettaglio un processo chimico o le condizioni operative di una reazione. Ciò può consentire d’individuare quali sono i parametri critici o ottimali per raggiungere un certo obiettivo, col vantaggio di poter aumentare la purezza o diminuire la temperatura operativa (o variarla in modo opportuno), o diminuire il consumo di reagenti o di solventi», spiega Valeria Croce. Un altro settore primario di applicazione dell’intelligenza artificiale riguarda l’elaborazione della grande massa di dati clinici a disposizione, la cosiddetta data analytics. I big data provengono dalle fonti più svariate e non solo recenti, ad esempio dalla letteratura scientifica conservata nelle banche dati. «Si assiste quotidianamente allo sviluppo di algoritmi predittivi che possono trovare utili applicazioni diagnostiche, un settore in costante crescita. La normativa brevettuale consente di tutelare questo tipo d’invenzioni, ma non il modello matematico: anche in questo caso, è possibile brevettare solo la sua applicazione. Si tratta d’invenzioni per loro natura interdisciplinari, quindi il problema della loro protezione
va affrontato da più professionisti che abbiano competenze matematiche, informatiche e biotecnologiche», esemplifica in
chiusura Valeria Croce.