La formalizzazione contrattuale dei rapporti di collaborazione, in sede di progettazione e sviluppo di nuovi prodotti, viene spesso trascurata dalle imprese. Questo strumento può tuttavia risultare prezioso per la tutela dei beni immateriali e della proprietà intellettuale delle aziende.

La vita quotidiana dell’impresa si svolge, da un punto di vista legale, essenzialmente attraverso i contratti; questi sono infatti necessari ad una molteplicità di compiti, tutti vitali per l’azienda, dall'acquisto di ciò che serve per la produzione, alla promozione e vendita dei prodotti, con tutta una serie di tipologie e variabili legate ai sempre più numerosi servizi di cui l’azienda si avvale. Ovviamente, sono “contratti” anche tutti gli accordi verbali che quotidianamente si concludono, così come i comporta- menti magari invalsi nella prassi che attengono a rapporti giuridico-patrimoniali dell’impresa.

Nonostante la tradizionale ritrosia dell’imprenditore, assai radicata nella cultura aziendale italiana, a formalizzare gli accordi commerciali, e contrariamente a quanto spesso si ritiene, la mancanza di particolari formalità non fa quasi mai venir meno la natura legale del contratto; il più delle volte ne pregiudica però la chiarezza, e ne indebolisce l’efficacia, soprattutto in caso di successive controversie.

Tuttavia, l’esperienza insegna che l’impresa tende a trascura- re, quando non addirittura a dimenticare, o comunque a gestire in ritardo e in modo inadeguato le vicende relative alle fasi di ideazione e sviluppo di nuovi prodotti, alle attività di ricerca e sviluppo (magari congiunte, tra due o più imprese), e più in generale a quanto riguarda o potrebbe anche solo potenzialmente interessare la nascita e la gestione dell’innovazione.

Condivisione di risorse

Un esempio molto frequente è quello delle varie forme di collaborazione tra imprese che decidono di mettere
in comune le proprie, diverse, competenze tecniche per effettuare attività di ricerca e sviluppo, suscettibili poi di generare un prodotto o un processo innovativo; di norma, queste attività vengono gestite all'interno di
ciascuna delle imprese interessate da personale tecnico e, frequentemente, nessuno si preoccupa di formalizzare non solo le modalità di effettuazione delle attività, ma anche quali siano le conseguenze giuridiche dell’innovazione che si persegue.

In molti casi, questo porta l’azienda a doversi poi confrontare, in un modo successivo e spesso con difficoltà, con problemi relativi alla titolarità di eventuali invenzioni a cui si sia pervenuti con uno sforzo congiunto, a gestire i riflessi economici di questi aspetti, a decidere chi potrà depositare una domanda di brevetto, chi debba sopportare certi costi, chi e con quali limiti possa sfruttare l’innovazione sviluppata e così via. Un altro esempio assai frequente è quello del ricorso a società
specializzate per la realizzazione di applicativi software, da utilizzare poi all'interno della propria azienda o, magari, in relazione ai propri macchinari di produzione.

Anche in questo caso, la prassi consolidata non prevede affatto di definire, oltre al compenso e alle specifiche tecniche del caso, anche la questione della titolarità dei diritti sul software che venga realizzato - contrariamente a quanto si crede, non è detto infatti che la questione si risolva da sola, attraverso l’applicazione di una norma.
Numerose sono poi le problematiche, tipiche della proprietà intellettuale, ma spesso “nascoste”, dei contratti di fornitura che riguardino non semplicemente l’acquisto di componenti, ma la realizzazione di elementi in parte nuovi o magari anche solo adattati alle specifiche del committente; in questi casi infatti vi possono essere
diritti di proprietà intellettuale, esistenti o anche solo “futuribili”, di entrambe le parti e dovrebbero essere
regolati in anticipo.

Troppo spesso questi aspetti emergono soltanto in un momento in cui è troppo tardi per negoziare, in modo equilibrato o comunque rispondente elle esigenze dell’azienda; e ci si trova dunque nella poco piacevole situazione di dover “forzare” la mano nella trattativa, quanto non di dover ricorrere al contenzioso.
Anche in questo caso vale il motto “meglio prevenire che curare”. È dunque opportuno che tutto ciò che riguarda le attività innovative, la creazione di intangibili e più in generale tutto ciò che esula dalle tradizionali funzioni aziendali (acquisti, vendite…) venga - così come si fa con gli acquisti delle materie prime e con moltissime altre cose
- regolato attraverso idonei contratti.

Chiarezza delle regole

A ciò si deve aggiungere una peculiarità dei beni immateriali e della proprietà intellettuale, che diversamente da ciò che riguarda i beni materiali (come ad esempio la materia prima, o i componenti, o i pezzi di ricambio) spesso non è ancora presente nel momento in cui l’impresa negozia i termini commerciali di un determinato accordo, o magari non è ancora pienamente definita nel suo contenuto. In questi casi, tuttavia, è possibile utilizzare proprio lo strumento contrattuale per individuare - ora per allora, e quindi anticipando il momento in cui la proprietà intellettuale verrà generata - le regole che attengono alla sua titolarità, alla sua gestione, al suo sfruttamento, alla sua eventuale circolazione (cessione, concessioni di licenze e simili). Particolarmente delicata, inoltre, sarà poi la questione dell’eventuale co-titolarità di più soggetti sul medesimo bene, che sia oggetto di proprietà intellettuale.

Vi è però un ulteriore motivo che suggerisce di fare ricorso ai più idonei strumenti contrattuali in tutte le situazioni in cui l’impresa opera, anche e soprattutto nell'ambito dell’innovazione. Il contratto deve, innanzitutto, essere chiaro, completo ma non inutilmente lungo o complicato; deve consentire a chi lo legge (e non solo a chi lo ha concluso,) di comprendere esattamente quali sono gli obblighi, i doveri, le responsabilità, i diritti e i benefici di ciascuna parte, e possibilmente anche le ragioni per le quali è stato raggiunto un determinato assetto contrattuale dei rapporti.

Ma al tempo stesso il contratto, se redatto correttamente, consente anche di rafforzare la tutela della proprietà intellettuale dell’azienda, ad esempio attraverso una più precisa definizione degli ambiti della stessa, attraverso il riconoscimento dei rispettivi diritti, o attraverso la valorizzazione economica degli stessi. Ci sono poi ambiti, anche questi molto diffusi e direi anzi quotidiani nella prassi aziendale, in cui i contratti sono addirittura essenziali all'esistenza stessa del diritto; è il caso del know how, in relazione al quali un’adeguata contrattualizzazione può in effetti fare la differenza tra il riconoscimento (successivo) dell’esistenza del diritto, o alla sua negazione.

In conclusione, può dunque dirsi che i contratti - seppur considerati un male necessario per molti imprenditori - rappresentano in realtà un’occasione di rafforzamento della posizione dell’impresa nei rapporti coi terzi, e anche in un ambito più ampio; essi rappresentano altresì lo strumento naturale, e in qualche modo inevitabile, per meglio delineare il contenuto dei diritti e la loro successiva gestione, che in alcuni casi può anche essere protrarsi per moltissimi anni.
Dunque, non solo forma, ma sostanza; questo è l’approccio più corretto per poter utilizzare lo strumento contrattuale nell'efficace tutela dei diritti e degli interessi dell’azienda