22 aprile 2022 Technofashion Luca Mariani

I grandi brand a livello mondiale stanno approcciando il Metaverso da varie direzioni: i social media, le piattaforme e-commerce e i giochi interattivi. Il loro ruolo nel plasmare lo scopo del Metaverso sarà decisivo e avrà un impatto notevole sulla vita degli utenti. Di conseguenza, ora si tratta di estendere e far rispettare i diritti di esclusiva dei marchi in un ambiente totalmente smaterializzato e pressoché vergine dal punto di vista legislativo.

La Metamorfosi di Facebook

A pochi sarà sfuggito che lo scorso ottobre Mark Zuckerberg (MK) ribattezzava Facebook, Inc. come Meta Platforms, Inc., capogruppo che ad oggi gestisce alcuni brand di punta del mondo social quali Instagram, Whatsapp, Messenger e naturalmente Facebook. Un cambio di denominazione sociale che molti hanno visto come tentativo di rilanciare un’organizzazione macchiata dallo scandalo di Facebook – Cambridge Analityca risalente al 2018.

In effetti, un rebranding può essere utile per segnalare ai consumatori che la società vuole chiudere con il passato e cambiare direzione e, per MK, il nuovo orizzonte si chiama Metaverso. In realtà, il concetto non è nuovo: si tratta di una dimensione completamente smaterializzata e digitale, nella quale potenzialmente possono essere replicati tutti gli aspetti della vita interpersonale di un individuo.

Le origini letterarie del Metaverso

Già nel 1992 lo scrittore statunitense Neal Stephenson parlava di Metaverso nel suo romanzo fantasy “Snow Crash” come di uno spazio digitale e tridimensionale, dove le persone sono rappresentate da avatar, grazie ai quali possono svolgere una serie di attività e interagire tra di loro.

Il Metaverso è, dunque, un piano esistenziale altro rispetto a quello in cui vivono i nostri corpi fisici; piano esistenziale nel quale la corporeità non sparisce ma viene digitalizzata e il piano sensoriale è ricomposto nel limite – incessantemente sospinto verso il miglioramento – delle tecnologie informatiche.

A tal proposito, vale la pena di intraprendere un breve excursus etimologico: “mèta-” è un prefisso greco che ritroviamo in diversi termini, una su tutte, metamorfosi (da μεταμόρϕωσις), ma anche metafisica, metafora e molte altre. Sono tutte parole che semanticamente si collegano al mutamento e alla trasfigurazione, ma anche alla posteriorità e, di conseguenza, al futuro.

Il Metaverso dei videogiochi e della moda

Seppur negli ultimi mesi il Metaverso sia tornato alla ribalta soprattutto grazie al clamore che ha circondato la presentazione di Meta Platforms Inc., nei migliori salotti tecnologici gli universi paralleli virtuali sono pane quotidiano da tempo.

Ad esempio, i gamer passano buona parte della loro esistenza negli ambienti immersivi e tridimensionali dei videogiochi, che vengono chiamati MMORPG, ovvero Massively Multiplayer Online Role Playing Games. Tra i più conosciuti si contano The Sims, Second Life e Minecraft, che danno la possibilità a ciascun giocatore di assumere le sembianze di un avatar – cioè un clone digitale, creato secondo le preferenze del giocatore – e condurre una seconda vita nel ciberspazio.
Nei suddetti mondi digitali si trovano anche dei mercati virtuali, dove gli utenti possono acquistare, con denaro reale, dei prodotti a beneficio dei loro avatar, alcuni dei quali possono essere dotati di marchio. Ad esempio, l’Avatar Store di XBox mette a disposizione un’ampia gamma di articoli “brandizzati” - soprattutto abbigliamento e oggettistica - da utilizzare nei videogiochi.

I consumatori si immedesimano sempre più con i loro avatar e ciò li induce non solo a spendere soldi veri per accessori virtuali e articoli di moda, ma anche ad investire somme considerevoli per l’acquisto di beni “immobiliari” virtuali. Recentemente è emerso che Marco Verratti, calciatore italiano militante nel Paris-Saint-Germain, ha acquistato un’isola privata nel mondo virtuale The Sandbox.

Certi prodotti virtuali sono commercializzati a prezzi superiori ai loro omologhi reali, basti pensare che su Roblox è stata recentemente venduta una borsa immateriale di Gucci a circa 4.100 dollari. Pertanto, per le imprese produttrici si apre un mercato totalmente nuovo, che può essere minacciato dalla contraffazione tanto quanto quello reale.

Ad esempio, Hermès ha recentemente avviato una causa negli U.S.A. contro un artista che ha concepito dei cloni digitali delle sue borsette, o meglio delle variazioni creative ribattezzate "METABIRKINS". Hermès dovrà dimostrare che la tutela del suo marchio registrato si estende anche alle riproduzioni virtuali di tali prodotti e che il marchio “METABIRKIN” sulle borsette virtuale inganna i consumatori, inducendoli a pensare che si tratta di un prodotto ideato proprio dalla maison Hermès.

Gli sviluppi indesiderabili del Metaverso

Nel mondo fisico, la violazione di un marchio si verifica quando un soggetto usa un marchio identico o simile ad un marchio già registrato da altri, per contrassegnare prodotti o servizi della stessa tipologia. Invece, nel Metaverso, capita un fenomeno particolare: c’è il rischio, infatti, che un soggetto crei dei prodotti virtuali (come gli indumenti degli avatar) che somigliano ai prodotti fisici di un brand famoso, anche nel marchio.

Da un punto di vista intuitivo, è facile concludere che un marchio registrato in relazione a "abbigliamento reale" debba considerarsi tutelato anche per "abbigliamento virtuale" nel Metaverso. Tuttavia, da un punto di vista giuridico la connessione non è così semplice: ad oggi, ancora non è chiaro se e come i diritti di proprietà intellettuale registrati nel mondo reale possano essere estesi o convertiti in un mondo virtuale, dal momento che esistono differenze sostanziali tra prodotti fisici e prodotti digitali.

Non stupisce, dunque, che alcune case di moda vogliano sradicare il problema sul nascere, registrando i loro marchi non solo per i prodotti tangibili, ma anche per le loro versioni intangibili. Ad esempio, Nike Inc. ha depositato recentemente dei marchi includendo nello scopo della tutela anche programmi per computer (Classe di Nizza 9), servizi di vendita online (Classe di Nizza 35) e servizi di intrattenimento digitale in relazione a prodotti virtuali (Classe di Nizza 41).

Questo è stato il preludio all’apertura di Nikeland, un micro-metaverso firmato Nike su Roblox, che – per non lo sapesse - è una piattaforma che, al tempo stesso, permette agli utenti di programmare nuovi giochi e di partecipare a giochi creati da altri utenti. Nike ha quindi aperto un parco giochi autocelebrativo, che incorpora anche uno showroom digitale dove si possono equipaggiare gli avatar con speciali prodotti e kit Nike.

Ad un certo punto, i vari micro-metaversi dovrebbero diventare degli ecosistemi interconnessi. Per cui, gli utenti potranno viaggiare da un mondo virtuale all’altro, portando con sé anche gli oggetti acquistati. Allora il Metaverso diventerà un gigantesco contenitore di una molteplicità di microcosmi immaginari.

Le aziende che vogliono prevenire esperienze di contraffazione nel Metaverso devono, dunque, pensare all’opportunità di espandere lo scopo dei propri marchi, al fine di tutelare anche le versioni virtuali dei propri prodotti e servizi, entro i limiti di quanto previsto dalla normativa vigente.

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