La commercializzazione di prodotti che utilizzano diciture suggestive come "tipo Parma" per richiamare una Denominazione di Origine Protetta (DOP) costituisce un "inganno decettivo", configurando il reato di frode in commercio. Questa è la linea di principio tracciata dalla Cassazione Penale, Sez. III, con la recente sentenza n. 32260 del 30/09/2025 (relativa al caso del “Crudo di Parma”).
Una pronuncia fondamentale che rafforza in modo significativo la tutela penale delle Indicazioni Geografiche in Italia.
L’azione legale era stata promossa contro un produttore/commerciante che aveva immesso sul mercato un prosciutto crudo con la denominazione “Jambon tipo Parma”, pur non essendo certificato come “Prosciutto di Parma” DOP.
Il Consorzio del Prosciutto di Parma aveva sostenuto che la dicitura "tipo Parma" fosse una chiara evocazione indebita della DOP, vietata dalle normative europee e italiane, e che integrasse il reato di frode in commercio.
L'imputato, condannato sia in primo grado che in appello, aveva tentato di difendersi sostenendo che l’uso della parola "tipo" escludeva l’inganno, in quanto l'acquirente era consapevole di non acquistare il prodotto autentico.
La Corte di Cassazione, respingendo le tesi difensive, ha stabilito principi chiave che blindano la protezione delle DOP:
1. L’inganno decettivo e la frode in commercio
L'uso di locuzioni come "tipo Parma" (o espressioni simili, come "genere", "metodo", "alla maniera", "imitazione") per prodotti non certificati è considerato dalla Corte un "inganno decettivo". Questa condotta è idonea a configurare il reato di frode nell'esercizio del commercio ai sensi dell’art. 515 c.p..
2. Il principio dell'evocazione: irrilevanza della consapevolezza del cliente
Il punto cruciale della sentenza è la netta focalizzazione sul concetto di "evocazione".
Non è necessario che l'acquirente sia effettivamente convinto di comprare un prodotto DOP, né che lo richieda specificamente.
Ciò che conta è che la dicitura sia capace di trarre in errore circa l’origine, la provenienza e la qualità del bene, indipendentemente dall’intenzione o dalla consapevolezza dell’acquirente.
La frode sussiste anche se il cliente è consapevole di acquistare un prodotto generico. Il reato si perfeziona laddove l'etichetta/dicitura è intrinsecamente idonea ad ingannare il consumatore.
La sentenza tutela un duplice interesse:
Il Consumatore: che ha diritto a informazioni veritiere e non viziate da richiami ingannevoli.
Il Produttore (DOP): che deve salvaguardare il proprio business ed evitare che il suo prodotto sia confuso con merce di diversa origine o qualità.
Questa sentenza stabilisce un precedente importante contro le cosiddette "imitazioni creative" che mirano ad eludere la legge attraverso allusioni o richiami indiretti delle Indicazioni Geografiche, come l’espressione "tipo".
Lancia un chiaro monito agli operatori commerciali: qualsiasi uso di termini che evochino una DOP o IGP può integrare il reato di frode, indipendentemente dalla dicitura "non autentico" o dalla consapevolezza del cliente.
L’articolo di Laura Salustri, Trademark Attorney, è stato redatto sulla base della Sentenza della Cassazione Penale, Sez. III, n. 32260 del 30/09/2025 (Crudo di Parma).
Cosa si intende per "Evocazione" di una DOP?
L'evocazione è un richiamo indiretto, anche solo suggestivo, alla denominazione protetta (DOP/IGP). Si verifica quando un prodotto non certificato è identificato da un nome, un'immagine o una dicitura (come "tipo Parma", "genere", "alla maniera") che induce il consumatore ad avere direttamente in mente, come immagine di riferimento, il bene che beneficia della DOP.
Il reato di frode sussiste anche se aggiungo la parola "tipo"?
Sì. La Cassazione ha stabilito che l’uso di "tipo", "genere", o "imitazione" per richiamare una DOP è un "inganno decettivo" idoneo a configurare la frode in commercio, poiché l'etichetta è comunque in grado di ledere la lealtà negli scambi.
È sufficiente che il cliente sappia di non comprare l'originale?
No. La Corte ha ribadito che la frode sussiste anche se il cliente è consapevole di acquistare un prodotto generico. La legge punisce la violazione della fiducia nel corretto svolgimento del commercio, a prescindere dalla consapevolezza del singolo consumatore.
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