21 febbraio 2022 Jwho Jacobacci & Partners

Intervista a Massimiliano Simi, VP R&D e cofounder di MMI SpA - Medical Micro Instruments, con Paolo E. Crippa, Partner e Chief Patent Officer di Jacobacci & Partners.

“As you can imagine, developing a groundbreaking robotic platform and instruments requires years of R&D work and it’s our top priority to protect our innovations with a robust patent strategy.” Massimiliano Simi, PhD, VP R&D MMI SpA

L'intervista

Sono Paolo Ernesto Crippa, mandatario europeo in Jacobacci & Partners.

Due numeri: 2015-2020. Cinque anni. In questi 5 anni una eccezionale start up ha portato sul mercato un prodotto incredibile: un robot con marcatura CE in grado di fare microchirurgia in campo aperto; un robot capace di fare moving scaling e tremor reduction. La società è la Medical Micro Instrument o MMI. Tutto questo è stato possibile grazie a un gruppo di persone eccezionali che hanno capito l'importanza di questa tecnologia, hanno capito l'importanza di proteggere questa tecnologia con la proprietà intellettuale e sono stati capaci di integrare il mondo delle aziende con il mondo della ricerca in un territorio estremamente fertile: Pisa.

Sin dal 2015, dal primo incontro con Giuseppe Prisco, ho capito che questa persona era eccezionale, e dava una particolare importanza alla strategia della proprietà intellettuale, a un portafoglio di brevetti che è passato dal primo anno con 8 brevetti, sì, 8 brevetti in un anno per una start up, sino ad avere oggi più di 150 brevetti in tutto il mondo. Non solo brevetti, ma anche strategia manageriale del know-how aziendale, del design e dei marchi. Lascio la parola a Daniele Bettini che intervisterà Massimiliano Simi, uno dei tre soci fondatori e oggi direttore del dipartimento di ricerca e sviluppo della MMI.

Daniele Bettini:  Grazie Paolo. Allora Massimiliano, come nasce MMI e cosa fate?

Massimiliano Simi: Grazie mille. MMI è nata nel 2015  ed è stata fondata da me e da altri due co-founder: Giuseppe Prisco e Hannah Teichmann. All'epoca io stavo terminando un percorso di dottorato in biorobotica al Biorobotics Institute della Scuola Superiore Sant’Anna, e Giuseppe era in visita ai laboratori dopo essere rientrato in Italia dopo 10 anni di lavoro negli Stati Uniti all' Intuitive Surgical, azienda leader nella robotica medica. Probabilmente in cerca di nuovi stimoli, ci siamo incontrati e abbiamo cominciato a parlare di applicazioni future, di nuove tecnologie, abbiamo iniziato a lavorare insieme e alcuni anni dopo è nata l'idea - anche dalla sua spinta - di voler miniaturizzare ulteriormente quello che oggi è ritenuto un grande vantaggio tecnologico nell'ambito medico della manipolazione robotica, quello che viene chiamato un wrist, un polso articolato, e da lì è nata la sfida di voler miniaturizzare questo componente: ho lavorato alla progettazione e una volta raggiunto questo risultato è salita a bordo anche Hannah Teichmann che ha lavorato con noi nell'individuare la migliore applicazione clinica per questo strumento medico. In quel momento, era l'estate del 2015, abbiamo fondato MMI grazie all'investimento di un gruppo di business angels ed è partita l'avventura.

Daniele Bettini: adesso siete una realtà consolidata, ma come sappiamo per una startup la costruzione del team è una delle parti più delicate. Come avete costruito il primo team e come siete cresciuti?

MS: Corretto, domanda molto giusta. Diciamo che il team è cresciuto in una prima fase molto lentamente, anche legato alle risorse che avevamo a disposizione.  Ovviamente le persone che sono entrate nella squadra avevano prevalentemente un background tecnico, cercavamo ingegneri in grado di contribuire allo sviluppo del prodotto. Per i due anni successivi abbiamo lavorato molto di ingegneria e le competenze che abbiamo portato a bordo sono nell'ambito elettronico, robotico, controlli e meccanica di precisione. Successivamente, dopo l'importante investimento di 20 milioni ricevuto nel 2018, l'azienda ha cambiato anche strategia andando ad arricchire l'intero organico di MMI di tutte le funzioni necessarie a un'azienda per scalare e crescere nei diversi reparti. Per cui è stata individuata una leadership nell'ambito regolatorio e della qualità e poi costruito successivamente il dipartimento. La stessa cosa per la produzione, il marketing e tutti gli altri… Oggi siamo più di 70 persone però la ricerca e sviluppo continua a essere il cuore pulsante di questa azienda così tecnologica e infatti rappresenta 1/3 dell'organico di MMI.

Daniele Bettini:  In che modo siete connessi al territorio di Pisa,  che ha anche un background di cervelli e di competenze molto forte?

MS: Sicuramente siamo molto connessi con il territorio. Anche se oggi è riduttivo chiamare  MMI una start up, è un'azienda multinazionale, abbiamo persone che arrivano davvero da tutto il mondo, però la posizione di Pisa è stata sicuramente strategica in una prima fase e ancora oggi è molto importante. Sappiamo che Pisa rappresenta un polo di riferimento nell'ambito robotico in Italia ma anche a livello mondiale, e l'Università stessa è sicuramente un esempio, fra cui la scuola Sant'Anna da cui molti di noi di MMI provengono, con laurea o dottorati. Riagganciandomi alla tua domanda di prima posso anche dire che il fatto di essere su Pisa e avere accesso a competenze anche così specifiche ha permesso a MMI di attrarre persone con talenti davvero speciali e quindi di tenere l'asticella alta nella ricerca di personale, e continuiamo a farlo perché siamo convinti che le persone fanno la differenza di un'azienda, in una piccola start up soprattutto; il valore che ogni persona può portare è determinante e rappresenta davvero la strada tra il successo e l'insuccesso. Per questo motivo cerchiamo persone sempre molto dotate e riusciamo, onestamente, a portare a bordo questo tipo di talenti.

DB: è cresciuto un distretto intorno a voi, cioè avete trovato delle collaborazioni, dei fornitori che sono cresciuti insieme a voi? 

Allora posso dirti che sì, sicuramente ci sono delle aziende a cui siamo oggi legati e che stanno crescendo insieme a noi. Sicuramente questo è frutto dell'aver da prima attratto gli investimenti su MMI. Poi la crescita repentina della nostra azienda, non solo in termini di personale ma anche ovviamente di progettazione, ricezione di materiali, customizzazioni di componentistica, si è riversato sul territorio toscano ma anche nazionale, per tutte quelle aziende tecnologiche che possono aiutarci a crescere più rapidamente.

DB: Dal punto di vista della proprietà intellettuale, invece? Questo è un asset e quando avete capito che questo sarebbe stato un asset decisivo per una realtà come la vostra? 

Molto presto, posso dire che nonostante il mio percorso accademico, anche nel periodo universitario, quindi nella ricerca, ho dato sempre molto spazio alla brevettazione e alla protezione della proprietà intellettuale. L'unione con Giuseppe, che proveniva da una realtà, in Silicon Valley, dove sicuramente ancora di più la proprietà intellettuale è tutelata e protetta con estrema attenzione, ha portato MMI da subito a valutare non solo la proprietà intellettuale come un asset aziendale, ma come la chiave su cui costruire il successo di questa azienda. Per questo motivo, fin dalla fondazione, abbiamo cominciato a proteggere e a generare una strategia che permettesse a MMI di essere robusta nel tempo. Sicuramente MMI di conseguenza ha da subito pensato a come proteggere quello che era il frutto degli investimenti fatti, economici, tecnologici, eccetera. E questo è successo creando onestamente fin dai primi momenti una strategia specifica, basata su due concetti principali, uno è stato quello sicuramente di generare una barriera brevettuale a partire dal nocciolo del prodotto, che si può dire essere costruita intorno a questa miniaturizzazione di queste articolazioni di strumento chirurgico poi mosso da un robot. E costruire intorno, come dicevo, una serie di protezioni circolari che vanno a proteggere il prodotto dal particolare al caso generale e anche a farlo, come dire, proteggendo anche punti di vista diversi della stessa cosa. Per cui dall'idea, da un concetto più astratto, siamo andati anche a brevettare aspetti quali il modo di produrre questa cosa, oppure aspetti di software per controllarlo. Un altro aspetto è il know-how aziendale, per cui abbiamo una policy volta a proteggere questa tipologia di informazioni che, nel nostro caso specifico, per esempio, è legato al metodo con cui produciamo o lavoriamo, come utilizziamo le macchine per produrre le componenti del nostro micro strumento. 

DB: Tra parentesi abbiamo dato quasi per scontato quello che voi fate... Cos'è che fate precisamente? Perché è una cosa piuttosto particolare…

MMI è nata progettando un robot per microchirurgia, e oggi produce e vende un robot per microchirurgia. Come ho detto in una parte di questa intervista, il core tecnologico ancora rappresenta un asset chiave per un'azienda che si affaccia al mercato adesso, ma che spero avrà un lungo successo di prodotti in ambito tecnologico, per cui le nuove tecnologie rappresentano davvero il volano per un'azienda così giovane, per quello che sarà il futuro. La robotica è sicuramente un trend molto forte in questo momento nel settore globale, e quella chirurgica credo che sia forse una delle applicazioni più nobili che possiamo trovare per un prodotto così tecnologico. Oggi è robotica, un domani sarà visione, intelligenza artificiale. 

DB: ma concretamente quale problema risolvete?

MS: Puoi immaginare che la microchirurgia è una parte della chirurgia oggi eseguita esclusivamente a mano. I micro chirurghi si trovano a utilizzare degli strumenti manuali, delle normali pinze chirurgiche sotto visione di microscopio, perché vanno a riattaccare tra loro vasi o nervi dal diametro inferiore al millimetro. Bene, questa tecnica è davvero uno sforzo estremo per la concentrazione e il fisico del chirurgo. Siamo convinti che la robotica possa essere un vantaggio enorme sia a livello di destrezza che di precisione. Il nostro sistema, è un robot teleoperato, per cui il chirurgo si siede a una consolle, impugna dei joystick che riproducono abbastanza fedelmente le pinze che già utilizza in sala operatoria. Il chirurgo, muovendo nell'aria queste pinze, vede il suo movimento scalato e filtrato nelle hand factor, nelle braccia, nelle manine del nostro robot che sono in realtà nel campo operatorio e che vanno con delicatezza a manipolare i tessuti e a ricucire queste arterie bene.

DB: Tornando alla relazione sulla proprietà intellettuale con i vostri mandatari, come vi hanno aiutato? e che tipo di relazione siete riusciti a costruire?

MS: Sicuramente una relazione molto forte, importante e professionalmente appagante, credo da entrambe le parti. MMI si è arricchita molto, ha molto accresciuto il proprio know-how collaborando con Jacobacci e credo che a sua volta Jacobacci abbia potuto accrescere il proprio know-how nell'ambito della chirurgia robotica. La collaborazione è molto stretta. Noi abbiamo un portfolio brevettuale molto ampio e quindi fin dal 2015 abbiamo generato insieme a loro un grosso numero di brevetti, abbiamo lavorato con loro per creare la strategia più robusta possibile, e non meno di un anno fa uno dei loro collaboratori ha deciso di cambiare vita professionale ed entrare in MMI come manager del portfolio brevettuale.

DB: Quanti brevetti avete e quanto è importante questo asset aziendale?

MS: Come ho detto prima per le piccole aziende - o comunque per le aziende tecnologiche - è fondamentale avere una protezione della proprietà intellettuale. MMI ha un portfolio di tutto rispetto, con più di 150 brevetti attivi e difesi sul territorio mondiale e quindi, andando a selezionare le nazioni dove il nostro prodotto potrà andare sul mercato. Di conseguenza, essendo un asset così importante, l'azienda investe molte risorse nella protezione intellettuale, nella generazione di strategie per questa tutela e a sua volta è uno degli asset che gli stessi investitori, in aziende come la nostra, guardano molto perché rappresenta sicuramente un valore molto grande anche nella possibile exit di una startup, ma anche un valore nel momento in cui tu vai a proporre un prodotto sul mercato e devi avere una strategia difensiva o di attacco rispetto a quelli che sono i potenziali competitor.

DB:  quali sono state le difficoltà che avete incontrato nel brevettare, se ce ne sono state?

MS: non mi viene in mente niente di particolare, sono sincero. Onestamente il gran numero di brevetti è realizzato ovviamente dal gruppo di ingegneria di MMI. E la collaborazione  con Jacobacci è molto prolifica e permette di svolgere molto rapidamente il lavoro che porta alla brevettazione, dalla generazione di un report tecnico alla creazione dei claim che rappresentano davvero quello che noi andiamo a proteggere. No, non ho visto onestamente nessun tipo di difficoltà. E’ un processo che si impara nel tempo e lo stesso personale tecnico a volte ha piacere di essere contributore di questo diverso modo di pensare, perché di fatto chi fa il progettista spesso ha un occhio tecnologico volto a fare il miglior lavoro da un punto di vista di performance. Tirare fuori un brevetto o capire quali sono gli aspetti che davvero sono nuovi e si possono proteggere è davvero un altro lavoro però, è un qualcosa che si impara. E grazie a Jacobacci io posso dire che questo è diventato in MMI non solo, come abbiamo detto prima, un asset fondamentale, ma un mood un pensiero che quasi tutto il gruppo di ingegneria ormai ha nel momento in cui  progetta qualcosa

DB: Tornando invece al tema delle competenze, quali sono state quelle più difficili da reperire e quali sinergie si sono create tra competenze diverse che avete riunito? 

La robotica per natura è una branca multidisciplinare, che unisce meccanica, elettronica e software, quindi la meccatronica, di cui ormai da una decina di anni si sente parlare, è la disciplina che prende piede. Nel nostro dipartimento abbiamo, ovviamente, ingegneri di diversa estrazione, però posso dire che probabilmente la parte di sviluppo software è un qualcosa che è più difficile da trovare nel mercato del lavoro, con competenze specifiche nel settore, ma non solo. In questo momento c'è un'esplosione di altri settori nell'area software che per noi sono importanti e che dobbiamo incominciare a cercare per poter pensare ai prodotti del futuro.

DB:  Quali sono i prossimi passi? state cercando di penetrare nuovi mercati? 

MS: Il prodotto oggi ha una certificazione CE, ed è in vendita quindi negli ospedali europei. Sicuramente vogliamo allargare il nostro mercato come primo passo, per cui guardiamo agli Stati Uniti come il mercato più grande per applicazioni di chirurgia robotica. Come responsabile della ricerca & sviluppo, chiaramente stiamo già lavorando a quelli che saranno gli avanzamenti tecnologici su questa macchina o su nuove macchine con potenzialità avanzate.

DB: e vanno riadattati in funzione dei mercati in qualche modo?  Ci sono dei framework regolatori che vi impongono dei cambiamenti?

MS: Fortunatamente non troppo, ma sicuramente l'aspetto regolatorio presenta aspetti diversi tra Europa, Stati Uniti e anche Asia e questo richiede del tempo affinché tutti quegli aspetti vengano soddisfatti per poter poi avere accesso al mercato di riferimento.

DB: grazie, direi che aspettiamo i prossimi passi e torneremo a trovarvi.

MS: Grazie mille, vi aspetto.