26 luglio 2019 Articoli Gabriele Borasi

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Da studente, alla Bocconi, ero affascinato dal mondo della moda italiana, che negli anni 80 stava iniziando a riscuotere il meritato successo internazionale. 

Ho scelto così una tesi di laurea in diritto industriale sulla tutela del marchio celebre, ideata insieme a Guido Jacobacci, nella speranza che ciò potesse aprirmi le porte di quel mondo dorato. 

Scrivendola mi sono però inaspettatamente innamorato di un altro mondo, quello della proprietà intellettuale, e ho iniziato a lavorare in Jacobacci di lì a poco. 

Non ho per questo abbandonato il mio sogno di lavorare nel mondo della moda, ed anzi grazie a questa professione ho potuto collaborare nei trent’anni successivi con le principali società del settore, quali - in ordine rigorosamente casuale - Valentino, Versace, Roberto Cavalli, Armani, Zegna, Hermès, Marni, Ratti, Marzotto, Alessandro dell’Acqua e tante altre ancora. 

Ho scoperto così con mia piacevole sorpresa che quello della proprietà intellettuale è un punto di vista privilegiato, che permette di osservare da vicino numerosi operatori di questo settore (ed in realtà di tutti i settori produttivi italiani), laddove invece forse se fossi entrato, come pensavo di fare da ragazzo, in una casa di moda, avrei di molto limitato l’ampiezza del mio orizzonte. 

L’attività lavorativa, per quanto intensa e coinvolgente, non mi ha impedito di coltivare le mie altre passioni, sia culturali (ho conseguito una seconda laurea in psicologia) sia sportive (in particolare lo sci). 

Dunque ai giovani che si affacciano alla professione consiglierei di dedicarsi alle proprie passioni, restando però con un atteggiamento aperto alle sorprese della vita: il conseguimento delle proprie ambizioni potrebbe essere raggiunto in vie del tutto inaspettate!