L'intelligenza artificiale generativa ridefinisce i confini dell'arte e del design, ponendo importanti interrogativi sui diritti di proprietà intellettuale, e trova applicazione nel settore della moda, dalla gestione della catena di approvvigionamento alla fase di progettazione degli abiti. Affrontando questi temi, si cerca un equilibrio tra innovazione e rispetto delle normative e diritti esistenti, e si apre un dialogo tra creatività umana e intelligenza artificiale. 

Con l'opera d'arte generativa Unsupervised-Machine Hallucinations-MoMA, esposta al Museum of Modern Art (MoMA) di New York, Refik Anadol immagina quello che una macchina potrebbe sognare dopo aver ammirato i due secoli di arte moderna racchiusi nella collezione museale. L'autore ha usato l'intelligenza artificiale per trasformare l'insieme delle opere del museo in nuove composizioni estetiche, che in una linea temporale alternativa avrebbero potuto rientrare nell'archivio, ma che in realtà non sono mai esistite, e percorre così gli itinerari inesplorati dell'arte moderna ipotizzando quali avrebbero potuto essere i loro traguardi.

L'intelligenza artificiale (AI) può sembrare una scienza occulta, perché permette di produrre immagini straordinarie in qualsivoglia stile pittografico, con una velocità immensamente superiore alla media delle prestazioni umane – ma nulla nasce dal nulla, anche quando si parla di informatica generativa. Sebbene possa sembrare che questi nuovi strumenti possano evocare nuova materia dall'etere, non è così: i loro lavori sono derivativi, cioè si basano sulla rielaborazione dell’operato altrui.

Come funziona l'AI generativa?

Cercando di semplificare un argomento molto complesso, si può affermare che le macchine AI acquisiscono enormi raccolte di dati, che vengono utilizzati per addestrare software specializzati capaci di creare nuovi prodotti virtuali – come testi, immagini, video o canzoni. Questi programmi informatici, inoltre, si evolvono attraverso un processo di apprendimento progressivo: più dati vengono loro forniti, migliori sono i risultati che generano. Allo stesso tempo, alcuni sistemi di AI sono in grado di misurare le proprie prestazioni e di trasformarsi gradualmente, migliorando la propria capacità di raggiungere risultati conformi alle richieste degli utenti.

Attingendo a bacini di dati preesistenti tramite l’applicazione di algoritmi l’informatica generativa crea degli elaborati inediti. Il fatto che l’intelligenza artificiale parta da elementi noti, tuttavia può avere delle implicazioni legali, se tali elementi sono protetti da diritti di proprietà intellettuale. Ad esempio, nel campo dell’arte o della letteratura, le opere dalle quali i programmi informatici attingono per le loro creazioni possono essere protette dal diritto d'autore e dai diritti connessi, che spettano ai soggetti diversi dall’autore. Per questo prima di poter sfruttare i vantaggi offerti dall'AI, gli utenti devono comprenderne i rischi e capire come prevenire eventuali violazioni inconsapevoli dei diritti altrui.

Intelligenza Artificiale e implicazioni legali

Sebbene l'intelligenza artificiale generativa sia una novità per il mercato e per ora manchi una normativa dedicata, le leggi già esistenti – per esempio quelle di diritto industriale – hanno comunque delle implicazioni significative per il suo utilizzo. Tra gli elementi di incertezza c’è la corretta assegnazione dei diritti di proprietà sulle opere generate tramite l’intelligenza artificiale e la legittima acquisizione dei dati contenuti nelle banche dati di addestramento (che talvolta non sono coperti da licenze).

Dibattuti sono anche i limiti da applicare alle richieste degli utenti ai cervelli informatici: fin dove si possono spingere i consumatori nelle loro domande e le macchine nelle loro risposte? Certamente non pare corretto che a questi strumenti venga richiesto di creare nuovi prodotti sfruttando senza autorizzazione opere altrui protette da diritto d’autore, marchi, brevetti, disegni o modelli.

Per prevenire eventuali violazioni, occorre l’impegno di tutte le parti coinvolte: in primis, gli sviluppatori dei sistemi informatici devono chiedere la concessione di licenze per poter usare i dati di addestramento tutelati con diritti di proprietà intellettuale e compensare i relativi licenzianti. In aggiunta, gli sviluppatori devono lavorare sulla creazione di audit trail, cioè di record immutabili che certificano la provenienza delle opere contenute nei dati di addestramento e dei contenuti generati dall'AI.

Chi acquista i prodotti informatici basati sull’intelligenza artificiale deve informarsi dai fornitori se i loro modelli sono basati su contenuti liberi o protetti (e, nel caso siano protetti, che vengano correttamente licenziati) ed esaminare i termini di servizio e le politiche sulla privacy dei venditori. A scopo cautelativo, i compratori dell’intelligenza artificiale devono pretendere dai fornitori lo sviluppo di audit trail, come assicurazione del fatto che le opere del fornitore non siano intenzionalmente, o involontariamente, derivate senza autorizzazione.

I creatori di contenuti devono monitorare attivamente i canali digitali e sociali per individuare la comparsa di opere che potrebbero essere derivate dalle loro. Per i titolari di marchi notori, non si tratta semplicemente di cercare specifici riferimenti al loro marchio, ma anche monitorarne possibili evoluzioni o forme derivative elaborate dall’intelligenza artificiale.

L'AI debutta nell'industria della moda

L'Intelligenza Artificiale è applicabile a qualsiasi settore che preveda un lavoro digitale, compreso il mondo della moda. In questo ambito, l'AI può essere applicata alla gestione della catena di approvvigionamento, alimentando i programmi di informatica generativa con lo storico dell’inventario e delle vendite, per anticipare le transazioni future. In questo modo, le aziende possono prendere decisioni più precise sui capi da immagazzinare. L'AI contribuisce così a ridurre le scorte invendute e le relative perdite, aiutando a soddisfare le aspettative dei clienti, nonché aumentare il volume delle vendite e i margini di profitto.

Inoltre, l'intelligenza artificiale fornisce dati utili alla scelta delle strategie di marketing, indirizzando la promozione alla clientela potenzialmente interessata, personalizzando la pubblicità e massimizzandone l'impatto. Questo non solo consente alle maison di risparmiare tempo e denaro, ma anche di anticipare la concorrenza individuando le nuove tendenze e i mercati emergenti.

L’informatica generativa può essere impiegata anche nella fase di progettazione degli abiti. Gli algoritmi registrano i trend in espansione e le preferenze dei clienti, in modo che le case di moda possano investire su modelli che hanno maggiori probabilità di essere apprezzati dai loro consumatori target, riducendo il rischio di produrre modelli che non vendono.

Due sono le maggiori preoccupazioni derivanti dall’applicazione dell’AI in questo settore. In primo luogo, il rischio che l’informatica generativa sostituisca parzialmente (o totalmente) il lavoro umano, soprattutto per quanto riguarda i progettisti, il marketing e i professionisti della logistica. In secondo luogo, la potenziale omogeneizzazione dello stile: con gli algoritmi alla guida delle decisioni di disegno e delle strategie di vendita, c'è il rischio che la moda diventi meno individuale e meno creativa. Questo può portare a un rapido peggioramento della qualità dei prodotti di moda, nonché a un declino della reputazione dell'intero settore.

Una sfida alla creatività umana

I detrattori dell’intelligenza artificiale sostengono che quest’ultima, apprendendo da opere create dall’uomo, generi un output senza compiere un vero a proprio atto creativo. D’altro canto, anche gli artisti studiano la storia dell'arte e traggono ispirazione dai grandi autori del passato. Viene dunque da chiedersi se non stiamo applicando un double standard (ovvero, un principio discriminante) alla inventiva umana e a quella artificiale, pretendendo dall'apprendimento automatico un apporto creativo superiore a quello richiesto all’estro umano.

Crediamo, o ci piace credere, che la creatività umana implichi un processo stratificato e multiforme che nessuna macchina può replicare a causa della sua natura intrinsecamente antropologica. La creatività umana, infatti, implica esperienze personali, guida intellettuale, pensiero immaginativo, visione profetica e altre abilità finora considerare assolutamente e innegabilmente umane. Tutte caratteristiche che l'intelligenza artificiale non ha – o perlomeno non ancora?

 

Articolo di Luca Mariani per Technofashion