Ormai quasi ci siamo: dopo un lungo viaggio iniziato nel 2013, con la firma dell’Accordo su una Corte del Brevetto unitario (UPC), il 18 gennaio 2022 il deposito del relativo strumento di ratifica da parte dell’Austria (tredicesimo Paese ad aver concluso l’iter) ha portato all’entrata in vigore del Protocollo di Applicazione Provvisoria (PAP) dell’Accordo e la Corte unitaria ha così finalmente acquisito piena personalità giuridica. 

Secondo quanto reso noto, la fase provvisoria dovrebbe durare circa otto mesi e concludersi con il deposito dello strumento di ratifica anche da parte della Germania. Sarà proprio tale passaggio a conferire pieno vigore all’Accordo sulla Corte, rendendo così possibile partire con la richiesta all’Ufficio europeo dei brevetti (EPO) dell’effetto unitario per un brevetto europeo concesso. Anche EPO si sta preparando a tal fine, in particolare con l’aggiornamento delle informazioni online sulle nuove procedure e le necessarie attività formative. «Negli ultimi due anni sono stati risolti i problemi dei ricorsi pendenti presso la Corte costituzionale tedesca, che contestavano, in parte, anche la modalità con cui il Parlamento aveva approvato l’adesione della Germania al Trattato UPC. Essendo trattati che hanno impatto sulla Costituzione, era richiesta una certa maggioranza. I ricorsi sono stati alla fine rigettati, la Germania è ora libera di procedere e sicuramente procederà - spiega Valeria Croce, mandatario brevettuale europeo di Jacobacci & Partners - Il fatto di rimandare il deposito degli strumenti di ratifica da parte della Germania è dettato unicamente dalla necessità di dar luogo a una fase di preparazione formale dedicata al perfezionamento della struttura amministrativa, nonché all’arruolamento e formazione di addetti e giudici, indispensabile per garantire il corretto funzionamento della Corte».

Due sedi certe, una terza da definire

Al momento sono due le sedi previste per la Corte del Brevetto unitario, quella principale a Parigi e una branch a Monaco di Baviera. La prima sarà competente soprattutto per i casi brevettuali in campo elettronico, la seconda principalmente per quelli in campo meccanico. «Inizialmente era stata prevista anche una sede a Londra, che si sarebbe dovuta occupare soprattutto dei brevetti nel settore delle Life Sciences. La votazione a favore della Brexit, nel giugno 2016, ha messo in discussione la partecipazione del Regno Unito all’Accordo UPC; era uno dei Paesi chiave ed era menzionato all’interno di tutto il Trattato, come pure Londra», spiega Valeria Croce. L’Italia si era da subito attivata per presentare la propria candidatura a ospitare una sede della divisione centrale della Corte, in sostituzione di quella londinese, indicando a tal fine Milano come la città prescelta. Una candidatura che è prevalsa su quella di Torino e che ricompenserebbe la città lombarda della sconfitta nella gara a ospitare la sede dell’Agenzia europea dei medicinali, alla fine vinta da Amsterdam. Nel corso della prima riunione del Comitato amministrativo della Corte, lo scorso 22 febbraio, la disponibilità dell’Italia è stata nuovamente formalizzata, insieme a quella di vari altri Paesi. «Una possibilità in discussione era sostituire Londra con uno dei Paesi che depositano più domande di brevetto: da questo punto di vista, subito dopo il Regno Unito viene l’Italia, che ha numeri migliori rispetto a quelli dell’Olanda, che aveva anch’essa proposto la propria candidatura. Per il momento si è deciso di lasciare la sede centrale a Parigi e di attivare quella di Monaco, rimandando a un possibile accordo futuro il destino della sede attribuita inizialmente a Londra. Ci si aspetta, infatti, che all’inizio i casi che arriveranno alla Corte non saranno molti, si pensa di riuscire a gestirli con queste due sedi - indica Valeria Croce - Ospitare una sede della Corte sarebbe molto importante per l’Italia e, soprattutto, per la città ospitante: Milano. Si creerebbe occupazione nella città e Milano e tutta l’Italia godrebbero senz’altro di rinomanza e prestigio internazionale nel settore della protezione dell’innovazione nel Life Science, offrendo un potenziale trampolino di lancio per tutto il comparto chimico, farmaceutico e biotecnologico. Certamente, la nostra professione verrebbe valorizzata. La possibile sede italiana peraltro è stata già individuata e anche l’ordine dei Consulenti in Proprietà Industriale ha contribuito sostanzialmente e concretamente a supportare la candidatura dell’Italia e di Milano».

MIGLIERINI_BREVETTO_2022_06-3Complementarità con le forme brevettuali già esistenti

Il brevetto unitario non va a sostituire tipologie brevettuali già in essere, né i brevetti nazionali rilasciati in Italia dall’Ufficio italiano brevetti e marchi (UIBM) o dagli altri Uffici Brevetti nazionali (come, per esempio, quello tedesco o francese), né quelli europei rilasciati dall’EPO. Sarà proprio l’Ufficio brevetti europeo a occuparsi anche della gestione delle richieste dell’effetto unitario dei brevetti europei, al termine della procedura di concessione di quest’ultimi. «L’effetto unitario si potrà richiedere e ottenere tramite una richiesta amministrativa, con la quale si richiede che un brevetto europeo (una volta concesso) abbia un effetto unitario nei Paesi che aderiscono all’Accordo in quel momento. L’Ufficio europeo dei brevetti sta predisponendo la procedura da impiegare a tal fine; tutto ciò non dovrebbe richiedere il pagamento di nessuna tassa di concessione», sottolinea la mandataria di Jacobacci & Partners. Croce spiega che il brevetto unitario si pone in parte come alternativo, in parte come complementare alle forme di protezione della proprietà intellettuale già esistenti. Già il brevetto europeo, infatti, viene concesso con procedura centralizzata e può essere potenzialmente valido in 38 diversi Paesi (quindi anche non facenti parte dell’Ue). «Dopo la concessione, il brevetto europeo necessita di una procedura di validazione a livello di ciascuno Stato per il quale lo si vuole far diventare davvero efficace, procedura che, a seconda del Paese, può richiedere una domiciliazione oppure una traduzione delle sole rivendicazioni del brevetto, o la traduzione dell’intero testo nella lingua nazionale. Ciò comporta costi che possono essere molto elevati, rappresentando un impegno economico importante e talvolta difficile da sostenere laddove il titolare del brevetto sia un soggetto privato, oppure un ente con un budget contenuto. Ricordiamo, poi, che il fascio di brevetti nazionali così ottenuti è poi soggetto alla legislazione nazionale, per quanto concerne la sua validità e l’eventuale contraffazione», aggiunge l’esperta. Con il brevetto unitario, invece, una volta che questo sia stato concesso da EPO, esso avrà automaticamente valore ed effetto unitario in tutti i Paesi dell’Unione europea che hanno aderito all’Accordo, senza più necessità di passaggi a livello nazionale. L’Accordo sul funzionamento della Corte unitaria prevede anche un periodo transitorio di opt-out di sette + sette anni, in cui le parti interessate potranno scegliere se assoggettare o meno un brevetto europeo tradizionale alla competenza della Corte. Come sottolineato dal Commissario europeo per il Mercato interno, Thierry Breton, a commento dell’avvio della fase provvisoria della Corte UPC, un brevetto unitario che copra potenzialmente 25 Paesi europei avrebbe un impatto a livello di tassa annuale di rinnovo pari a 5mila euro per i primi dieci anni, rispetto a una media attuale di circa 29mila euro. Breton ha anche sottolineato che in tal modo sarebbe possibile ridurre il gap in fatto di costi brevettuali tra l’Europa e Paesi quali gli Stati Uniti o il Giappone. «Dal punto di vista territoriale, entra in gioco la complementarietà - sottolinea Croce - Il brevetto europeo, infatti, non è un accordo comunitario, al suo interno ci sono anche Paesi come la Svizzera, il Regno Unito, l’Albania o la Norvegia. Con il brevetto unitario, i Paesi che non rientrano nell’ambito di copertura da esso conferita possono continuare a essere protetti tramite la via tradizionale del brevetto europeo, tramite le procedure di validazione previste dal paese particolare. Ciò comporta comunque una sostanziale riduzione dei costi di validazione, sia per le aziende che per i privati. È però importante sottolineare che il brevetto unitario non va mai da solo, ma sempre insieme alla Corte UPC, che avrà la competenza di decidere, per esempio, sulla validità e sulla contraffazione dei brevetti unitari e dei brevetti europei, con l’eccezione di quelli “sottratti” alla sua competenza dal meccanismo di opt-out». La complementarità strategica si dovrebbe manifestare anche nei confronti dei brevetti nazionali, rilasciati in Italia dall’UIBM. «Rimane, infatti, sempre possibile il deposito di brevetti nazionali: le aziende o i privati che non hanno interessi strategici fuori dall’Italia potranno continuare a depositarli. Probabilmente, anche le aziende che vorranno tenere, se non tutti, qualcuno dei propri brevetti fuori dalla giurisdizione della Corte unitaria potrebbero scegliere questo tipo di strumento. Ci sono diversi punti di vista a questo riguardo, c’è chi pensa che i brevetti nazionali verranno completamente soppiantati e chi, invece, ritiene che diventeranno strategici in alcune circostanze. Nel settore farmaceutico, per esempio, si potrebbe assistere a una rinascita dei brevetti nazionali», indica Valeria Croce.

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L’impatto per le aziende

Vista la complementarità dei diversi strumenti brevettuali a disposizione, la scelta di quello ottimale nel singolo caso potrebbe richiedere un’attenta valutazione non solo per quanto riguarda lo strumento in sé, ma soprattutto rispetto agli effetti che potrebbe sortire l’apertura di un’eventuale causa legale per invalidità o contraffazione. «In campo farmaceutico, si è assistito talvolta a una certa diversità di giudizio nelle cause di contraffazione in diverse nazioni; spesso, per un farmaco di una certa importanza, vengono instaurate cause nei Paesi europei che rappresentano i mercati più importanti: tipicamente in Francia, Germania, Italia, Olanda e Regno Unito, con esiti talvolta differenti. Tutto ciò non si accorda con la necessità di una qualche certezza nella previsione dell’esito della causa, certezza essenziale per quelle aziende (sia originator che genericiste) che desiderano programmare investimenti in Europa. Il brevetto unitario ha anche l’obiettivo di creare una giurisprudenza uniforme e rendere, per quanto possibile, più prevedibili le decisioni; il passaggio alla Corte unitaria in alcuni casi potrebbe rappresentare un vantaggio, in altri uno svantaggio», sottolinea Valeria Croce. Esattamente come il brevetto a effetto unitario, infatti, anche il giudizio finale della Corte UPC avrà validità diretta in tutti i Paesi coinvolti: sicuramente un fatto positivo per chi vince la causa, che può così vedere riconosciuti i propri diritti in modo univoco; dall’altro lato della medaglia, la parte “perdente” potrebbe veder cancellata in un colpo solo la possibilità di commercializzare i propri prodotti in tutti i Paesi, mentre oggi gli scenari possono essere diversi a seconda dell’esito della causa in ciascuna delle giurisdizioni coinvolte. «Ciò potrebbe spingere un’azienda farmaceutica a scegliere il percorso di brevettazione più tradizionale, esercitando il diritto di opt-out, per proteggere gli aspetti della propria tecnologia che più probabilmente potrebbero essere soggetti a causa, magari tornando addirittura al deposito di brevetti nazionali, che sono e resteranno esclusi dalla competenza del tribunale unico. In questo modo, è maggiore la probabilità che il brevetto possa “sopravvivere” in alcuni Paesi. Il brevetto unitario, invece, potrebbe essere indicato nei casi brevettuali più forti», ipotizza la mandataria europea. Va anche detto che i nuovi procedimenti che andranno in discussione a Parigi e Monaco si prospettano essere molto più rapidi rispetto a quanto osservato finora. «Si pensa che in circa un anno si arriverà al giudizio finale, mentre oggi in Italia un primo giudizio richiede un paio di anni. Si tratta di tempistiche molto ridotte e che richiederanno uno sforzo gestionale e professionale di altissimo profilo, in special modo tenendo conto che potrebbero essere coinvolti anche soggetti stranieri, che devono essere aggiornati sullo stato della procedura e che forniranno istruzioni dopo un iter decisionale interno più o meno complesso», aggiunge Croce. Mancano ancora alcuni mesi prima che si concretizzi per le aziende la possibilità di richiedere la concessione di brevetti unitari all’EPO, che agirà da one-stop-shop. Nel corso del periodo transitorio continueranno a essere richieste le traduzioni dei brevetti a scopi informativi, ma senza nessun effetto legale. A tal fine, è previsto un contributo di 500 euro a copertura dei costi di traduzione di brevetti depositati in lingue diverse da inglese, francese e tedesco, contributo che verrà erogato a piccole e medie imprese con sede nell’Ue, persone fisiche, organizzazioni non governative, università e centri di ricerca una volta avvenuta la registrazione del brevetto unitario. Le tasse di rinnovo potranno essere gestite sulla base di un’unica procedura, scadenza e valuta per tutti i Paesi aderenti all’Accordo. Un registro online fornirà tutte le informazioni sullo stato dei brevetti unitari, comprese le eventuali licenze e trasferimenti. «Della Corte unitaria si parla da anni, le aziende più grandi hanno già avuto modo di confrontarsi sui vantaggi e sulle criticità offerte dal nuovo sistema. Ora, alla vigilia della sua entrata in vigore, si può concretamente iniziare a individuare i casi brevettuali da destinare o da “sottrarre” alla competenza della nuova Corte. Per esempio, i casi brevettuali più “preziosi” e per i quali si intravede una concreta possibilità di causa legale, probabilmente saranno mantenuti sotto il regime tradizionale, così che un’eventuale lite non abbia un impatto su tutti i Paesi, mentre per i casi brevettuali minori si possono prediligere i vantaggi in termini di minor costo di mantenimento del brevetto », suggerisce Valeria Croce.

Le procedure di selezione dei nuovi giudici

Come detto in precedenza, in questa prima fase provvisoria di attivazione della Corte UPC, il focus è sulla selezione dei giudici, sia tecnici che legali; giudici che, una volta a regime, dovrebbero essere poco meno di un centinaio. «A livello di giudici legali, possono essere nominati coloro che nel proprio Paese possono essere giudice, soprattutto se con esperienza in cause brevettuali. In Italia abbiamo giudici di altissimo livello e competenza, in alcuni tribunali ci sono sezioni specializzate che si occupano di brevetti. La decisione di candidarsi alla Corte unitaria è una scelta volontaria e certo di prestigio - spiega Valeria Croce - Per rivestire il ruolo di giudici tecnici possono candidarsi i mandatari europei che abbiano maturato un’elevata esperienza grazie alla partecipazione a un elevato numero di liti brevettuali; in questo caso, la selezione verrà operata anche per area tecnica, tra mandatari esperti ad esempio di elettronica, meccanica, chimica, chimica farmaceutica e ingegneria chimica e altre aree tecniche». Come in tutti i tribunali, anche presso la Corte unitaria saranno ammessi con rappresentanza diretta gli avvocati,  chiamati a difendere, rispettivamente, le posizioni dei titolari del brevetto o dei supposti contraffattori. Saranno ammessi a rappresentanza diretta anche i mandatari brevettuali europei abilitati dopo aver frequentato un corso specifico sul brevetto unitario e aver superato il relativo esame finale; mandatari che potranno gestire in autonomia, oppure dedicandosi prevalentemente agli aspetti tecnici, la controversia. Già nelle cause brevettuali presso i tribunali italiani, la figura del mandatario è coinvolta sia in qualità di consulente tecnico di parte sia come ausiliario tecnico del giudice, il cosiddetto Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU), nominato fra i mandatari iscritti nell’apposito registro a cui sono ammessi i consulenti con una esperienza significativa nel settore e nelle cause brevettuali. «Il nuovo sistema di lite brevettuale rappresenta una sfida sia per gli avvocati che per i mandatari italiani e di tutti gli altri Paesi, ma anche uno stimolo e un’occasione di confronto professionale internazionale molto importante», conclude la mandataria di Jacobacci & Partners.

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