9 marzo 2022 Allure Miriam Mangieri

Quello della necessità di una rete di vendita esclusiva per i cosmetici (e non solo) di alta qualità e indiscusso prestigio, è un tema non certo nuovo per gli addetti ai lavori del settore, ma sempre di grande attualità. Solo così, infatti, è possibile difendere da qualunque abuso sia l’identità del marchio di appartenenza di questi prodotti, sia le aspettative del consumatore che predilige questi ultimi.

I brand cosmetici di lusso ricorrono spesso a un sistema di rivendita selezionato e specializzato, che consente di limitare la commercializzazione dei propri prodotti a quei rivenditori preventivamente ammessi alla rete. Si tratta della “distribuzione selettiva”, che permette di tutelare l’immagine del marchio e la sua aura di prestigio. Un sistema di vendita lecito purché la selezione dei suoi componenti avvenga tramite criteri prefissati e oggettivi da applicare in modo uniforme e non discriminatorio. Allure ne parla con Miriam Mangieri, Counsel Jacobacci & Partners.

Solo criteri oggettivi di qualità

L’articolo 1, lettera e) del Regolamento Ue 330/2010 definisce come sistema di distribuzione selettiva “un sistema di distribuzione nel quale il fornitore si impegna a vendere i beni o servizi oggetto del contratto, direttamente o indirettamente, solo a distributori selezionati sulla base di criteri specificati e nel quale questi distributori si impegnano a non vendere tali beni o servizi a rivenditori non autorizzati nel territorio che il fornitore ha riservato a tale sistema”. Il fornitore può così controllare le modalità di vendita, promozione e presentazione dei prodotti da parte dei distributori, nonché le politiche commerciali applicate e proibire la vendita al di fuori della rete selettiva stessa. La finalità è quella di valorizzare i prodotti e il loro prestigio. La distribuzione selettiva impedisce dunque ad alcuni rivenditori di accedere al mercato e, per tale motivo, costituisce una forma di restrizione verticale della concorrenza. Ci si è dunque interrogati in merito alla sua conformità con l’articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) il quale prevede che: “Sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno”.

Sulla compatibilità degli accordi di distribuzione selettiva con la citata norma si è pronunciata la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che ha precisato la liceità dei suddetti accordi purché i rivenditori vengano scelti sulla base di criteri oggettivi di natura qualitativa non discriminatori e che la rete selettiva sia necessaria per preservare la qualità dei prodotti e, appunto, la loro connotazione di lusso.

I motivi legittimi del titolare

L’esistenza di una distribuzione selettiva è, inoltre, per prassi consolidata, uno dei “motivi legittimi” ostativi all’esaurimento dei diritti di marchio.

Il principio dell’esaurimento è previsto dall’articolo 5 del Codice della Proprietà Industriale, in base al quale: “Le facoltà esclusive attribuite dal presente codice al titolare di un diritto di proprietà industriale si esauriscono una volta che i prodotti protetti da un diritto di proprietà industriale siano stati messi in commercio dal titolare o con il suo consenso nel territorio dello Stato o nel territorio di uno Stato membro della Comunità Europea o dello spazio economico europeo. Questa limitazione dei poteri del titolare tuttavia non si applica quando sussistano motivi legittimi perché il titolare stesso si opponga all’ulteriore commercializzazione dei prodotti, in particolare quando lo stato di questi è modificato o alterato dopo la loro immissione in commercio”.

Un “motivo legittimo” può essere dunque non solo l’alterazione delle caratteristiche materiali dei prodotti, ma altresì dello stile e dell’immagine di prestigio di un bene di lusso. La distribuzione selettiva costituisce dunque un’eccezione a tale principio.

La particolarità dei prodotti di lusso

Ma quali sono i prodotti che possono essere oggetto della distribuzione selettiva? Il sopracitato Regolamento Ue 330/2010 definisce questo sistema, ma non i prodotti che ne fanno parte. Dalle considerazioni fin qui svolte è possibile dedurre come tale sistema non sia diretto a prodotti di uso comune, ma a quelli di particolare pregio e che richiedano una modalità di vendita adeguata alle esigenze della clientela.

Il selettivo è dunque applicabile a prodotti di lusso di note maison nei settori di cosmetica, moda e gioielleria, nonché ad articoli tecnici particolarmente sofisticati, per i quali si richieda assistenza.

Laddove prodotti di questo tipo siano esposti in punti vendita generici e accostati a brand meno prestigiosi, di una fascia di prezzo medio-bassa, o ancora proposti da personale non qualificato, si avrà un danno d’immagine per il brand e la sua reputazione, rendendo l’esperienza di acquisto meno piacevole e non in linea con le elevate aspettative del consumatore.

Il sistema di distribuzione selettiva è dunque applicabile ai prodotti di lusso. Ma quali sono i criteri per definirli tali? Sul punto si è espresso il Tribunale di Milano (ordinanza 19 ottobre 2020) individuando i seguenti criteri: la ricerca di materiali di alta qualità, la cura del packaging, campagne promozionali che coinvolgano personaggi celebri, l’accreditamento nel settore di riferimento e il consolidato riconoscimento da parte della stampa specialistica. Dunque, non contano unicamente le caratteristiche materiali del prodotto, ma anche lo stile e l’immagine di prestigio che lo accompagnano e che gli conferiscono quegli elementi di distinzione.

Alcuni casi giurisprudenziali

Il tema della distribuzione selettiva e della sua conformità alla legislazione dell’Unione Europea è diventato oggetto di diverse decisioni a livello nazionale e comunitario. Tra di esse, la sentenza Coty (C-230/16) della Corte di Giustizia dell’Ue che ha chiarito la compatibilità di accordi di distribuzione selettiva con le norme sulla concorrenza. Il caso concerneva la controversia tra Coty Germany, produttore di cosmetici di lusso in Germania (come, per esempio quelli a marchio Alexander McQueen, Bottega Veneta, Burberry, Calvin Klein, Chloé) e Parfümerie Akzente, rivenditore autorizzato dei prodotti Coty in punti vendita fisici e online.

Il contenzioso nasceva dal rifiuto del distributore di accettare una modifica alle condizioni contrattuali con cui Coty vietava di servirsi di piattaforme terze per la vendita online (come amazon.de). La modifica contrattuale era stata dettata dall’esigenza di salvaguardare l’immagine di lusso dei brand, evitando un possibile svilimento degli stessi.

Nella sua decisione, la Corte di Giustizia affermava la conformità della distribuzione selettiva all’articolo 101, paragrafo 1, del TFUE, purché i rivenditori siano scelti sulla base di criteri oggettivi di natura qualitativa uniforme e non discriminatoria; le caratteristiche del prodotto di lusso necessitino di una rete selettiva per tutelarne la qualità; i criteri applicati siano necessari e proporzionali.

Veniva quindi confermata la legittimità del divieto imposto ai distributori autorizzati di servirsi per le vendite online di marketplace privi dei requisiti di qualità richiesti dal produttore, volto a preservare l’aura di lusso dei prodotti. Inoltre, la Corte chiariva come tale divieto non costituisse una restrizione della clientela ai sensi dell’articolo 4, lettera b) del Regolamento 330/2010, né una restrizione delle vendite passive agli utenti finali ai sensi dell’articolo 4, lettera c) del medesimo Regolamento.

Altra decisione sul tema della distribuzione selettiva è la pronuncia del Tribunale di Milano (ordinanza 3 luglio 2019), nell’ambito della controversia Sisley-Amazon.

La maison francese, produttrice di cosmetici di fascia alta, era riuscita ad ottenere un’inibitoria sul territorio italiano, indirizzata ad Amazon, soggetto estraneo alla rete distributiva autorizzata, diretta a far cessare un’attività ritenuta lesiva del prestigio e dell’immagine del suo brand. In particolare, la condotta contestata ad Amazon era quella di aver offerto in vendita e pubblicizzato sul proprio marketplace prodotti Sisley accanto ad altri di basso profilo e scarso valore economico, tra cui articoli per la casa e le pulizie. Sisley adotta una distribuzione selettiva che prevede la vendita dei propri prodotti in profumerie di lusso o in reparti specializzati di grandi magazzini, con personale altamente qualificato e, pertanto, l’accostamento sul marketplace ad articoli di bassa qualità, determinava una lesione del prestigio e dell’immagine del marchio. Sisley lamentava inoltre che la mancanza di un servizio clienti analogo a quello degli store fisici, offerto tramite personale qualificato in grado di guidare il consumatore nella scelta del prodotto e migliorare l’esperienza di acquisto, ledeva l’immagine del brand e la sua esclusività.

Il Tribunale di Milano, in una successiva pronuncia (ordinanza del 19 ottobre 2020), emanata nell’ambito del procedimento cautelare che vedeva contrapposti Beautè Prestige International S.A., Shiseido Europe S.A e Shiseido Italy Spa nei confronti di Amazon, ha seguito l’orientamento giurisprudenziale prevalente confermando che è lecito esigere il rispetto di standard qualitativi da parte della piattaforma online che vende i prodotti. Nel caso in questione le ricorrenti, licenziatarie dei marchi Narciso Rodriguez, Issey Miyake, Elie Saab, Dolce e Gabbana e Zadig e Voltaire, contestavano il mancato rispetto da parte di Amazon dei requisiti volti a preservare il prestigio dei brand. Il tribunale ha accolto parzialmente il ricorso, limitatamente a Narciso Rodriguez e Dolce e Gabbana ritenuti, sulla base della documentazione prodotta, marchi di lusso, il cui prestigio sarebbe stato danneggiato dalla vendita tramite Amazon.

A beneficio della shopping experience

Gli accordi di distribuzione selettiva costituiscono dunque degli strumenti giuridici in grado di tutelare la reputazione di brand notori volti a contrassegnare prodotti di lusso. Alla luce della giurisprudenza esaminata, i titolari o i licenziatari di tali marchi possono opporsi alla vendita dei propri prodotti di lusso da parte di soggetti esterni alla rete distributiva selettiva o su piattaforme non autorizzate, qualora non siano soddisfatti i criteri di esclusività da loro predeterminati, purché questi ultimi siano oggettivi e non discriminatori. Tale sistema è volto a tutelare non solo il brand, ma anche i distributori della rete selettiva che, al fine di offrire ai consumatori shopping experience di alto profilo, in linea con l’aura di lusso delle Maison, dovranno sostenere investimenti significativi.