Con la legge di stabilità 2015 (L. n. 190 del 23.12.2014) e con il successivo decreto “investment compact” (D.L. n. 3 del 24.01.2015) viene introdotto in Italia un regime opzionale di parziale esenzione dei redditi derivanti dall'utilizzazione di beni immateriali (il cosiddetto Patent Box).

Non è una novità assoluta per l’Europa ma certamente si tratta di una rivoluzione per l’Italia. 

Sono molti i paesi europei che hanno già adottato, seppur con modalità e aliquote di- verse, il Patent Box: Ungheria, Belgio, Gran Bretagna, Cipro, Olanda, Lussemburgo e Spagna. Il risultato è stato un aumento dell'attrattività di questi paesi per imprese a forte contenuto innovativo, risultato non esente da critiche, con il quale necessariamente l’Italia si è dovuta confrontare, in un’economia globalizzata, dove per le aziende spostarsi in paesi che offrono una fiscalità vantaggiosa è una necessità.

Il concetto che ha del rivoluzionario nel panorama italiano è l’introduzione di una parziale esenzione del reddito ottenuto dalla commercializzazione di prodotti/servizi ai quali si è giunti investendo in R&S tutelata mediante diritti di proprietà intellettuale (brevetti, modelli, marchi e copyright). Ha del rivoluzionario perché si premia chi pro- duce un reddito, laddove questo reddito sia il frutto di un processo di innovazione e tu- tela dell’innovazione, e il “premio” è compatibile con altri incentivi, quali il nuovo credito di imposta per la R&S.

Il meccanismo: vengono esentati i redditi legati a prodotti/servizi che hanno a monte un percorso di R&S tutelata a patrimonio delle imprese italiane. Mira quindi a trattene- re in Italia chi investe in innovazione e genera reddito grazie alla tutela della R&S. Finalmente si premiano le idee e la capacità di generare redditi da queste, vero modo per l’Italia di competere con Paesi aggressivi quali la Cina.

I dubbi della Commissione Europea e il “Nexus approach” per superarli

Le agevolazioni fiscali derivanti dai Patent Box sono sicuramente sotto la lente dell'Ocse e della Commissione Europea, per il solo fatto di essere agevolazioni fiscali e, laddove non correttamente disciplinate, ipoteticamente responsabili di una concorrenza fiscale sleale tra paesi europei.

In particolare nel mirino è stato il Lussemburgo per presunti aiuti di Stato che sarebbero mascherati sotto un regime di tassazione particolarmente favorevole per la proprietà intellettuale (esenzione dell’80% dei redditi derivanti dallo sfruttamento della proprietà intellettuale) e non direttamente correlati ad investimenti fatti in loco.

Il ministro delle finanze tedesco Wolfang Schäuble ha più volte criticato l’adozione del Patent Box da parte di alcuni paesi europei, ritenendolo una forma di concorrenza fi- scale dannosa, i cui effetti sarebbero in contrasto con lo spirito europeo.

Per superare queste critiche, il Patent Box italiano è basato sul “Modified nexus ap- proach” (BEPS - OCSE Action Point 5: Agreement on Modified Nexus Approach for IP Regimes), in modo da detassare solo quote di reddito concretamente correlate all'attività di ricerca e sviluppo e quindi attuare un meccanismo virtuoso di crescita del Sistema Paese ed escludere un distorto utilizzo della normativa ai fini di un’elusione fiscale.

La normativa, seppur valida a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014, rimanda, per i dettagli essenziali ad una corretta simulazione, ad un decreto attuativo del quale oggi, si è ancora in attesa. Questo protrarsi dei tempi può essere attribuito al fatto che resta nel testo della normativa qualche nodo da sciogliere per renderla in accordo con la normativa comunitaria. In particolare, l'esten- sione del beneficio anche ai marchi commerciali, come vedremo oltre, non è contemplata dall'azione 5 dei BEPS per colpire Base Erosion e Profit Splitting, ovvero quelle azioni da intraprendere da parte degli Stati per recuperare base imponibile.

La normativa rimanda fortemente anche all'Agenzia delle Entrate e questo aggiunge incertezza, fintanto che non si avranno anche le circolari attuative di quest’ultima.

Con queste premesse, cercheremo in seguito di fornire alcune risposte, fermo restando che le stesse sono basate su ipotesi da confermare a Decreto Attuativo e circolare dell'Agenzia delle Entrate emanati.

Cos’è il Patent Box?

Il Patent Box è un regime fiscale opzionale che offre a chi vi aderisce una esenzione parziale ai fini Ires e Irap del reddito derivante dall'utilizzo di beni immateriali e una esenzione totale ai fini Ires e Irap delle plusvalenze derivanti dalla cessione di beni immateriali in caso di reinvestimento di almeno il 90% del prezzo di vendita in attività di R&S finalizzate alla manutenzione o sviluppo di altri beni immateriali entro i due periodi di imposta successivi.

Quali sono i beni immateriali che, laddove generino reddito, garantiscono una detassazione?

Sono ricompresi nel Patent Box Italia i brevetti, concessi o in corso di concessione, ivi inclusi i brevetti per invenzione e gli eventuali certificati complementari di protezione, i brevetti per modello di utilità, nonché i brevetti e certificati per varietà vegetali e le topografie di prodotti a semiconduttori; il know-how, ovvero le informazioni aziendali e di esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali o scientifiche, proteggibili come informazioni segrete ricorrendone i presupposti di legge.

Di particolare rilievo per la ricaduta potenziale è l’estensione dell’agevolazione anche allo sfruttamento di beni immateriali solitamente esclusi da alcuni dei regimi di altri Paesi, come il design ed i marchi.

Ad oggi, con i dubbi espressi nel paragrafo precedente, rientrano infatti nella definizione di beni immateriali della normativa in oggetto i disegni e modelli, siano essi registrati o in corso di registrazione (o non registrati ricorrendone i presupposti di legge, seppur per un periodo, 3 anni, inferiore alla durata dell’opzione irrevocabile); le opere dell’ingegno protette dal diritto d’autore e da altri diritti connessi al suo esercizio; i marchi di impresa (ivi compresi quelli collettivi) siano essi registrati o in corso di registrazione o non registrati ricorrendone i presupposti di legge. 

In termini di ambito di applicazione, il Patent Box Italia, o meglio IPBox, si distingue per l’ampia portata rispetto a quanto già attuato in altri paesi europei, con il chiaro intento di agevolare non solo i settori industriali ad alto contenuto tecnologico, dove i brevetti per invenzione e il know-how sono predominanti, ma anche settori come mo-
da, agroalimentare e design, dove la componente legata al design e al marchio è predominante.

È una possibilità lungimirante per il Sistema Paese, che mira a incentivare settori nei quali l’Italia è leader indiscusso. L'IPBox sprona imprenditori e investitori a valorizza- re le punte di diamante dell’economia nazionale, premiando con una detassazione le realtà che generano redditi ai quali sono sottesi investimenti in R&S non solo di tipo tecnologico ma anche artistico e creativo. La controparte richiesta dallo Stato è che quei redditi continuino a venir generati in Italia, e che i frutti della R&S, nelle sue molteplici declinazioni, siano adeguatamente tutelati. A titolo di esempio, ad Expo è stata celebrata il 15 giugno la giornata nazionale delle Denominazioni di origine, un paniere di 273 prodotti che si fregiano del bollino Dop o Igp dell’Unione europea. Questi prodotti, segnala l'Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare), negli ultimi 5 anni hanno incrementato del 64% le loro vendite all'estero. Solo una corretta valorizzazione dei prodotti, abbinata ad una seria politica di anticontraffazione, ha permesso l’ottenimento dell’incoraggiante risultato. L'IPBox incentiva questa tendenza, premiando chi investe sull’innovazione e sulla valorizzazione e tutela di quel mix unico che è dato dall'intreccio di tradizione e creatività italiana.

Detassazione parziale ai fini Ires e Irap del reddito derivante dall’utilizzo di beni immateriali: a chi è rivolta

Tutti i soggetti titolari di reddito di impresa, ovvero soggetti Ires e/o Irpef, indipendentemente dal tipo di contabilità adottata, possono optare per il regime opzionale, opzione che ha durata di cinque anni ed è irrevocabile e rinnovabile. Restano escluse dall'opzione le società assoggettate alle procedure di fallimento o alle procedure di liquidazione coatta dall'inizio dell’esercizio in cui interviene la dichiarazione di fallimento o assoggettate alle procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi dall'esercizio in cui interviene il decreto motivato che dichiara l’apertura della procedura di amministrazione straordinaria.

Cosa fare per aderire e per massimizzare i ritorni dell’opzione

L’opzione va comunicata nella dichiarazione dei redditi relativa al primo periodo di imposta per il quale si opta per la stessa, laddove sia necessaria la procedura di ruling (mediante interpello all’Agenzia delle Entrate). L’opzione ha efficacia dal periodo di imposta in cui è presentata detta richiesta, ovvero non è necessario attendere l'esito del- la procedura per l'efficacia dell'opzione. Per mantenere il legame tra il beneficio e l’effettivo investimento sostenuto in R&S, la quota di reddito detassabile viene stabilita, per ogni bene immateriale, valutando due componenti, ovvero i ritorni generati e imputabili al bene immateriale e i costi sostenuti per giungere allo stesso.

Dal punto di vista contabile, sarà quindi essenziale per accedere alla misura poter evidenziare, in maniera distinta per ogni bene immateriale per il quale si aderisce all'opzione, il fatturato generato dallo stesso e i costi qualificati e non qualificati sostenuti per generarlo.

Focalizzando l’attenzione sul fatturato generato, si aprono due possibilità: i) sfruttamento indiretto; ii) sfruttamento diretto del bene. Nel primo caso, si intende la concessione in uso del diritto all'utilizzo del bene, ad esempio tramite licenza da parte del titolare del diritto ad un terzo. Nel secondo caso, si intende l’uso diretto da parte del titolare del diritto nell'ambito di qualsiasi attività, ad esempio l’offerta in vendita di prodotti/servizi.

La differenza sostanziale tra le due fattispecie è che nel primo caso non è necessario il contradditorio con l’Agenzia delle Entrate per stabilire il reddito, ovvero non è necessario accedere al cosiddetto ruling ma il reddito è costituito dai canoni (royalties) derivanti dalla concessione in uso dei beni immateriali (canoni contrattualizzati), al netto dei costi diretti e indiretti ad essi connessi (vd oltre).

Nel secondo caso, si rende invece necessario individuare, per ciascun bene immateriale oggetto dell’opzione, il contributo economico da esso derivante che ha concorso alla formazione del fatturato generato dal bene, contributo che va definito in contraddittorio con l’Agenzia delle Entrate tramite una procedura di ruling.

Definito il reddito, inteso come royalties nette nella fattispecie i) e come quota parte del reddito così come decretata con la procedura di ruling nella fattispecie ii), per determinare il reddito agevolabile va introdotto un fattore correttivo R, che prende in considerazione i costi qualificati e non qualificati di R&S sostenuti in relazione allo specifico bene.

Con costi qualificati si intendono le voci di spesa sostenute internamente dal beneficiario, o da lui commissionate a Università/Enti di ricerca o a società terze purché non infragruppo e in particolare le spese in R&S; le spese di brevettazione; i costi sostenuti nell'ambito di accordi di ripartizione dei costi in base al "cost sharing agreements" di costi di servizi/funzioni centralizzate infragruppo. Tra le voci che rientrano nel capitolo di spesa R&S si trovano: salari e stipendi del personale R&S, acquisto di materiali utilizzati in R&S, quote di ammortamento delle immobilizzazioni materiali e immateriali utilizzate in R&S, servizi impiegati in R&S, godimento di beni di terzi utilizzati in R&S.

Con costi non qualificati si intendono le spese per R&S effettuate da società infragruppo.

Il fattore correttivo R è dato da un rapporto che vede al numeratore i costi qualificati ai quali si vanno ad aggiungere le spese di ricerca infragruppo sino a coprire un massimo del 30% dei costi qualificati. Al denominatore i costi complessivi, sostenuti per lo sviluppo, mantenimento e accrescimento del bene immateriale. Detti costi complessivi comprendono, in aggiunta ai costi qualificati e alle spese di ricerca infragruppo per l’intero ammontare, anche le spese di acquisto della IPR, se depositata e/o registrata da terzi e successivamente acquisita dal beneficiario dell’esenzione.

Quanto più il fattore R sarà vicino a 1, tanto più sarà il beneficio fiscale derivante. Ovvero, quanto maggiori saranno i costi qualificati sostenuti rispetto ai costi complessivi, in misura maggiore si potrà godere del beneficio. Di fatto, tanto più l’attività di R&S viene fatta internamente (o con Università, Enti di ricerca) e tanto più si tutelano direttamente i risultati della ricerca e li si sfruttano al proprio interno, tanto più R sarà prossimo al valore unitario.

È importante evidenziare che i costi, qualificati e complessivi, da considerare per il primo periodo di imposta nel quale si accede all'opzione sono esclusivamente quelli sostenuti nello stesso periodo di imposta. Ovvero, costi sostenuti in esercizi precedenti rispetto a quello in cui avviene la scelta dell'opzione non impattano sul beneficio. Questo implica che andrà opportunamente valutato il periodo fiscale in cui accedere all'opzione.

Per gli anni successivi al primo, i costi sono considerati in maniera incrementale, ovvero il rapporto R di ogni esercizio successivo al primo viene calcolato considerando i costi qualificati e complessivi dello stesso periodo di imposta e degli esercizi precedenti per i quali si è aderito all’opzione.

Una volta calcolato il fattore R, è possibile calcolare il reddito agevolabile, moltiplicando il reddito (royalties piuttosto che quota parte del reddito) per detto fattore correttivo R. Nel primo periodo di imposta in cui si esercita l’opzione, il reddito è relativo a quello stesso periodo di imposta. Negli anni successivi, si moltiplica per il fattore R la somma dei redditi di ciascun periodo di imposta per il quale si è esercitata l’opzione, al prodotto si sottrae il reddito agevolabile di ciascuno dei periodi di imposta precedenti di validità dell’opzione ottenendo così il reddito agevolabile del periodo di imposta in corso.

L’IPBox prevede che il reddito agevolabile calcolato come sopra non concorrerà, a regime, a formare il reddito complessivo per il 50% del relativo ammontare. Si giungerà a regime dopo un primo esercizio, quello successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014, in cui l’esclusione è fissata al 30% ed un secondo in cui l’esclusione è fissata al 40%.

È altresÌ importante considerare che il beneficio va calcolato per singolo bene immateriale, imponendo una dettagliata analisi caso per caso sull'opportunità o meno di aderire all'opzione. Un consiglio potrebbe essere quello di valutare la possibilità di far rientrare sotto un unico cappello di un singolo bene immateriale (brevetto) più prodotti o servizi che concorrono a generare reddito in azienda, ad esempio il bene immateriale a fattor comune di più prodotti potrebbe essere ricercato nel know-how aziendale, oppure in un marchio, laddove venisse confermato che i marchi rientrano tra i beni immateriali agevolabili, che accomuna una serie di beni, o ancora in un design multiplo che raduna più estetiche di una stessa collezione.

Quale il ritorno atteso? Qualche ipotesi numerica

In un quadro ancora suscettibile di modifiche e nel quale mancano ancora molti elementi, si vuole qui comunque fornire qualche numero per far percepire quale potrebbe essere la rilevanza della misura. Nella fattispecie di uno sfruttamento diretto, si ipotizza un unico bene per il quale il bene immateriale è stato definito, mediante procedura di ruling, concorrere a formare il 3% del reddito. In questa situazione, si ipotizza che detto bene fatturi nel periodo di imposta 15 milioni di euro. La quota parte di reddito da considerare è quindi pari a 450mila euro. Ci poniamo in una situazione “semivirtuosa” dal punto di vista dei costi, dove il fattore R è pari a 0,89. In questa situazione, il reddito agevolabile sarà pari a circa 400mila euro (quota parte di reddito corretta moltiplicando per R). Immaginando di attivare l’opzione per l’esercizio 2015, il 30% della cifra indicata sarà quella corrispondente all’esenzione, ovvero circa 120mila euro.
Mantenendo invariato fatturato e fattore R, il reddito esente passerà a 160mila euro nel 2016 per diventare, a regime, 200 mila euro.

Detassazione totale ai fini Ires e Irap delle plusvalenze derivanti dalla cessione dei beni immateriali

Possono accedere alla misura gli stessi beneficiari della detassazione parziale di cui abbiamo parlato precedentemente.

Cosa fare per aderire e per massimizzare i ritorni dell’opzione

Le plusvalenze derivanti dalla cessione dei beni immateriali sono escluse dal reddito complessivo, a condizione che almeno il 90% del corrispettivo derivante dalla predetta cessione sia reinvestito (e non dunque la plusvalenza generatasi), prima della chiusura del secondo periodo di imposta successivo a quello nel quale si è verificata la cessione, in attività di R&S svolte direttamente dai soggetti beneficiari o mediante contratti di ricerca con Università/Enti di ricerca, mediante contratti con società terze, non infragruppo. Per ottenere il beneficio, non sono ammessi investimenti in acquisto di
altri beni immateriali.

Laddove detta cessione avvenga infragruppo, sarà sempre una procedura di ruling a definire il prezzo di cessione infragruppo e la conseguente plusvalenza.

Considerazioni conclusive

L’attuazione del Patent Box genera un forte incentivo a radicare la tutela della R&S in Italia, assicurando al sistema Italia che le innovazioni qui sviluppate non diventino sin da subito un vantaggio competitivo per altri Paesi. Incentiverà anche i grandi gruppi a portare le attività di R&S nel soggetto italiano del gruppo che brevetta e sfrutta direttamente i brevetti e quindi a resistere meglio alla tentazione di trasferire i frutti di queste attività all'estero a fini di ottimizzazione del carico fiscale.

Anche la forma degli strumenti di tutela verrà rivalutata strategicamente in modo che la tutela dei risultati della R&S abbia una più forte ed ampia applicabilità di sfruttamento massimizzando il reddito sotteso e quindi agevolabile. Inoltre, si incentiverà la diversificazione della tutela invogliando a ragionare come tutelare il prodotto o il servizio sotto diversi punti di vista, non solo quello tecnico-funzionale con il brevetto per invenzione ed il modello, ma anche quello estetico con il design e, se confermato, il brand e gli aspetti creativi con i marchi e copyright. Inoltre, la defiscalizzazione delle plusvalenze da cessione dei beni immateriali aiuterà ad evitare che i diritti di privativa restino infruttuosi in un cassetto, incentivando il trasferimento di tecnologie verso soggetti interessati al loro sfruttamento, a tutto beneficio della collettività e fornirà una nuova fonte di finanziamento, di fatto usando la leva fiscale, all’attività futura di R&S.