L’entrata in vigore del Decreto Crescita ha reso più semplice per le piccole e medie imprese e le startup l’accesso alle
agevolazioni fiscali sui beni di proprietà intellettuale erogate nell'ambito del Patent Box. 

Il Decreto legislativo 34/2019, il cosiddetto Decreto Crescita, in vigore dal 1° maggio 2019, ha introdotto varie misure per
agevolare il ricorso alla protezione della proprietà intellettuale (IP) da parte delle aziende - in particolare le piccole e medie imprese e le startup (vedi box su marchi e brevetti). Marchi, brevetti e design industriale rappresentano, infatti, un assett fondamentale per gli imprenditori che puntano tutto sull'innovazione come strumento di crescita per la propria azienda. Un assett di criticità ancora più assoluta per il settore delle scienze della vita, in cui i brevetti sulle nuove sostanze attive (a base di piccole molecole o, sempre più frequentemente, biologici e terapie avanzate) sono il pilastro stesso che regge le fortune d’impresa. Tra i vari interventi del governo, la semplificazione delle procedure per l’accesso al regime fiscale agevolato opzionale noto come “Patent Box” (vedi box) permette ora - a partire dal periodo d’imposta 2019 - di accedere a tale regime tramite una semplice opzione in sede di dichiarazione dei redditi, senza più bisogno di  raggiungere un accordo preventivo con l’Agenzia delle entrate (AdE). Alla semplificazione possono accedere anche le aziende che abbiano già avviato la procedura, ma che non abbiano ancora raggiunto l’accordo con l’Agenzia delle entrate. Per la concreta attuazione del provvedimento, tuttavia, bisogna ancora attendere la pubblicazione dal parte dell'AdE
dei dettagli relativi alla “idonea documentazione” che gli interessati dovranno depositare a sostegno dell’esercizio dell’opzione (non ancora disponibile nel momento in cui scriviamo; il provvedimento deve essere pubblicato da AdE entro novanta giorni dall'entrata in vigore del Decreto Crescita). Abbiamo approfondito contenuti e applicabilità del Patent Box
con Valeria Croce, mandatario brevettuale europeo e italiano di Jacobacci & Partners.


Cosa s’intende esattamente con il termine “Patent Box”?

Il Patent Box è un regime di tassazione agevolata che consente a un’azienda di ridurre il carico fiscale che interessa quella porzione di fatturato aziendale derivante dallo sfruttamento di beni di proprietà intellettuale registrati o del know how.
Rientrano in tale regime i marchi, i brevetti, i modelli ornamentali, anche detti design, il know how e il copyright; non solo i marchi e i brevetti, quindi, che in generale sono più noti al pubblico. Tra i beni di proprietà intellettuale che ho citato, marchi, brevetti e modelli sono titoli registrati, come anche il copyright; cosa differente è invece il know how, che per definizione è un titolo non registrato. 

Non essendo registrato, il know how è un concetto molto intangibile: come viene determinato?

Per poter essere sfruttato ai fini del Patent Box è necessaria una perizia tecnico-legale sul know how dell’azienda; perizia che può essere preparata con l’assistenza di un tecnico brevettuale, un commercialista e un avvocato. Con essa, si va a studiare l’azienda per individuare le nicchie di know how, che vengono poi codificate dal punto di vista qualitativo. Si va a determinare anche l’impatto che questo know how ha sulla redditività
aziendale. Questo tipo di valutazione rappresenta uno step ulteriore e un po’ più complesso per un’azienda: si tratta di analizzare i processi produttivi aziendali in toto, ma non solo. Ci possono essere, infatti, anche aspetti di know how di tipo
commerciale. 

Cosa prevede il regime opzionale di tassazione del Patent Box per i redditi derivanti da marchi e brevetti?

Le faccio un esempio: nel momento in cui s’individua una porzione del fatturato, diciamo il 5%, che deriva dallo sfruttamento di un brevetto o un marchio aziendale, questo 5% di fatturato godrà di una tassazione più bassa. I calcoli che sottendono a questa determinazione della fiscalità agevolata non sono semplici, vengono svolti da commercialisti che devono essere esperti, che abbiano già avuto esperienza nel campo del Patent Box. Non si tratta, infatti, di un calcolo immediato ottenuto applicando una formula fornita dalla normativa, ci sono delle interpretazioni da dare.

Il Patent Box prevede un’aliquota unica?

Non è una questione di aliquota: viene fatta una sorta di accordo con l’Agenzia delle entrate, che prende il nome tecnico di “ruling”. Nella pratica, l’azienda fa una proposta all'Agenzia, spiegando sulla base dei calcoli quale porzione del fatturato deriva dallo sfruttamento dei suoi beni materiali o immateriali. L’Agenzia delle entrate può accettare o meno tale proposta.

Quali sono le novità apportate al Patent Box dal Decreto Crescita?

Dal punto di vista pratico, questo decreto consente in alcune situazioni, ad esempio per aziende medio-piccole, di evitare il ruling e di andare a indicare direttamente in dichiarazione dei redditi la porzione di reddito che dovrebbe essere assoggettata a una tassazione più favorevole. 

Quando è conveniente per l’azienda aderire al Patent Box?

Presupposto fondamentale è che l’azienda abbia degli utili; una società in pareggio di bilancio o in perdita non viene ammessa a questo tipo di regime di tassazione agevolata. Il Patent Box stesso può essere costoso a causa delle spese da sostenere per la messa a punto della pratica. In parole povere, ne vale la pena se il costo per ottenere lo sgravio fiscale è giustificato dallo sgravio fiscale stesso.

Quali sono i criteri che determinano i beni aziendali che possono rientrare nel regime agevolativo del Patent
Box?

Devo precisare che i marchi sono stati esclusi nel 2016 dal Patent Box, in seguito a pressioni politiche da parte
dell’Ocse. Chi ha avuto la fortuna di iniziare questo percorso appoggiandosi alla registrazione di marchi ha avuto dei vantaggi, ma le nuove richieste non possono più essere basate sui marchi, solamente sugli altri beni. Su un portfolio brevetti, ad esempio. I brevetti che non vengono sfruttati dall'azienda - che non sono attuati ma vengono tenuti nel cassetto per motivi strategici - non producono fatturato e quindi non giustificano una porzione di fatturato.

È sempre necessaria una perizia tecnico-legale per certificare quali beni sono effettivamente tutelabili?

Lo scopo della perizia è delimitare i contorni del know how, ne certifica l’esistenza e il rispetto dei requisiti di legge. Non bisogna dimenticare che il know how è codificato dalla legge, anche se non è un assett registrato. Il riferimento è, in questo caso, al codice civile e al codice della proprietà industriale; tant’è vero che il furto di informazioni segrete è motivo di causa legale. Nel momento in cui si può dimostrare che un concorrente ha sottratto un segreto aziendale, anche il know how può essere oggetto di una causa legale; non esiste il deposito di segreto industriale, questo tipo di bene deve essere certificato da una perizia.

Il Patent Box è risultato effettivamente utile, dalla sua introduzione nel 2015, per rendere più attrattivi gli investimenti in Italia?

A questo riguardo, la vedrei più da un altro punto di vista: più che attirare investimenti in Italia, il Patent Box ha consentito di mantenere nel Paese questi beni di proprietà intellettuale. Spesso, infatti, numerose aziende (anche italiane, ma non solo) intestavano i beni IP a società consociate in altri Paesi, tipicamente Irlanda e Paesi Bassi, al fine di garantirsi una
tassazione più favorevole. Il numero di ruling dell’Agenzia delle entrate non è elevatissimo dal punto di vista numerico, parliamo di alcune decine, ma sappiamo per certo che alcuni ruling hanno consentito risparmi fiscali di centinaia di milioni di euro. C’è almeno un caso eclatante, di cui la stessa Luxottica ha dato ampia diffusione e che riguarda un beneficio fiscale, ottenuto grazie al portfolio marchi per gli anni 2015-2017 stimato in circa 100 milioni di euro.

Qual è la situazione sull'implementazione del Patent Box all'interno del settore farmaceutico?

Bisogna ammettere che la misura del Patent Box non è stata creata con l’obiettivo specifico di favorire il settore farmaceutico italiano; di certo, i ruling più importanti sono stati conclusi nel settore moda. Il settore farmaceutico italiano ha alcune caratteristiche peculiari: abbiamo meno player originator rispetto a un gran numero di aziende che producono principi attivi. In questo settore, l’Italia ha aziende di altissimo livello ma la mia sensazione è che quelle che hanno potuto sfruttare il Patent Box con i brevetti siano in realtà poche. Lo strumento che a mio avviso può essere molto utile in questo settore è quello del know how: c’è un patrimonio nelle aziende farmaceutiche, ad esempio in quelle produttrici di generici e di principi attivi, che deve essere tutelato. E sebbene un principio attivo sia protetto da brevetti che appartengono a terzi, le nostre aziende sono in grado di competere a livello internazionale perché in grado di mettere a punto processi avanzati e migliorati, anche se talvolta non brevettati. Un valore che è forse talvolta sottovalutato dalla realtà imprenditoriale italiana. 

Novità del decreto crescita per marchi e brevetti 

La minore tassazione derivante dall’attivazione dell’opzione del Patent Box potrà essere suddivisa sulla base di tre quote annuali di pari importo, la prima indicata nella dichiarazione dei redditi e Irap relativa al periodo di imposta in cui è stata esercitata l’opzione, poi nei due anni successivi. Oltre alle novità per l’accesso al Patent Box, il decreto 34/2019 ha introdotto anche il “Voucher 3i” (Investire In Innovazione) per il deposito di brevetti da parte di startup innovative, per un importo totale di 6,5 milioni di euro per il periodo 2019-2021. Il Voucher permette alle giovani aziende di acquistare servizi di consulenza per il deposito di brevetti, quali ad esempio le ricerche di anteriorità, la redazione del brevetto, il suo deposito in Italia ed estensione negli altri Paesi. Anche in questo caso, l’entrata in vigore della misura è subordinata all’emissione di un apposito decreto da parte del ministero dello Sviluppo Economico (Mise). Un ulteriore decreto, poi, dovrebbe meglio specificare la programmazione annuale per l’apertura dei bandi sulle già esistenti misure Marchi+, Brevetti+ e Disegni+. Il Decreto Crescita ha anche modificato l’art. 144 del Codice della proprietà intellettuale nel senso di una maggiore protezione dei prodotti “made in Italy”: il cosiddetto “italian sounding” - che riecheggia nomi italianizzanti per prodotti esteri, come ad esempio “parmesan” - è stato inserito negli atti perseguibili di pirateria, con previsione anche di un’agevolazione del 50% delle spese legali sostenute dai Consorzi di tutela per proteggere all’estero i prodotti colpiti dal fenomeno. È attesa la pubblicazione del decreto del Mise che regoli tali attività. Il decreto ha istituito anche il “Marchio storico di interesse nazionale” per proteggere i marchi registrati o in uso continuativo da almeno 50 anni e relativi a prodotti o servizi realizzati da un’impresa nazionale di eccellenza storicamente collegata al territorio nazionale.
Fonte: D.lgs. 34/2019

Cosa sarebbe necessario per rivalutarlo?

Non dico che sarebbe necessario un cambio di mentalità, ma bisognerebbe essere più consapevoli della ricchezza
aziendale che si trova in tante imprese. Tutelare il segreto industriale non significa chiudere in un cassetto i dettagli di un processo chimico, ma implica piuttosto di saper gestire il segreto aziendale. Bisogna essere consapevoli delle proprie capacità e dei propri vantaggi concorrenziali. Occorre mettere a punto procedure di gestione del segreto industriale, del know how, cosa che ancora oggi è poco diffusa nella cultura imprenditoriale italiana e - uno spunto di riflessione - anche nelle aziende farmaceutiche. Proprio quando viene condotta una perizia sul know how, ad esempio, ci si può confrontare con l’assenza di procedure di gestione della riservatezza di informazioni aziendali davvero importanti dal punto di vista competitivo. 

Quali sono i punti importanti a livello di brevetti (e marchi) per un’azienda farmaceutica?

In un’azienda farmaceutica il marchio certo è importantissimo, ma come detto è stato tolto dal beneficio fiscale del Patent Box. Possono quindi essere sfruttati i brevetti e il design, che tuttavia non rappresenta normalmente l’assett principale per un’azienda farmaceutica, a meno che non si punti molto sul packaging. Certo, in mancanza di un brevetto, ci si può avvantaggiare dello sfruttamento di un design.

Sono diventati comuni i medicinali confezionati in un dispositivo adatto alla loro somministrazione, come le penne per l’insulina. Come viene gestito in questi casi il Patent Box, considerando che di solito il prodotto medicinale e il dispositivo medico sono brevettati da aziende diverse?

Si parla di brevetti, ad esempio, per una specifica formulazione del farmaco adatta a somministrazione attraverso penna. Quest’ultima è un dispositivo e può essere a sua volta brevettata, come pure, eventualmente, anche il suo design specifico. Sia l’azienda che detiene il brevetto sul farmaco, sia quella che detiene il design sulla penna possono ottenere l’agevolazione fiscale per la porzione di fatturato riconducibile, per ciascuna, al brevetto o al design.

Prima diceva che il Patent Box non è stato disegnato a misura del settore farmaceutico. Quali sono le esigenze specifiche che rendono meno impattante la sua applicazione in questo settore industriale?

La discriminante è correlata al fatto che all’inizio, quando è stata creata l’agevolazione, sono stati inclusi i marchi, che sono assett molto forti per un’azienda che punti su di essi. È questo che ha determinato un vantaggio per le aziende delle moda. 

Cosa prevede il Patent Box

Il regime del Patent Box è stato introdotto nell'ordinamento italiano con la Legge di bilancio 2015 (art.1 commi 37-45 L. n. 190/2014) e attuato a seguito della pubblicazione mda parte del Mise del D.m. 28 novembre 2017 sulla “revisione del regime di tassazione agevolata dei redditi derivanti dall'utilizzo di software protetto da copyright, di brevetti industriali, disegni e modelli, nonché di processi, formule e informazioni relativi a esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili”. L’opzione ha durata di cinque anni, è irrevocabile e rinnovabile.

Tra i beni che rientrano nel dispositivo del D.m 28/11/2017 vi sono i brevetti industriali (concessi o in corso di concessione), comprese le invenzioni biotecnologiche e i relativi certificati di protezione complementare. Due o più beni immateriali tra quelli citati dal decreto possono anche essere collegati tra loro da un vincolo di complementarietà tale per cui la realizzazione di un prodotto o di una famiglia di prodotti, di un processo o di un gruppo di processi, sia subordinata all'uso congiunto degli stessi. Ricadono nelle attività di ricerca e sviluppo sia la ricerca di base che quella applicata, il design, l’ideazione e realizzazione di software protetto da copyright, ricerche, test e studi finalizzati al'’adozione di sistemi anticontraffazione, il deposito e il rinnovo dei relativi diritti. Le attività che danno luogo alla determinazione del reddito agevolabile possono essere svolte dal soggetto direttamente interessato, da università ed enti di ricerca o da startup. L’opzione sui marchi d’impresa esercitata per i primi due periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2014 ha durata pari a cinque periodi d’imposta ovvero, se inferiore, fino al 30 giugno 2021, e non è rinnovabile. Il reddito agevolabile è calcolato sulla base dei canoni derivanti dalla concessione in uso dei beni immateriali, al netto dei costi fiscalmente rilevanti diretti e indiretti a essi connessi. Nel caso di uso diretto, invece, è necessario individuare, per ogni bene immateriale oggetto dell’opzione, il contributo economico da esso derivante che ha concorso algebricamente a formare il reddito d’impresa o la perdita.
Fonte: D.m. 28 novembre 2017 e Mise