4 giugno 2024 Allure Miriam Mangieri

Un prodotto di make up che affonda le radici nell’antichità, a conferma dell’eterna passione delle donne per la decorazione delle unghie. La sua storia culminata nel ‘900 continua fino a oggi, scandita da innovazioni continue. Da qui la necessità di proteggere marchi, formule e packaging. Allure ne parla con Miriam Mangieri, counsel di Jacobacci & Partner.

L’usanza di abbellire le unghie vanta origini antichissime. Lo smalto, infatti, seppur in consistenze e composizioni diverse, è da sempre annoverato tra i prodotti di bellezza. In queste pagine ripercorriamo insieme le tappe che ne hanno accompagnato la storia e le forme di tutela per proteggere le innovazioni nel settore.  

Tra rango sociale e narrazioni 

Per decorare e colorare le unghie, i popoli antichi utilizzavano delle miscele, antenate degli smalti moderni. In India, per esempio, già 5000 anni fa si usava l’henné, mentre in Cina una sostanza composta da gomma arabica, gelatina e cera d’api con l’aggiunta di fiori per la componente cromatica. Nel 1500 a.C. la pratica arrivò anche in Egitto e Mesopotamia, dove iniziano a comparire le prime vernici per unghie, prodotte con zolfo e altre sostanze. La scelta del colore da applicare sull’unghia era legata a ragioni sociali e permetteva di identificare il rango di appartenenza delle donne. Più il colore era intenso, più elevato lo status sociale. Se dunque le tonalità accese (rosso) erano riservate alle donne più influenti, le più chiare (rosa) indicavano la classe sociale media. Ma la decorazione delle unghie poteva anche avere una funzione narrativa: gli Incas realizzavano miniature che riproducevano momenti di vita. Il Medioevo fu epoca di divieti: le poche donne che utilizzavano lo smalto erano accusate di stregoneria e vanità. L’usanza fu poi ripresa nel Rinascimento, per non essere più abbandonata. 

I primi smalti nel ‘900 

Nel corso della storia, diverse le tecniche adottate per creare miscele e vernici idonee a pigmentare le unghie, ma è solo nel ‘900 che nascono i primi smalti, antenati di quelli odierni. Senza dimenticare le invenzioni per migliorare l’aspetto delle unghie e rendere la nail art una vera e propria moda? Fino al 1930, per farle brillare si ricorreva a polveri lucidanti con l’inclusione di cere, poi sciolte in solventi volatili che evaporavano non appena stese sull’unghia. Le cere lucidanti liquide sono considerate i primi smalti che hanno usato un solvente per formare sull’unghia una pellicola protettiva e illuminante. Poi fu la volta degli smalti liquidi con nitrocellulosa, vernici e lacche: ai primi, incolori o tenui, seguirono le nuance più accese dovute all’aggiunta di pigmenti colorati, come gli ossidi di ferro. A segnare una tappa fondamentale nella nostra storia è il marchio Cutex fondato da Northam Warren. In realtà il suo primo prodotto fu un dispositivo liquido di rimozione delle cuticole, seguito da uno smalto liquido. Lanciato negli anni ’20, era costituito da una bottiglietta sigillata e un pennellino per l’applicazione. Il brand fu subito protetto con apposite domande di registrazione presso l’Ufficio marchi e brevetti statunitense (USPTO). La n. 71059730 Cutex depositata il 15 novembre 1911 e confermata il 23 aprile 1912 in classe 3 tutelava “cuticle remover in liquid form”. Numerose le registrazioni Cutex, ormai abbandonate, per tutelare i nuovi prodotti, come smalti e set per la manicure, che testimoniano l’importanza di questa azienda nel secolo scorso.  

Il progresso non si ferma… 

Altra realtà pioniera nel settore fu la Revlon Nail Enamel Company, fondata nel 1932 da Charles e Joseph Revson e Charles Lachman. L’azienda, oggi nota per un’ampia gamma di cosmetici, iniziò proprio con la produzione di smalti. Rispetto a Cutex, Revlon era riuscita ad apportare dei miglioramenti nella formulazione degli smalti, introducendo, da un lato, i pigmenti al posto dei coloranti, dall’altro, smalti di diverse tonalità e colori accesi, ispirati alle vernici laccate utilizzate per dipingere le automobili dell’epoca. Revlon è inoltre nota per aver lanciato, nel 1939, la moda di coordinare il colore del rossetto con quello delle unghie. Idea che qualche anno prima già Cutex aveva provato a diffondere, ma con minore successo. Grazie anche alle campagne pubblicitarie realizzate da Revlon, lo smalto divenne non solo un prodotto irrinunciabile nella routine di bellezza delle donne dell’epoca, ma un vero e proprio accessorio di moda. Da qui anche l’idea di cambiare il colore dello smalto a seconda delle stagioni, optando per tonalità più scure in inverno e più vivaci in estate. Questa tendenza portò le aziende produttrici di smalti a realizzare colorazioni nuove nei diversi periodi dell’anno, invogliando così le donne ad acquistare i colori di tendenza ancor prima che l’offerta precedente fosse esaurita. Nello scenario di quegli anni, si affermarono altre due realtà americane, entrambe di Northam Warren: Peggy Sage e Glazo. Dal momento che Revlon stava diventando la prima azienda del settore, Peggy Sage, per contrastare la concorrenza, strinse accordi con altre realtà cosmetiche americane, abbinando i suoi smalti alle nuance di rossetto prodotte da queste ultime e ampliando la platea delle sue potenziali consumatrici. Attraverso slogan pubblicitari accattivanti e il lancio di nuove colorazioni, questi brand emergenti cercavano di affermarsi sul mercato e acquisire selling power. Una curiosità: risale al 1930 un accordo generale sulle caratteristiche dello smalto liquido ideale. Doveva essere facile da applicare, asciugarsi rapidamente, resistere alle scheggiature e all’abrasione, essere impermeabile, avere un colore uniforme e un odore gradevole. Al contrario, i prodotti messi in commercio in quegli anni non avevano queste qualità, ma spesso peccavano di scarsa adesione, potevano macchiare l’unghia, richiedevano molto tempo per asciugare e, cosa non meno significativa, non erano graditi all’olfatto. Scarsa attenzione era, infine, riservata nella formulazione di questi prodotti alla salvaguardia della salute. Nel tempo si fecero progressi non solo per quel che riguarda la composizione dello smalto, ma anche il flacone. I primi smalti, a dire il vero piuttosto rudimentali, erano sigillati con un tappo di sughero per evitare l’evaporazione del solvente. Inoltre, il pennellino non era inserito nel tappo del flacone, come oggi, ma separato. Si passò poi a bottigliette con un coperchio a vite e a pennellini di qualità migliore, garantendo così un’applicazione più agevole del prodotto. Oltre allo smalto, fecero la loro apparizione, intorno agli anni ’40, due prodotti complementari, basi e top coat, per ottenere una buona aderenza dello smalto e ridurre le macchie sull’unghia. La diversa consistenza di queste due tipologie di prodotto rispetto agli smalti, non era dovuta agli ingredienti, ma ai loro dosaggi. La base veniva, infatti, realizzata con più resina, per garantire una migliore adesione all’unghia e ridurre le scheggiature, mentre il top coat doveva contenere più plastificante e nitrocellulosa per migliorarne lucentezza e resistenza. I primi a lanciarli furono Revlon con il marchio Prolon e Elizabeth Arden con Nail Protecta. 

… e va tutelato con rigore 

Le innovazioni legate allo smalto, inerenti la composizione e il contenitore, sono state protette, nel corso degli anni, tramite gli strumenti della proprietà intellettuale. Numerosi i marchi e i brevetti del settore, ormai superati, che testimoniano l’importanza di questi strumenti giuridici nel lancio di nuovi prodotti. Con il deposito di domande di marchio si era soliti proteggere sia il logo principale dell’azienda (si pensi a Cutex e Revlon), sia i naming del singolo smalto. Revlon fu particolarmente attiva in tal senso, denominando ogni nuance lanciata sul mercato. Altrettanto fondamentali i brevetti, grazie ai quali si proteggevano le formule, sempre più raffinate, degli smalti e i flaconi. Nel primo caso, il n. 4097589 depositato nel 27 giugno 1978 presso l’USPTO, riguardava “uno smalto liquido che conferisce una migliore flessibilità all'unghia umana e inibisce la sua rottura quando applicato a esso come rivestimento”. Nel secondo, del 1936, si trattava di tutelare una boccetta con l’immagine del prodotto steso sull’unghia o, in altri casi, la sua particolare forma (vedi box in fondo alla pagina). Né si può parlare di smalti senza pensare ad altre invenzioni strettamente collegate, che hanno aperto la strada a una serie di innovazioni di rilievo. Tra queste le unghie finte, destinate a chi le aveva corte, fragili o poco curate, ideate nel 1934 dal dentista Maxwell Lappe. Ecco il brevetto (n. 3277900): “metodo per applicare un'unghia artificiale e proteggere il tessuto circostante dalle composizioni irritanti del rivestimento applicato”. Il dottor Fred Slack, altro dentista noto nel settore, perfezionò la tecnica della modellazione delle unghie, con un brevetto del 18 maggio 1955, per il suo “Dispositivo per allungare le unghie”. Ancor oggi le aziende cosmetiche continuano a investire in ricerca e innovazione, realizzando formule all’avanguardia per soddisfare i consumatori più esigenti e rendere gli smalti accessori iconici e modaioli, anche grazie a naming accattivanti e pack originali. In questo scenario, dunque, gli strumenti della proprietà intellettuale, come marchi e brevetti, appaiono essenziali per aumentare le potenzialità dei brand e tutelare le innovazioni, mettendole al riparo da tentativi di contraffazione.