Nel campo dell’anti-contraffazione esistono due attività, separate ma attigue, che sono finalizzate a limitare e reprimere comportamenti scorretti. Il primo è quello contro la concorrenza sleale che rappresenta l’utilizzazione diretta o indiretta da parte di un imprenditore di mezzi o tecniche non conformi ai «principi della correttezza professionale» e idonei a danneggiare l’azienda di un concorrente.
Per anti-cybersquatting si intendono invece quelle attività atte a contrastare la registrazione di nomi a dominio che comprendono in tutto o in parte un nome, un marchio o un altro segno distintivo altrui, attuata senza il consenso dell’avente diritto.
In entrambi i casi, portare avanti un’attività di monitoraggio e, dunque, di contrasto di tali attività illecite rappresenta un grande giovamento per l’azienda che viene colpita da una o da tutte queste attività. Il giovamento in questione non è solo di carattere economico ma, specie quando si ha a che fare con la proprietà industriale, interessa anche altri fattori, quali quello della brand awareness, della credibilità e della professionalità che, altrimenti, verrebbero lesi o messi in cattiva luce.
Al contrario, evitare di portare avanti questo tipo di attività implica per l’azienda perdita di quote di mercato, oltre che una vera e propria minaccia per la sua stessa vita (basti pensare il caso in cui un sito conosciuto venga utilizzato per vendere prodotti contraffatti, o per dirottare il traffico del web distogliendolo dal sito originale).