16 giugno 2023 Technofashion Luca Mariani

Non sono poche le case di moda che si sono lanciate nel mondo dei prodotti digitali collezionabili e dei famigerati non fungible token (NFT). Pare che sia una tendenza in crescita soprattutto dovuta alle potenzialità pubblicitaria delle creazioni digitali e al possibile ritorno d’immagine per le maison e i loro brand. D’altro canto, gli stilisti devono anche porsi il problema di tutelare il proprio marchio nell’ambito totalmente smaterializzato dei prodotti digitali collezionabili. Tra le pioniere di questo nuovo segmento virtuale c’è anche la britannica Burberry Limited, anche protagonista di un recente rifiuto di protezione emesso dall’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale (EUIPO).

I primi passi della moda nel metaverso

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un climax ascendente di attenzione mediatica nei confronti del metaverso e dei beni cripto-collezionabili. Ad oggi l’esperienza digitale totalizzante che era stata promessa da Meta rimane nondimeno una promessa, seppur ci siano alcuni spazi dove si può accedere alle esperienze di realtà virtuale, nonché coniare o scambiare i non fungible token (NFT).

Gli esperti ritengono che siamo comunque lontani dalla realizzazione di un vero e proprio metaverso, che potrà dirsi perfezionato il giorno in cui ci sarà una commistione quotidiana di reale e virtuale tale da sfumare le frontiere tra i due ecosistemi. Per cui coesisteranno una realtà materiale che si affida abbondantemente al mondo virtuale e un universo digitalizzato che non abiura ma valorizza il mondo fisico.

L’industria della moda è un’avanguardista dell’ibridazione digitale e antesignana nello sfruttamento delle opportunità di espansione offerte dalla realtà aumentata. Basti ricordare che già ai tempi della pandemia alcuni stilisti decisero di presentare le loro nuove collezioni allestendo delle passerelle virtuali in una realtà immersiva. In molti casi, gli utenti potevano visualizzare le riproduzioni dei capi in formato digitale e talvolta tridimensionale. Molti avevano applaudito a quello che allora appariva un irreversibile passo in avanti in termini di fruibilità degli eventi, riduzione delle emissioni ed eliminazione degli scarti tessili, con la creazione di contenuti tecnologici di grande impatto.

La collaborazione di Burberry e Minecraft

Il multiverso è stato anche l’area di intersezione primigenia tra moda e videogiochi. L’introduzione di indumenti virtuali firmati ha donato un tocco di glamour al mondo ludico e riscosso un inaspettato successo anche nel pubblico dei gamers, dando loro la possibilità di esprimersi attraverso l’estetica personalizzabile dei propri avatar.

Nel 2022 Burberry ha creato una collezione limitata in collaborazione con Minecraft, disegnando quindici capi d’abbigliamento pensati per essere indossati indistintamente dalle persone nel mondo fisico oppure dai loro avatar nel metaverso. Com’è noto, Minecraft è un videogioco che permette agli utenti di esplorare un mondo tridimensionale totalmente smaterializzato e potenzialmente infinito, nel quale possono scoprire ed estratte materie prime, creare macchinari e utensili, nonché erigere edifici o altre costruzioni.

Nulla vieta ai giocatori di acquistare pure gli articoli fisici della collezione – tra i quali anche l’iconico Waterloo Trench Coat – dal sito web della maison per essere in coordinato con i propri avatar. Il gioco prevede, inoltre, delle sfide speciali pensate unicamente per gli avatar che indossano i capi virtuali di Burberry, come ad esempio un dedalo tappezzato dal famigerato tartan beige.

Il tentativo di registrare il tartan per prodotti virtuali

La fantasia più nota di Burberry è costituita da un motivo scozzese con sfondo beige sul quale si intersecano linee rosse, nere e bianche, disposte verticalmente ed orizzontalmente in modo da formare dei riquadri di diverse dimensioni. Bisogna premettere che la maison in passato aveva già registrato con successo tale disegno come marchio figurativo in relazione ai suoi prodotti tipici, in particolare: abbigliamento, scarpe, cappelleria della Classe 25, nonché gli articoli di pelletteria della Classe 18 e i tessuti della Classe 26.

Più recentemente però le cose sono andate diversamente per Burberry, che ha tentato di registrare il suo tartan come marchio figurativo per vari prodotti e servizi legati alla realtà e al mercato virtuale, tra i quali anche:

  • token non fungibili (NFT) e prodotti virtuali scaricabili che riproducono articoli quali capi da indossare, borse, stoffe et alia (Classe 9);
  • servizi di vendita al dettaglio online relativi al merchandise virtuale di prodotti tipici del settore moda (Classe 35); e
  • servizi di intrattenimento, cioè la fornitura di contenuti virtuali on-line, non scaricabili, che riproducono gli oggetti sopra descritti (Classe 41).

Secondo le linee guida dell'EUIPO, i beni virtuali e gli NFT devono essere trattati alla stregua di file digitali scaricabili, di cui il titolare del marchio deve specificare il contenuto. Ad esempio, nel caso di Burberry, i file digitali scaricabili riproducono capi d’abbigliamento e accessori moda. La stessa necessità di specifica si applica ai servizi di vendita di cui alla Classe 35 e ai servizi di intrattenimento di cui alla Classe 41.

Le considerazioni dell’Ufficio

In esito all’esame dei requisiti assoluti del marchio di Burberry l’Ufficio ne ha parzialmente rifiutato la tutela. Meritano attenzione alcune argomentazioni che hanno basato la decisione dell’EUIPO.

In primis, l'Ufficio ha sottolineato che le medesime massime giurisprudenziali valgono sia per i marchi tridimensionali che consistono nell'aspetto del prodotto stesso, sia per i marchi figurativi (come quello di Burberry) che consistono nella rappresentazione bidimensionale del prodotto. In particolare, entrambe le tipologie di marchio devono comprendere almeno un elemento distintivo che non sia riconducibile all'aspetto estetico dei prodotti di cui rappresentano la forma o la superficie esterna.

Tuttavia, l’Esaminatore ha ritenuto che il marchio di Burberry non abbia quel minimo elemento distintivo estraneo all’aspetto superficiale dei prodotti e, per giunta, che il tartan di Burberry non sia diverso dalle trame tessili comunemente utilizzate nel commercio da diversi altri operatori per capi d’abbigliamento e accessori moda.

L’Ufficio ha, inoltre, osservato che nella mente del consumatore i beni del mondo virtuale sono l'equivalente digitale dei prodotti della vita reale, di cui i beni virtuali emulano la natura, le forme e l’aspetto esteriore. Nel caso di specie, l’Esaminatore ha presunto che il marchio figurativo di Burberry sia un disegno destinato a ricoprire le versioni scaricabili e virtuali di indumenti, calzature e oggetti decorativi reali, senza tuttavia aggiungere alcun elemento di originalità al loro aspetto esterno.

In definitiva, l'EUIPO ha respinto la maggior parte della domanda di marchio, ad eccezione di alcuni articoli per i quali il marchio avrebbe intrinsecamente un livello sufficiente di carattere distintivo, tra i quali in modo particolare i prodotti e i servizi appartenenti al settore dei videogiochi.

Va anche notato che Burberry non ha potuto difendersi sostenendo che il marchio desiderato avesse acquisito carattere distintivo attraverso l'uso in relazione ai prodotti e servizi coperti dalla domanda di registrazione, poiché il segno era stato depositato per una nuova gamma merceologica per la quale all’epoca del deposito non aveva raggiunto dei volumi di vendita e un grado di diffusione nel pubblico sufficienti.

I punti critici della decisione

La decisione dell'EUIPO dimostra che le regole e i principi applicabili ai marchi tutelati nell’ambito del metaverso e dei prodotti cripto-collezionabili non devono essere reinventati, ma possono essere trasferiti dal mondo reale a quello virtuale.

Tuttavia, emerge un’apparente incongruenza laddove si considera che il disegno di Burberry in passato era stato registrato come marchio figurativo per un’ampia gamma di prodotti fisici; gli stessi prodotti fisici che corrispondono a quelli virtuali per i quali oggi il medesimo marchio invece è stato rigettato.

Sarebbe interessante capire le ragioni per cui l'Ufficio apparentemente ha applicato dei requisiti più severi per l'esistenza del carattere distintivo nel caso dei prodotti virtuali. Questo punto forse verrà chiarito nel caso Burberry decida di fare appello contro la decisione sfavorevole della Divisione di Esame, avanti la Commissione dei Ricorsi.

 

Articolo di Luca Mariani per Technofashion