9 febbraio 2023 Technofashion Luca Mariani

Gli organi giurisdizionali di Italia e Spagna si contendono la palma delle prime pronunce che riguardano la tutela dei diritti di proprietà intellettuale nel web 3.0. Da una parte, la magistratura italiana ha emanato il primo provvedimento a livello europeo in materia di NFT (abbreviazione di “non-fungible tokens”, ovvero in italiano “gettoni non riproducibili”). Dall’altra, la giurisprudenza spagnola inizia ad esplorare il mondo del metaverso e delle opere d’arte virtuali. 

JUVENTUS – BLOCKERAS: 1 – 0

La prima decisione italiana in tema di NFT riguarda la passione italiana per antonomasia, il calcio, e in particolare, la Juventus, che ha messo a segno una rete magistrale nella vicenda giudiziaria contro una temibile avversaria di nome Blockeras.

Quest’ultima è una società specializzata nella tecnologia blockchain che ha avuto l’idea di creare e commercializzare dei non-fungible tokens collegati alle figurine dei calciatori. Tra le varie, è stata lanciata anche una figurina raffigurante l’ex calciatore Christian Vieri (anche detto “Bobo”) – che nella sua gloriosa carriera ha militato nella Juve per una burrascosa stagione (ndr. correva l’anno 1996 – 1997) – in divisa bianconera stampigliata con il marchio del club.

In breve, il problema è sorto perché l’ex attaccante ha dato il suo consenso alla creazione e commercializzazione della figurina digitale, mentre il club bianconero no.

Di conseguenza, l’emissione non autorizzata della figurina ha fatto infuriare i vertici della Vecchia Signora (storico epiteto del club juventino), che hanno avviato un procedimento cautelare a carico di Blockeras per ottenere l’inibitoria della fabbricazione, del commercio e dell'uso degli NFT che – nella loro opinione, poi confermata dal giudice adito – costituivano una violazione del diritto di esclusiva sulla riproduzione dei marchi di proprietà della squadra.

La difesa di Blockeras invece si è concentrata sul fatto che le figurine digitali incorporavano la fotografia di un calciatore che aveva prestato la sua autorizzazione alla creazione delle immagini e che il club calcistico non avesse registrato il marchio in relazione ai “prodotti virtuali scaricabili”, collocati secondo le ultime linee guida dell’Unione Europea nella Classe di Nizza 9.

Blockeras opinava, inoltre, l’assenza del periculum in mora, cioè del danno che poteva derivare ai diritti di esclusiva della Juventus, laddove fossero rimasti senza alcuna forma di tutela giuridica fino alla pronuncia di merito e che, di conseguenza, avrebbe giustificato un provvedimento cautelare anticipatorio di natura provvisoria.

In definitiva, il Tribunale di Roma ha accolto il ricorso della Vecchia Signora disponendo l’inibitoria che blocca la produzione, commercializzazione, promozione e offerta in vendita degli NFT collegati ai contenuti digitali recanti i marchi della Juventus, e dall’uso di questi marchi in qualsiasi forma o modo.

La decisione è basata sul fatto che i marchi della Juventus, seppur non siano registrati specificamente per “prodotti virtuali scaricabili”, risultano comunque tutelati in tale ambito, grazie alla loro notorietà e al fatto che i titoli del club coprono “pubblicazioni elettroniche scaricabili”. Inoltre, il Tribunale ha rilevato che la Vecchia Signora ha dimostrato di essere attiva nel settore dei crypto games, cioè dei videogiochi basati su tecnologia blockchain.

Seppur si tratti solo del primo tempo di una vicenda giudiziaria che potrebbe finire ai supplementari o ai rigori, la sentenza in commento è piuttosto significativa perché supporta l’idea che anche i marchi registrati in epoca pre-metaversica sono azionabili contro gli usi non autorizzati in contesti virtuali.

Da ultimo, la parte convenuta potrebbe trovare serie difficoltà pratiche nel dare attuazione all'ordine di ritiro degli NFT contestati, considerato che questi certificati, una volta creati e inseriti nel sistema blockchain, per loro natura non possono essere rimossi o modificati, ma solo trasferiti.

MANGO – VEGAP: 0 – 1

Intanto in Spagna, il Tribunale Mercantile di Barcellona ha emesso una delle prime ordinanze che affrontano al contempo la proprietà intellettuale, gli NFT e il metaverso. Il provvedimento interviene nella controversia nata tra la catena di abbigliamento Mango e la società collettiva di artisti spagnoli VEGAP (Ente Visivo per la Gestione degli Artisti Plastici).

Nel marzo 2022, al casa di moda spagnola Mango annunciava l’intenzione di esporre alcuni pezzi unici realizzati con il contributo dell'artista criptografico Robert Farkas presso il Museum District di Decentraland – mondo virtuale a tre dimensioni, nel quale gli utenti possono acquistare beni immobiliari digitali tramite criptovaluta.

La collezione di Mango doveva consistere di cinque non-fungible tokens contenenti i capolavori di Joan Miró, Antoni Tapies e Miquel Barceló; capolavori che attualmente sono ancora protetti dal diritto d’autore. I cinque NFT in questione consistevano in capi d'abbigliamento digitali ispirati a diverse opere d'arte, che – oltre ad essere esposti a Decentraland – erano destinati alla vendita sulla piattaforma OpenSea (mercato online di gettoni non riproducibili, avente sede a New York City).

Venuta a conoscenza di questa operazione, VEGAP, nella sua qualità di gestore collettivo dei diritti d’autore, ha citato in giudizio Mango sostenendo che la riproduzione e la conversione in NFT delle suddette opere violavano i diritti morali esclusivi all’integrità e alla divulgazione delle opere, così come i diritti patrimoniali derivanti dalla comunicazione al pubblico, riproduzione e adattamento delle medesime, che appartengono agli autori delle opere.

Di contro, Mango, che possiede le copie fisiche di tutte le opere, ha sostenuto che la loro digitalizzazione non viola i diritti d'autore, dal momento che gli adattamenti sono un “uso innocuo” delle opere e ciò vale soprattutto perché i prodotti virtuali in questione consistono in mere rievocazioni delle medesime. Senza contare che gli NFT sono risorse digitali che possono essere visualizzate solo utilizzando una piattaforma dedicata. Inoltre, poiché i non-fungible tokens in questione non sono mai stati traslati su un supporto fisico, non erano concretamente nel possesso di Mango, ma esistevano solo come quotazioni virtuali nella lista di OpenSea (alla stregua di prodotti esposti in un catalogo virtuale).

Per il momento, la Corte ha confermato le misure cautelari asserendo che “la controversia principale si concentra sulla portata dei diritti di Mango, in quanto proprietaria dei dipinti originali, e sulla questione se la trasformazione di un'opera d'arte in un NFT sia una modifica dell'opera che può incidere sui diritti del suo autore o se, al contrario, la proprietà di un'opera fisica autorizzi il suo proprietario a trasformarla in un NFT".

Il Tribunale ha anche determinato che la rimozione delle opere dalla lista di OpenSea non equivale alla loro distruzione. Per questo, data l'incertezza sulla sorte degli NFT, attualmente in custodia presso OpenSea, il giudice ha chiesto a Mango di depositare in un portafoglio virtuale 1.000 euro in criptovaluta, a fronte delle spese di mantenimento e custodia delle opere virtuali nel corso del procedimento, e ha ordinato ad OpenSea di trasferire i non-fungible tokens nel medesimo portafoglio virtuale, sottoponendo il tutto ad una sorta di sequestro.

Dunque, le questioni che si dovranno definire nel corso del procedimento di merito sono: l'ampiezza dei diritti di Mango in quanto proprietaria delle opere d'arte fisiche, il fatto che le rievocazioni create da Mango siano degli adattamenti violativi degli originali e se l’eventuale violazione del diritto d’autore tramite creazione di tali NFT si riverberi anche sulla vendita e l’esposizione al pubblico delle opere d’arte collegate al non-fungible token.

Conclusioni

Le vicende giudiziarie sopra descritte dipingono un panorama giurisprudenziale in piena evoluzione, con i diritti di proprietà intellettuale tradizionali che cercano di imporsi a baluardo di un’immaterialità classica o analogica, che oggi si scontra sempre più spesso con l’immaterialità contemporanea o digitale. Sarà interessante vedere quali aspetti del vecchio modo di pensare la proprietà intellettuale sopravviveranno, adeguandosi alla vita nel web 3.0, e quali invece soccomberanno alla dura legge dell’evoluzione digitale. 

 

Articolo di Luca Mariani e Carolina Montero per Technofashion