3 gennaio 2023 Technofashion Luca Mariani

Lo scorso giugno Manolo Blahnik ha finalmente ottenuto il diritto di utilizzare il proprio nome e commercializzare i propri prodotti sul mercato cinese Cina, dopo aver vinto un'estenuante battaglia legale durata oltre due decenni. La lotta per rivendicare il marchio “MANOLO BLAHNIK” è iniziata nel 2000 e si è conclusa a favore della maison solo nel 2022. Il successo di Manolo è un precedente che può favorire anche le altre aziende dell'industria della moda nella contestazione dei marchi registrati in malafede dai pirati cinesi, e potrebbe anche indicare un rinnovato impegno delle autorità locali a creare un clima più costruttivo per gli imprenditori stranieri.

La controversia e le questioni procedurali

Nel lontano 1999 il Signor Fang Yuzhou registrò il marchio "MANOLO & BLAHNIK", verosimilmente dopo aver sentito parlare di questo brand nei film americani o nella serie televisiva di fama mondiale “Sex and the City”, che all'epoca faceva furore. Nel 2000 l’omonima maison, accortasi della registrazione avviò un’azione amministrativa volta ad invalidare, e quindi far rimuovere dal Registro, il marchio "MANOLO & BLAHNIK", che impediva allo stilista di registrare a sua volta ed utilizzare il proprio nome in tutta la Cina.

In prima istanza, l'azienda purtroppo non riuscì a dimostrare di essere la legittima proprietaria del marchio, non avendo prove sufficienti ad appurare l’uso e la reputazione del marchio “MANOLO BLAHNIK” in Cina precedenti al 1999. Per cui l'Ufficio cinese respinse la richiesta di invalidazione della maison. Nondimeno, lo stilista non si arrese e nei successivi gradi di giudizio produsse nuove prove, che alla fine si rivelarono decisive a sostenere la tesi della reputazione del suo marchio in Cina.

La strada percorsa dalla maison è costellata di azioni amministrative e giudiziali promosse contro il marchio "MANOLO & BLAHNIK" di Fang Yuzhou davanti ad un numero di organi giudicanti: il CTMO (l’Ufficio Marchi e Brevetti cinese), il TRAB (il Comitato per la revisione e l'aggiudicazione dei marchi), diversi tribunali specializzati e, infine, la Corte Suprema.

Solo quest’ultima si è pronunciata in modo definitivo a favore dello stilista, stabilendo che la maison ha prodotto prove sufficienti a dimostrare la reputazione del suo marchio in tutto il mondo, Cina inclusa, e ordinando la rimozione dal Registro del marchio illegittimo "MANOLO & BLAHNIK" registrato dal pirata cinese.

Il quadro generale e la lezione da imparare

La decisione pare confermare un approccio evolutivo del sistema giudiziario e delle autorità amministrative cinesi, che stanno via via producendo decisioni esemplari e precedenti giurisprudenziali atti a promuovere il sistema di proprietà intellettuale del Paese. In effetti, Manolo Blahnik è l'ultimo di una lista di grandi marchi occidentali che recentemente hanno sconfitto dei pirati cinesi. Tra gli altri si contano anche Michael Jordan, l'azienda tedesca Brita e quella statunitense New Balance.

L'impressione generale è che ora le autorità cinesi siano meno esigenti nell'esaminare le prove destinate a dimostrare l'uso pregresso e la reputazione dei brand stranieri, nonché quelle che servono per avvalorare la tesi della malafede altrui. Per i legittimi titolari, le possibilità di vincere le cause sono, quindi, più alte rispetto a qualche anno fa.

Come muoversi nel sistema cinese First-to-file

La Cina è un Paese in cui di norma l'azienda che deposita per prima un marchio ne ottiene di diritto l’esclusiva. Sin dalla promulgazione della legge cinese sui marchi nel 1982 si è affermato questo principio, chiamato first-to-file. I suoi principali vantaggi sono la velocità e l’efficienza nell'esame dei marchi da parte dell’Ufficio cinese. Tuttavia, esso ha l’effetto collaterale di favorire la registrazione di marchi che violano i diritti anteriori dei legittimi proprietari, soprattutto se quest’ultimi non risiedono in Cina.

Con l’avvento di Internet, si è infatti sviluppato il fenomeno per cui i pirati cinesi presentano richieste di registrazioni per i marchi di un certo valore che trovano sui siti web stranieri. Nonostante il sistema first-to-file preveda la condizione per cui una domanda di marchio debba essere presentata in buona fede, in realtà la massa dei depositi in malafede in Cina è tutt’oggi enorme. Uno dei motivi principali di questo fenomeno è la mancanza di deterrenti: i pirati cinesi non sono tenuti a pagare le spese legali del vincitore di un'opposizione o di un'invalidazione, né a corrispondere un risarcimento danni in caso di mancati profitti.

La prevenzione è ancora una volta la cura migliore. Coloro che intendono entrare nel mercato cinese non devono sottovalutare il vantaggio di pianificare ed avviare l’iter di registrazione del marchio prima ancora di entrare nel mercato locale.

Spesso le imprese occidentali ottengono buoni risultati nella loro giurisdizione d'origine e inizialmente ignorano le prospettive del mercato cinese. Quando comprendono l’esigenza tutelare i propri diritti in Cina a volte è tardi e, dunque, si trovano ad affrontare più sfide di quante ne avrebbero avute se si fossero mosse per tempo.

Gli imprenditori stranieri devono avere un piano fin dall'inizio, scegliendo partner cinesi affidabili, formulando un piano di sviluppo aziendale appropriato in base alle esigenze del mercato cinese, e depositando la domanda di marchio il prima possibile, cioè in anticipo rispetto al debutto sul mercato locale.

Piano di riserva e armi di ultima istanza

Se qualche abusivo presenta una domanda di registrazione per il marchio per primo, ci sono comunque dei rimedi utili per il legittimo titolare, soprattutto quando quest’ultimo ha tenuto un archivio di prove che dimostrano la reputazione associata al proprio marchio.

Il fatto che un marchio sia vittima del principio first-to-file non deve per forza decretare la sua fine. L’uso pregresso può creare dei diritti di fatto rispettati dalle autorità cinesi; tuttavia, esso deve essere avvenuto anche in Cina e il marchio non registrato deve essere noto anche al pubblico cinese. Infatti, sebbene le autorità cinesi dichiarino di considerare la reputazione internazionale dei marchi stranieri, la reputazione in patria è tenuta in maggior conto.

Il caso di Manolo insegna che la tenuta di un catalogo completo ed esaustivo sull’uso del marchio è fondamentale. Spesso le difficoltà delle imprese straniere nascono proprio perché non si riescono a reperire la documentazione relativa alla diffusione del marchio legittimo in Cina.

Il quadro incerto

Il peso della decisione di Manolo Blahnik nella giurisprudenza cinese non è chiaro: non si sa ancora se sarà ammessa dai tribunali cinesi come un precedente vincolante o solo come un caso degno di attenzione.

Nell’incertezza, l'approccio più conveniente per i titolari di proprietà intellettuale che vogliono salvarsi dalla minaccia dell'abusivismo dei depositi in mala fede è quello di depositare per primi la domanda di marchio.

Infine, i titolari dei marchi non devono dimenticare che, nei procedimenti penali e giudiziari, le prove sulla distribuzione e sulla promozione del marchio, a livello internazionale – ma soprattutto in Cina – sono cruciali.

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