10 novembre 2023 Marchi, Technofashion Luca Mariani

A pochi sarà sfuggita l’ondata rosa che a luglio ha invaso le città e le spiagge assolate: improvvisamente sono apparsi tabelloni pubblicitari, capi d’abbigliamento e accessori a tema “Barbie” in tutte le strade e in tutte le vetrine; per non parlare delle foto e dei video apparsi sui social media. Il debutto cinematografico della bambola più famosa del mondo di certo non è passato in sordina: Mattel Incorporation (azienda titolare del marchio “Barbie” e fabbricante di giocattoli) ha unito le proprie forze con quelle di Warner Bross (casa cinematografica che ha prodotto l’omonimo film) creando una vera e propria tempesta pubblicitaria a livello mondiale.

Grazie all’esposizione mediatica fomentata dall’uscita del film, Mattel è riuscita a rilanciare un marchio d’impresa che – dopo 65 anni di vita patinata – si era un po’ opacizzato e soprattutto ha saputo capitalizzarne il valore tramite un numero infinito di collaborazioni con aziende di diversi segmenti industriali: basti pensare alla quantità e alla varietà di prodotti dalla tipica cromia magenta apparsi sul mercato. Eppure, bisogna sottolineare che, per ottenere questo risultato, Mattel per decenni ha sapientemente investito sul marchio “Barbie” tramite la registrazione di titoli in tutto il mondo e promuovendo un numero consistente di azioni giudiziali ed amministrative a salvaguardia dei suoi diritti.

La nascita del marchio Barbie e la sua ascesa nell’olimpo dei giocattoli

Il 2 luglio 1958 Mattel ha depositato il primo marchio “Barbie” negli Stati Uniti, chiedendone la tutela solo per una specifica categoria merceologica, ovvero le bambole. La relativa registrazione concessa il 1° dicembre 1959 è stato debitamente rinnovata fino ai giorni nostri, costituendo il nucleo originario del portafoglio di Mattel. Da allora, il produttore di giocattoli ha registrato numerose varianti del marchio primigenio, aumentando la gamma di prodotti e servizi oggetto di tutela e aggiungendo elementi grafici o denominativi, fortificando così le mura a salvaguardia del proprio brand. Per dare un ordine di grandezza, si consideri che, solo negli Stati Uniti, Mattel possiede attualmente 60 marchi registrati e 17 in corso di deposito contenenti la parola “Barbie”, in numerosi casi associata ad altre diciture, ad esempio: “Barbie Collector”, “Barbie and the Nutcracker”, Barbie Life in the Dreamhouse”, “The Barbie Look”, “Barbie Dreamtopia”, “Superstar Barbie”, “Barbie Powered Up”, “Barbie Video Game Hero”, “Barbie Sparkle Blast”, “Barbie Signature”, “Barbie Dreamhouse Adventures”, “Barbie on the Go”, “Barbie Princess Adventure”, “Holiday Barbie” o “Barbie Big City, Big Dreams”.

D’altro canto, Mattel non ha ancora registrato come marchio d’impresa la tipica cromia magenta che tinge ogni oggetto nel plastico mondo di Barbieland; cosa che invece Tiffany & Co. ha iniziato a fare verso la fine degli anni Novanta con il suo caratteristico azzurro Pantone 1837. Più precisamente il primo marchio Robin's Egg Blue è stato depositato il 19 settembre 1997 e registrato il 25 agosto 1998 come colore applicato alle confezioni, quali borse, scatole, custodie, rivestimenti e astucci, atti a contenere un’ampia gamma di prodotti di gioielleria, argenteria, profumeria e pelletteria.

Nulla impedisce al produttore di giocattoli di tentare in futuro la registrazione della famigerata sfumatura di rosa Barbie, che coincide con il codice Pantone 219C. In effetti con l’uso diffuso e persistente per i prodotti della gamma Barbie, tale cromia ha acquisito un livello non indifferente di riconoscibilità presso il pubblico dei consumatori, che hanno iniziato ad associarla all’impresa di Mattel. In questo modo, il colore ha acquisito una funzione ulteriore rispetto a quella del semplice ornamento estetico, ovvero quella di indicare l’origine imprenditoriale del prodotto sul quale è applicato. Non è escluso che Mattel possa ottenere la registrazione per il suo magenta in relazione all’imballaggio delle bambole e dei relativi accessori.

Un fatto curioso a tal proposito è che a inizio estate Warner Bross ha fatto pubblicare e affiggere una serie di manifesti integralmente dipinti di rosa e privi di qualsiasi immagine o contenuto promozionale. I cartelloni riportavano solo l’indicazione della data 22 luglio nell’angolo inferiore destro, corrispondente al giorno in cui sarebbe apparso nelle sale il film sopra citato. L’attenzione che ha suscitato questa iniziativa ha ripagato l’audacia della casa cinematografica e rafforzato la popolarità del Barbie Pink.

Barbie vs. the World: le dispute legali di Barbie

La storia dei marchi Barbie, tuttavia, non è stata priva di sfide ed ostacoli: in svariate occasioni Mattel ha dovuto adoperarsi per difendersi da soggetti che volevano sfruttare indebitamente la forza attrattiva del suo marchio. Non si parla infatti di una semplice bambola, ma di un oggetto iconico e status symbol, che al contempo rispecchia determinati canoni di bellezza e incoraggia valori associati al benessere e alla realizzazione personale. Tali caratteristiche rendono particolare appetibile l’agganciamento di altre aziende meno conosciute alla sua notorietà.

Tra le dispute legali più curiose che hanno coinvolto Mattel vale la pena di menzionare quella che la vide contrapporsi al gruppo musicale Aqua, portato al successo dalla canzone “Barbie Girl”, di fronte alla corte distrettuale della California. Il produttore di giocattoli fece causa alla band danese per violazione e “offuscamento” del marchio “Barbie”, sostenendo che la canzone collegava alla bambola delle frasi poco lusinghiere che svilivano l’immagine positiva del personaggio consolidatasi nei precedenti quarant’anni. MCA Records, etichetta discografica del gruppo, contrattaccò affermando che la canzone era una semplice parodia e che Mattel stava diffamando gli Aqua e commettendo atti contrari ai principi della concorrenza leale. Le pretese di Mattel furono definitivamente respinte e quelle di MCA archiviate dalla Corte d’Appello nel 2002.

Più recentemente il produttore di giocattoli ha presentato opposizione a carico della domanda di marchio statunitense “BRBY” depositata il 20 luglio 2022 da Burberry Limited in relazione ad articoli di abbigliamento e di pelletteria. Mattel sostiene che il marchio “BRBY” presenti un elevato grado di somiglianza con “Barbie” e che tale similitudine non sia casuale ma intenzionale, ovvero finalizzata a sfruttare indebitamente la reputazione del suo marchio. Anche Burberry ha giocato la carta della notorietà del proprio brand, sostenendo che il consumatore facilmente riconoscerà “BRBY” come una semplice abbreviazione di “Burberry”. Il caso è solo agli inizi per cui non è facile prevedere come andrà a finire; tuttavia, Mattel potrebbe aver trovato pane per i suoi denti (nuovamente).

A lezione da Barbie

Mattel Incorporation ha sempre avuto un approccio attento in materia di proprietà intellettuale, che si è concretizzato in puntuali attività di registrazione e difesa del proprio marchio. Basti pensare che il primo marchio “Barbie” è stato depositato quando la bambola era ancora in fase di preproduzione e, da allora, la casa produttrice ha accresciuto in maniera esponenziale il numero di marchi, ampliandone la copertura merceologica e territoriale, nonché tutelando di volta in volta gli slogan promozionali e i restyling del marchio “Barbie”.

Mattel Inc. ha difeso e continua difendere strenuamente il proprio marchio dalle contraffazioni e dagli di concorrenza sleale di terzi. Anche se tali iniziative possono sembrare aggressive, il successo di Barbie ci insegna che non bisogna mai sottovalutare i danni che la reputazione di un marchio può subire a causa delle imitazioni servili o della concorrenza parassitaria dei terzi. Tale strategia, infatti, ha ampiamente ricompensato Mattel posto che oggi l’azienda è proprietaria del quarto brand di giocattoli più quotato al mondo, il cui valore nel 2023 è stimato in circa 701 milioni di dollari.

 

Articolo di Luca Mariani per Technofashion