La disciplina delle denominazioni d’origine e delle indicazioni geografiche protette non sembra smettere di dare vita a conflitti interpretativi e applicativi, nella costante tensione tra la necessità degli operatori del luogo di impedire che terzi si avvantaggino abusivamente della reputazione dei loro prodotti, da loro creata mediante uno sforzo qualitativo, e la naturale esigenza dei concorrenti di utilizzare denominazioni che in molti casi si avvicinano all’oggetto della protezione.

Il lungo processo di armonizzazione normativa a livello di Unione Europea ha condotto all’introduzione del regolamento del 2012, attualmente in vigore, che rappresenta il punto di riferimento comune a tutti i sistemi di qualità certificata delle Indicazioni Geografiche agroalimentari.

L’ammissione a protezione di una DOP o di una IGP, oltre a generare importanti ritorni economici per tutti i soggetti che operano all’interno della filiera di riferimento, è ambita anche per il pregnante grado di tutela che la normativa conferisce all’oggetto della denominazione o dell’indicazione una volta registrata, protetta nei confronti di qualsiasi uso commerciale improprio, imitazione, usurpazione, evocazione, o altra indicazione falsa o ingannevole relativa al prodotto DOP e IGP.

La tutela conferita dalle DOP e dalle IGP, infatti, non sembra limitarsi all’indicazione geografica in essa inclusa, ma anche al segno nel suo complesso e quindi anche all’elemento “generico” o potenzialmente descrittivo in essa contenuto, giungendo quindi a impedire qualsiasi avvicinamento da parte di terzi.

Secondo l’interpretazione data dalla Corte di Giustizia al dettato normativo, può esservi evocazione quando il Marchio Unione Europea (MUE) contestato incorpora la parte significativa di una denominazione di origine di modo che il MUE contestato faccia sorgere nella mente dei consumatori un collegamento con il prodotto la cui designazione è protetta.

Ciò che ci si chiede, quindi, è se la “parte significativa” di una denominazione di origine sia la parte verbale considerata nella sua interezza oppure se all’interno di questa vi siano elementi più significativi di altri con la conseguenza che le parti considerate meno essenziali possano essere riprodotte in marchi simili da parte di terzi senza incorrere in violazioni della DOP stessa.

Le DOP “Morellino di Scansano” e “Morellino”

In un recente caso, avente ad oggetto la domanda di marchio dell’Unione Europea per il segno MORELLONE (si veda immagine a destra) in classe 33 per “vini”, il Consorzio a tutela del vino Morellino di Scansano si è attivato in opposizione contro la domanda in questione sostenendo un contrasto con le DOP “Morellino di Scansano” e “Morellino” protette sia a livello di Unione Europea che a livello italiano. In primo grado la Divisione di Opposizione dell’EUIPO, chiamata a giudicare sull’eventuale contrasto, aveva rilevato che la DOP “Morellino” non risultava correttamente registrata e che quindi il conflitto dovesse essere determinato con riferimento alla DOP “Morellino di Scansano”.

Nella visione del Consorzio il fatto che la domanda di marchio avesse ad oggetto un segno figurativo all’interno del quale l’elemento dominante risulta essere il termine MORELLONE costituisce violazione della DOP poiché tale somiglianza concretizza una violazione dell’articolo 103 del Regolamento 1308/2013. Il pubblico, infatti, posto di fronte al marchio impugnato, che identifica in concreto un vino rosso, concentrerà la propria attenzione sul termine MORELLONE che collegherà inevitabilmente alla DOP “Morellino di Scansano”.

L’EUIPO non ha condiviso la tesi; la DOP “Morellino di Scansano” non potrebbe essere artificiosamente scomposta nelle due componenti Scansano, indicazione geografica del comune in provincia di Grosseto da cui originano i vini protetti, e Morellino, termine che in lingua italiana sarebbe un diminutivo di morello e che alluderebbe verosimilmente al colore del vino, oltre ad essere un sinonimo di Sangiovese, vitigno la cui uva compone per una percentuale dell’85% il vino oggetto di protezione tramite la DOP “Morellino di Scansano”.

In altre parole, la domanda di marchio opposta non riprende la parte della DOP che contiene l’indicazione geografica, ossia “Scansano”, presentandosi più simile, al limite, alla porzione Morellino che all’interno della DOP avrebbe una valenza descrittiva sia del colore del vino che del nome del vitigno da cui il vino è prodotto.

La conseguenza del ragionamento è che la DOP Morellino di Scansano è suscettibile di essere tutelata da tentativi di usurpazione, evocazione e/o imitazione nella sua interezza, mentre la stessa tutela non potrebbe essere riconosciuta all’elemento MORELLINO considerato da solo.

Alla valutazione di cui sopra si aggiunge la considerazione che anche nella domanda oggetto di impugnazione il termine MORELLONE assume una valenza descrittiva in quanto anche in questo caso indicativo del colore del vino.

Per le motivazioni esposte, la Divisione di Opposizione ha ritenuto che la domanda di marchio depositata in classe 33 per vini non violasse la DOP Morellino di Scansano e potesse quindi essere ammessa a registrazione.

L’Esaminatore sembra quindi aver accolto l’approccio secondo cui la protezione accordata alle denominazioni di origine e alle indicazioni geografiche si deve limitare al nome nella sua interezza e non può essere estesa ad elementi non distintivi o generici nel caso di un nome composto da più componenti.

A fronte della decisione commentata, il Consorzio a tutela del Morellino di Scansano, non condividendo l’esito della controversia, non si è dato per vinto e ha proposto un ricorso alla Commissione dei Ricorsi dell’EUIPO, organo di secondo grado preposto a rivedere le decisioni della divisione di opposizione, chiedendone l’annullamento.

La Commissione di Ricorso, tuttavia, confermando la problematicità del tema, ha emesso un provvedimento di sospensione in data 5 aprile 2022 in attesa che venga definita la controversia n. 474/21 attualmente in esame dinanzi al Tribunale Generale dell’Unione Europea relativa all’analoga questione del potenziale conflitto tra la domanda di marchio per il segno verbale AMICONE e la DOP Amarone della Valpolicella.

Il caso AMICONE/ AMARONE DELLA VALPOLICELLA

Il caso AMICONE/AMARONE DELLA VALPOLICELLA presenta gli stessi profili della questione in esame; questa volta, in seguito alla concessione del marchio AMICONE, il Consorzio per la Tutela dei Vini Valpolicella si è attivato chiedendone l’annullamento per contrasto sia con la menzione tradizionale garantita “Amarone” che con la DOP “Amarone della Valpolicella”.

La Divisione di Annullamento si era pronunciata in prima istanza sulla questione respingendo la richiesta di annullamento del Consorzio rilevando la distanza concettuale tra i termini AMICONE e AMARONE, distanza che non consentirebbe ai consumatori di stabilire quel nesso necessario ad integrare la fattispecie dell’evocazione; in secondo luogo, poi, la componente AMARONE non è stata ritenuta parte essenziale della DOP, in quanto elemento secondario atto anche a comunicare al pubblico caratteristiche tipiche di vini provenienti dalla Regione Valpolicella e prodotti secondo il metodo tradizione utilizzato tipicamente nella Regione indicata.

In maniera analoga, nel caso MORELLONE/MORELLINO DI SCANSANO si era rilevato che MORELLONE è la denominazione di un vitigno di Sangiovese.

Alla luce di queste valutazioni, la domanda di annullamento era stata respinta in primo grado; la decisione tuttavia, sottoposta ad appello, è stata riformata dalla Commissione di Ricorso EUIPO. Innanzitutto la Commissione si è concentrata sul fatto che l’evocazione non deve essere valutata solo sulla base delle somiglianze tra i segni, ma anche sulla possibilità che il pubblico dell’Unione Europea effettui un collegamento tra il marchio contestato e la DOP registrata, associando i relativi prodotti.

Alla luce di quanto precede, quindi, le differenze concettuali tra AMARONE e AMICONE avrebbero un peso meno importante rispetto a quanto ritenuto dalla Divisione in primo grado, soprattutto considerando che i termini sono simili visivamente e foneticamente e che il pubblico di riferimento è quello dell’Unione Europea; è improbabile che consumatori diversi da quelli italiani sarebbero in grado di comprendere il significato concettuale delle parole in questione, mentre è più probabile che i consumatori dell’Unione colleghino AMARONE al vino protetto dalla DOP. La Commissione poi ha considerato che il termine AMARONE possa costituire una parte significativa della DOP “Amarone della Valpolicella”. Se è vero, da un lato, che AMARONE non costituisce un’indicazione geografica, è altrettanto vero che tale menzione tradizionale, a differenza di altre quali, ad esempio, “Classico”, “Fine”, “Vino dolce naturale”, “Novello, “Superiore”, ecc., è esclusivamente associata ai vini della Valpolicella e, in particolare, alla DOP “Amarone della Valpolicella”. Inoltre, la Commissione osserva come l’importanza del termine AMARONE nella DOP “Amarone della Valpolicella”. sia confermata dal fatto che la protezione contro l’evocazione della componente geografica “Valpolicella” è assicurata dalla diversa DOP “Valpolicella”, anch’essa tutelata ai sensi dell’articolo 107 Regolamento (UE) n. 1308/2013. In altre parole, se “Valpolicella” fosse l’unica componente significativa della DOP degna di tutela, non vi sarebbe alcuna necessità della DOP “Amarone della Valpolicella”, così come peraltro delle DOP “Recioto della Valpolicella” e “Valpolicella Ripasso”. La Commissione ha reputato anche che ritenere che “Amarone” non costituisce una parte significativa della DOP contrasta con la realtà del mercato e la percezione del pubblico dell’Unione europea, abituato alla frequente presentazione dei vini a DOP “Amarone della Valpolicella” semplicemente tramite l’utilizzo del termine “Amarone” tout court.

Per ultimo, la Commissione indicava come la posizione assunta dalla Divisione di Annullamento fosse in contrasto con quanto precedentemente deciso nel caso R 400/2018-2, RECIOJITO / RECIOTO DI SOAVE nel quale il termine “Recioto” (che, al pari di “Amarone”, è una menzione tradizionale protetta) è stato ritenuto una parte significativa della DOP “Recioto della Valpolicella”. La decisione della Commissione dei Ricorsi, resa in data 7 giugno 2021, è stata impugnata dal titolare della registrazione AMICONE dinanzi al Tribunale Generale dell’Unione Europea; la controversia è tuttora in corso di definizione. Non resta che attendere la relativa decisione, i cui impatti si rifletteranno anche sul caso  MORELLONE/MORELLINO DI SCANSANO, per trarre le conclusioni sull’ampiezza della protezione riconosciuta alle DOP e alle IGP, sempre meno limitata, sembrerebbe, all’indicazione geografica in sé per sé ma estesa anche alle componenti potenzialmente descrittive incluse nella denominazione, purché atte a identificare i prodotti protetti tra i consumatori.