Sebbene parte del tessuto industriale italiano sia ancora refrattario a comprendere l’importanza di proteggere tempestivamente le proprie invenzioni e i propri segni distintivi, gli strumenti offerti dalla proprietà industriale - marchi, brevetti, modelli e know how - sono divenuti negli anni armi imprescindibili per poter penetrare i mercati stranieri e per valorizzare gli intangible asset delle aziende.

Perché depositare i marchi?

Il deposito tempestivo e la difesa puntuale dei propri marchi attività che, inutile negarlo, comportano investimenti talvolta non esigui consentono da un lato di approcciare serenamente i mercati di interesse, e dal'’altro di combattere in maniera più incisiva ed efficace tutte le ipotesi di contraffazione. Va infatti ricordato che il marchio altro non è che un diritto di esclusiva all'utilizzo di un dato nome o logo in relazione a uno o più prodotti e servizi. L’assenza di tale diritto in un Paese con la concomitante esistenza di un marchio identico o simile, depositato per i medesimi prodotti e servizi (o affini) da parte di soggetti terzi, può precludere all'azienda la possibilità di commercializzare i propri prodotti. Parimenti, l’assenza del deposito di un marchio in un dato Paese impedisce all'azienda di con- testare quei soggetti che utilizzino i marchi della stessa in evidente malafede. Quest'ultimo fenomeno è tipico della Cina, nazione in cui, in assenza di un marchio registrato, non è possibile contrastare ipotesi di evidente contraffazione. In tale scenario è interessante valutare in modo comparato alcune statistiche relative al deposito di marchi, tratte dal sito del Wipo (World Intellectual Property Organization, l’ufficio con sede a Ginevra presso il quale si depositano i marchi internazionali) relative ai tre Paesi europei maggiori produttori di vino: Italia, Francia e Spagna.

I trend di Italia, Francia e Spagna

Con riferimento ai grafici 1, 2 e 3, è interessante notare come i primi dieci Paesi in cui gli operatori del settore italiani e francesi hanno depositato i propri marchi nel 2016 (ultimo anno in relazione al quale sono stati pubblicati i dati) coincidano quasi perfettamente. Fatta eccezione per il primo posto (gli italiani depositano la maggior parte delle proprie privative in Italia e i francesi in Francia), gli altri nove sono sostanzialmente identici. È pertanto evidente che i maggiori mercati di sbocco per i produttori italiani e francesi siano per un verso quelli del Nord America (Usa e Canada) e per un altro quelli del Far East (Cina, Giappone Australia e Hong Kong su tutti). Assai rilevanti sia per noi che per i cugini d’oltralpe anche la Russia (quinta per gli italiani, sesta per i francesi) e la Svizzera (settima in entrambi i casi). La medesima statistica (depositi effettuati nell'anno 2016) ci segnala invece che il mercato spagnolo ha peculiarità legate con molta probabilità a ragioni linguistico-culturali se è vero che nella top-ten iberica compaiono il Messico (al quarto posto) e la Colombia (al quinto) a scapito di Hong Kong e Australia, entrambi presenti nella graduatoria riferita all'Italia e alla Francia. In generale, la statistica pare suggerire che per gli spagnoli il Far East sia al momento meno strategico. 

grafico italia deposito marchi enologici

grafico francia spagna deposito marchi enologici

 

L’Italia punta sull’Europa...

Entrando nel dettaglio dei dati forniti dal WIPO, è possibile effettuare ulteriori valutazioni relativamente al numero di deposito effettuati e al trend degli stessi in alcuni Paesi di interesse per i produttori italiani, francesi e spagnoli.

grafico deposito marchio per territorio di origine

Il grafico 2 riporta i depositi di marchio effettuati dai singoli operatori nei propri territori di origine dal 2012 al 2016. È evidente che i francesi abbiano una tendenza a tutelare i propri marchi localmente assai più elevata rispetto a spagnoli e italiani (il dato italiano del 2013 non è disponibile). È possibile interpretare il dato immaginando che vi sia una maggiore predisposizione al deposito di marchi locali anche per le piccole aziende francesi, fenomeno non ancora consolidato in Italia e Spagna. Quanto detto è tuttavia mitigato e in parte contraddetto da quanto rappresentato nel grafico 3 nel quale sono racchiusi i dati riguardanti i depositi di marchi nell'Unione Europea nel medesimo quinquennio 2012-2016. Ricordiamo che i marchi dell’Unione Europea sono quelle privative che si depositano presso l'Euipo (European Union Intellectual Property Office) e che sono valide in tutti i 28 paesi dell’Unione (per ora anche in Regno Unito). Se la tendenza francese al deposito di marchi nel proprio Paese d’origine è assai elevata, in ambito comunitario succede esattamente il contrario. Come possiamo notare è l’Italia che primeggia in questa classifica, seguita dalla Spagna e dalla Francia, abbondantemente staccata.

grafico deposito marchio unione europea

...e la Francia sulla Cina

Il grafico 4 è relativo ai depositi effettuati in Cina da operatori del settore vino italiani, francesi e spagnoli nel quinquennio 2012-2016. Pare evidente in questo caso poter desumere come il sistema francese abbia maggiormente penetrato il mercato cinese effettuando molti più depositi di marchio dei colleghi italiani e di quelli spagnoli e così facendo abbia creato un notevole vantaggio competitivo rispetto ai propri concorrenti.

grafico deposito marchi cina 2016

USA equamente presidiati

Più equilibrata invece la situazione relativa ai depositi effettuati nel quinquennio 2012-2016 negli Stati Uniti (grafico 5). In questo caso le statistiche paiono più omogenee e le differenze non sostanziali. Tutto ciò sembra dimostrare sia un equivalente interesse degli operatori di questi tre Paesi rispetto al mercato americano, sia una simile capacità di presidiare il territorio statunitense.

grafico deposito marchi usa 2016

Crescono i depositi di marchi italiani

Quanto al trend italiani, osservando i grafici è possibile notare come sia in aumento in tutti e quattro i territori oggetto di osservazione: in Italia si è passati da circa 2700 depositi del 2012 agli oltre 3100 del 2016; in Unione Europea dai 680 del 2012 agli oltre 1000 del 2016; in Cina dai poco più di 170 del 2012, agli oltre 340 del 2016; negli Stati Uniti (Paese in cui si registra la variazione meno consistente) dai 290 del 2012 ai 298 del 2016. Nel complesso dunque è possibile affermare che gli operatori del settore vitivinicolo italiano, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, abbiano un’attitudine al deposito di marchi sostanzialmente equivalente a quella dei cucini francesi e superiore, sebbene non di molto, ai colleghi spagnoli. È dunque lecito ritenere che la stabile presenza degli operatori vitivinicoli italiani nell'attuale mercato globalizzato (che li costringe a confrontarsi con concorrenti agguerriti), unitamente all'opera di divulgazione effettuata da oltre un decennio da chi si occupa di Proprietà Industriale e agli incentivi statali al deposito di privative (dal Patent Box ai bandi regionali) abbiano dato i loro (primi) frutti.