L’etichettatura o branding sensoriale è una strategia pubblicitaria e di marketing che permette alle imprese di produrre un ricordo perdurante nella memoria del consumatore. Un marchio tradizionale normalmente viene percepito con la vista, mentre l’idea del branding sensoriale è quella di creare un’esperienza a tutto tondo per il cliente, che coinvolga anche gli altri sensi quali: l’udito, l’olfatto, il tatto, il gusto, così come la percezione del movimento di un corpo nello spazio e la combinazione di più livelli percettivi. Questo presuppone la creazione di segni distintivi che, oltre a essere visti, vengono anche ascoltati, odorati, toccati o assaporati. Ad esempio, alcune aziende produttrici di abbigliamento all’interno dei loro negozi monomarca diffondono una specifica fragranza, che può anche essere applicata sulla merce in vendita.
Un’altra strategia di branding sensoriale è quella di realizzare superfici di oggetti o trame di tessuti che provocano una particolare sensazione al tatto di chi li utilizza o li indossa. Invece, in campo tecnologico, possono diventare segni distintivi i suoni o le melodie che caratterizzano le funzionalità dei telefoni, tablet, computer e altri dispositivi elettronici. Si pensi al tema musicale di accensione, all’avviso sonoro delle notifiche oppure la suoneria della sveglia, che sono facilmente riconoscibili dall’utente esposto quotidianamente e ripetutamente al loro motivo.
Secondo gli esperti, questi elementi sensoriali possono produrre delle connessioni emotive profonde con il prodotto o il servizio cui sono associati, che perdurano nell’inconscio del consumatore e che possono riemergere nel momento della successiva esposizione, anche a distanza di anni. Gli stimoli sonori, olfattivi, tattili e gustativi coinvolgono aree del nostro encefalo associate alla funzione mnemonica e a quella emotiva più di quanto possano fare gli elementi visivi. Viene da sé che, grazie a questa loro proprietà, essi possono diventare un’impronta caratterizzante ovvero un segno distintivo dell’impresa che li ha creati, anche se non sempre hanno le caratteristiche necessarie per essere registrati come veri e propri marchi d’impresa.
La registrazione dei marchi “sensoriali”
Il passo successivo alla creazione di un marchio “sensoriale” o “non convenzionale” è quello di ottenere la sua tutela; tuttavia, solo alcuni tra questi segni distintivi hanno i requisiti per qualificarsi come marchio d’impresa e, di conseguenza, possono ottenere un titolo di registrazione. Prima di tutto bisogna considerare che in proposito non esiste una normativa uniforme a livello internazionale, ma che le leggi variano in funzione del territorio e, dunque, dell’ordinamento giuridico interessato. In questo paragrafo terremo in considerazione la legge e la prassi applicate dall’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale (EUIPO), ovvero l’autorità che gestisce e supervisiona l’iter di concessione dei Marchi dell’Unione Europea. In particolare, vedremo perché l’EUIPO ammette la registrazione dei marchi sonori, multimediali e di movimento, ma non quella di marchi olfattivi, gustativi e tattili.
Partendo dalle tipologie che possono essere registrate, troviamo in primis il marchio sonoro, che è un marchio composto esclusivamente da un suono o da una combinazione di suoni e che deve essere depositato sotto forma di file audio (MP3). La registrazione deve riprodurre il suono o l’effetto acustico prescelto dall’azienda o, in alternativa, una sua trascrizione completa ed accurata come notazione musicale. In seconda posizione troviamo il marchio multimediale, che è costituito da una combinazione di immagine e suono e che deve essere rappresentato sotto forma di un file audiovisivo, cioè di un video digitale (MP4). Infine, un marchio di movimento tutela il moto o il cambio di posizione degli elementi o dei colori all’interno di un’immagine. Un marchio di movimento deve essere depositato sotto forma di video digitale privo di suoni (MP4) o, in alternativa, come sequenza di fotogrammi che mostrano il movimento o il cambio di posizione degli elementi o colori.
Passiamo ora ai segni distintivi non convenzionali che, al contrario, non sono ammessi alla registrazione secondo le Direttive dell’EUIPO. In particolare, gli elementi olfattivi o gustativi relativi a odori, profumazioni o sapori non sono accettati dall’EUIPO, perché non è possibile ottenerne una rappresentazione chiara, precisa, autonoma, facilmente accessibile, intellegibile, durevole e obiettiva – come prescritto dall’Articolo 3, paragrafo 1, REMUE (Regolamento di Esecuzione del Marchio dell’Unione Europea). L’ostacolo è banale ma non facilmente superabile: lo stato attuale della tecnologia, infatti, non permette di avere un archivio consultabile che permetta a chiunque di verificare (ovvero, annusare o assaporare) quali proprietà caratterizzano questi marchi “sensoriali” e che consenta di preservarli immutati nel tempo (si tenga anche presente che i campioni “analogici” non sono ammessi dall’Ufficio).
Infine, i marchi tattili relativi all’effetto tangibile di uno specifico materiale o di una determinata superficie (per esempio le indicazioni in alfabeto braille o la finitura esterna di un oggetto) non sono accettabili perché l’Articolo 4 RMUE (Regolamento del Marchio dell’Unione Europea) prevede che il marchio debba essere rappresentato nel registro in maniera tale da consentire alle autorità competenti e al pubblico di determinare in modo chiaro e preciso l’oggetto della protezione garantita al suo titolare. Anche in questo caso, con i mezzi tecnologici attuali non si può creare un archivio fruibile che permetta di dedurre con certezza la sensazione tattile conferita da un prodotto.
Le sfide del mondo sensoriale per le imprese
Dal momento che è difficile e talvolta impossibile ottenere la registrazione di un marchio sensoriale, creare una linea di difesa attorno a questi segni distintivi può diventare una vera sfida per le imprese che ne sono titolari. La natura inconsueta di alcuni, e non codificata di altri, tra questi marchi fa sì che la loro protezione sia subordinata alla prova materiale della loro esistenza e all’interpretazione discrezionale dell’autorità adita (che sia il Giudice o il funzionario amministrativo chiamato a pronunciarsi sul caso).
La pietra miliare da raggiungere è la capacità distintiva degli elementi sensoriali: mentre i marchi composti da parole o immagini possono agevolmente indicare l’origine imprenditoriale dei prodotti o dei servizi contraddistinti, è più difficile provare che i marchi sensoriali riescano a creare una connessione univoca tra i prodotti e i servizi e le aziende che li hanno generati. Il preconcetto da superare è il fatto che questi elementi abbiano una funzione meramente decorativa o funzionale. Per questo, gli imprenditori devono costantemente e coerentemente educare i consumatori a riconoscere determinati profumi, gusti, suoni o textures e collegarli alla loro azienda.
I titolari devono, dunque, dimostrare che i loro marchi non convenzionali hanno acquisito attraverso un uso esteso e prolungato nel tempo il riconoscimento da parte dei consumatori e, dunque, un livello minimo di carattere distintivo. Le imprese possono affrontare questo problema creando una raccolta di materiale probatorio che dimostra il modo in cui il loro segno distintivo viene utilizzato e percepito sul mercato. Essa potrà includere sondaggi di opinione tra i consumatori, dati di fatturato e di vendita, documentazione riguardante le iniziative pubblicitarie, cataloghi e dépliant illustrativi, articoli di giornali e riviste, premi e riconoscimenti, così come ogni altro mezzo probatorio riguardante l’aspetto sensoriale degli elementi distintivi presi in considerazione.
I marchi sensoriali hanno la missione di evocare la linea stilistica dell’azienda che li ha creati e collegarsi alle caratteristiche precipue dei suoi prodotti e servizi, contribuendo a creare l’identità del brand. Per cui un’azienda del settore tessile che produce tappezzerie dalle trame damascate potrà diffondere nei propri showroom delle essenze che richiamo l’incenso, i legni profumati e le spezie. Queste fragranze avvolgenti, opulente e lussuose richiamano, infatti, le origini medio-orientali delle lavorazioni e la natura pregiata delle tele, che vengono normalmente impiegate per l’arredo di ambienti sacri e signorili. Gli elementi distintivi sensoriali sono degli strumenti utili per elevare ed imprimere nella mente dei consumatori l’immagine di un brand.
L’importanza di avere una identità e un’immagine di brand
Nel settore della moda il marchio d’impresa è indispensabile affinché l’acquirente possa individuare chi ha prodotto un determinato capo e distinguerlo da quelli che provengono da altre aziende. La presenza del marchio favorisce la creazione di un rapporto di apprezzamento e di fidelizzazione tra il consumatore e il brand.
Le strategie pubblicitarie di una casa di moda sono spesso rivolte a creare una determinata identità di marca (brand identity) che rappresenti la filosofia e i valori aziendali. In generale, la brand identity si esprime attraverso le caratteristiche, la qualità e il posizionamento dei prodotti e dei servizi offerti, così come i riferimenti culturali e artistici che ispirano i contenuti pubblicati sul sito web e nei social networks. Si pensi, ad esempio, a quelle imprese manifatturiere, votate all’esclusività, che realizzano prodotti di pelletteria realizzati a mano, proposti in vendita solo in negozi selezionati a prezzi elevatissimi e pubblicizzati solo tramite passaparola. L’identità di marca deve essere vista come una vetrina sugli ingranaggi dell’impresa, che serve capire il cuore, il motore che muove il brand.
Invece, l’immagine del brand (brand image) è l’epidermide, la carrozzeria che ricopre la macchina dell’impresa, ovvero ciò che viene percepito dal pubblico dei consumatori e che rimane impresso nella loro memoria. La brand image è la prima cosa che balza alla mente al consumatore quando sente nominare il marchio di una determinata maison. Con il tempo il consumatore impara ad associare un determinato brand a specifici concetti (ad esempio: lusso, esclusività, opulenza, eccetera), che sono dettati dalle scelte stilistiche e artistiche del designer o del direttore creativo.
Il marchio d’impresa, in definitiva, è il perno attorno al quale ruotano entrambi questi concetti. Per cui nella mente del consumatore che vede un determinato marchio d’impresa affiora una determinata immagine di brand, che a sua volta si fonda sui principi racchiusi nell’identità aziendale creata e divulgata dall’impresa.
La strategia della brand community
Facilitate dalla diffusione capillare dei social networks e dall’ascesa degli influencer, nascono sempre più frequentemente dei circoli virtuali che radunano gli appassionati di un determinato marchio, creati spontaneamente dagli utenti oppure dietro l’impulso delle imprese e degli influencers.
Gli utenti così fruiscono dei contenuti proposti in questi spazi virtuali, interagiscono tra di loro e con le aziende produttrici, dando vita alle cosiddette “brand communities”. Questo fenomeno può essere estremamente vantaggioso per le case di moda poiché permette loro di raccogliere le recensioni e il “sentiment” dei clienti, stimolando – tramite la proposta di sconti e offerte d’acquisto – una fidelizzazione del pubblico verso il brand.
Nike ha sfruttato questa strategia creando il “Nike Run Club”, un’applicazione che permette agli interessati di partecipare a sfide individuali a distanza o di radunarsi per correre in gruppo e che mette a disposizione un servizio di coaching, per strutturare l’allenamento e migliorare la performance. Anche il primo concorrente di Nike, ovvero Adidas, ha sviluppato e lanciato uno spazio di informazione e condivisione per i suoi appassionati chiamato “Adiclub”, nel quale gli iscritti possono acquistare e recensire i prodotti, guadagnando punti per sbloccare esperienze esclusive, prodotti, buoni e sconti.
L’insegnamento del branding sensoriale
In conclusione, l'aspetto più importante dei marchi sensoriali è che permettono di provocare nei consumatori una connessione emotiva con il brand e questo fenomeno aumenta il vantaggio competitivo delle imprese che li impiegano. Tuttavia, un risultato tangibile può essere raggiunto solo superando determinate sfide dal punto di vista giuridico, in modo da dimostrare la capacità distintiva di questi segni e, quando possibile, ottenerne la registrazione. Se usati in modo efficace, i marchi non convenzionali diventano uno strumento strategico per le aziende, che possono così offrire ai propri clienti esperienze di marca significative e memorabili.
Articolo di Luca Mariani per Technofashion