La controversia, iniziata nel 2016, ha visto la contrapposizione da un lato della società Duca di Salaparuta S.p.A., titolare di marchi contenenti il termine “Salaparuta”, dall’altro del Ministero dell’Agricoltura insieme al Consorzio di tutela per la Denominazione di Origine Controllata DOC “Salaparuta” e di alcune cantine produttrici di vini contraddistinti da quest’ultima
La normativa dell’Unione Europea sulle Denominazioni di Origine Protette (DOP) e sulle Indicazioni Geografiche Protette (IGP) è un pilastro per la protezione dei prodotti agroalimentari e vinicoli. Si tratta di strumenti attraverso i quali non solo viene riconosciuto il valore storico, culturale ed economico delle indicazioni geografiche, ma viene altresì rafforzata l’eccellenza dei prodotti da queste contraddistinti.
DOP e IGP sono state istituite nell’ambito dell’Unione Europea nel 1992. Da allora la normativa EU in tema di indicazioni geografiche è stata oggetto di numerosi interventi. Il più recente, il Regolamento EU 2024/1143, ha introdotto delle significative novità. In particolare, ha unificato i regimi delle indicazioni dei prodotti agroalimentari e dei vini, prima disciplinati separatamente, ponendosi l’obiettivo di costituire un quadro unico e armonizzato per la tutela e la gestione di DOP e IGP, cristallizzando al suo interno principi e criteri messi in evidenza negli anni dalla giurisprudenza.
Per quanto più nel dettaglio riguarda i vini, prima che entrasse in vigore il sistema EU di DOP e IGP, l’Italia, al pari di altri paesi europei, disponeva già di un sistema di riconoscimento e protezione delle indicazioni geografiche che prevedeva le menzioni, ancora oggi utilizzate, di DOC, DOCG e IGT. In forza del Regolamento EU 479/2008, le denominazioni d’origine già riconosciute a livello nazionale sulla base della precedente normativa, sono state integrate nel sistema unitario, ottenendo automaticamente la protezione nell’ambito della EU mediante la loro iscrizione come DOP e IGP nel Registro europeo.
Una questione ancora aperta
Tra i vari temi che sia la normativa passata sia quella oggi vigente ha considerato e trattato un aspetto di particolare importanza è sempre stato rappresentato dal rapporto tra marchi aziendali e indicazioni geografiche e, più nello specifico, dalla disciplina di loro possibili conflitti. Come dimostrano anche i più recenti articoli pubblicati su questa rivista, la casistica sul punto vede comunemente a confronto indicazioni geografiche con successivi marchi e ha per oggetto l’accertamento della violazione delle prime. La normativa è chiara nel prevedere che un marchio che violi un’anteriore DOP o IGP venga respinto o invalidato. I Regolamenti EU, tuttavia, hanno previsto e disciplinato anche il caso inverso in cui sia l’indicazione geografica ad essere successiva a un marchio.
La questione non ha ricevuto dai Regolamenti che temporalmente si sono succeduti una disciplina costante. Ad essere più precisi si può certamente affermare che l’approccio e la soluzione a questa specifica tipologia di conflitto sono stati nel tempo del tutto ribaltati. A conferma di questo si deve considerare che inizialmente si era imposta un’ottica di prevalenza della protezione delle indicazioni geografiche su quella dei marchi. Il Regolamento N. 1493/1999 prevedeva, infatti, che la registrazione di una DOP o una IGP compromettesse l’uso di marchi qualora aventi termini identici alle indicazioni geografiche anche se registrati da data anteriore al riconoscimento di queste ultime. Unica eccezione era rappresentata da marTra i vari temi che sia la normativa passata sia quella oggi vigente ha considerato e trattato un aspetto di particolare importanza è sempre stato rappresentato dal rapporto tra marchi aziendali e indicazioni geografiche e, più nello specifico, dalla disciplina di loro possibili conflitti.
Come dimostrano anche i più recenti articoli pubblicati su questa rivista, la casistica sul punto vede comunemente a confronto indicazioni geografiche con successivi marchi e ha per oggetto l’accertamento della violazione delle prime. La normativa è chiara nel prevedere che un marchio che violi un’anteriore DOP o IGP venga respinto o invalidato. I Regolamenti EU, tuttavia, hanno previsto e disciplinato anche il caso inverso in cui sia l’indicazione geografica ad essere successiva a un marchio. La questione non ha ricevuto dai Regolamenti che temporalmente si sono succeduti una disciplina costante. Ad essere più precisi si può certamente affermare che l’approccio e la soluzione a questa specifica tipologia di conflitto sono stati nel tempo del tutto ribaltati.
A conferma di questo si deve considerare che inizialmente si era imposta un’ottica di prevalenza della protezione delle indicazioni geografiche su quella dei marchi. Il Regolamento N. 1493/1999 prevedeva, infatti, che la registrazione di una DOP o una IGP compromettesse l’uso di marchi qualora aventi termini identici alle indicazioni geografiche anche se registrati da data anteriore al riconoscimento di queste ultime. Unica eccezione era rappresentata da marchi già esistenti che fossero stati registrati da almeno 25 anni e utilizzati in questo lasso di tempo in modo continuativo. I marchi anteriori che rispondevano a tali condizioni non potevano in ogni caso determinare l’invalidità di successive DOP o IGP; potevano solo continuare ad essere usati nell’ambito di un regime di coesistenza con le indicazioni geografiche.
Solo successivamente, grazie al Regolamento 479/2008, è stata introdotta una diversa disciplina. Questa ha determinato un radicale cambiamento nella relazione marchi/DOP-IGP, facendo venire meno il ruolo da protagonista di queste ultime. In una prospettiva di bilanciamento dei diritti e degli interessi coinvolti è stata infatti riconosciuta la possibilità che un marchio anteriore potesse impedire la registrazione di una successiva DOP e IGP. Nel dettaglio, l’articolo 42, comma 2 del Regolamento 479/2008 prevedeva che una denominazione di origine o un’indicazione geografica non potesse essere registrata se, in ragione di un marchio anteriore che godesse di notorietà, la sua protezione potesse indurre in errore il consumatore sulla vera identità del vino. Si prevedeva inoltre che un marchio, registrato o usato anteriormente alle indicazioni geografiche, potesse continuare ad essere usato.
Il recente Regolamento UE 2024/1143 ha oggi consolidato questo diverso approccio, segnando definitivamente il venire meno di una incondizionata prevalenza delle indicazioni geografiche sui marchi commerciali.
Il caso Salaparuta
Il caso SALAPARUTA qui in esame, oggetto della recente sentenza della Corte di Giustizia UE dell’11 settembre 2025 nella causa C-341/24, si inserisce in questo intrico di norme e di cambi di prospettive. La vicenda, infatti, ha a che vedere con le questioni sopra brevemente richiamate: l’integrazione della protezione nazionale delle DOC nella protezione EU delle DOP/IGP, il rapporto tra indicazioni geografiche e marchi, nonché la svolta da un approccio di netta prevalenza delle prima sui secondi a una disciplina connotata da maggior equilibrio.
La controversia, iniziata nel 2016, ha visto la contrapposizione da un lato della società Duca di Salaparuta S.p.A., titolare di marchi contenenti il termine “Salaparuta”, dall’altro del Ministero dell’Agricoltura insieme al Consorzio di tutela per la Denominazione di Origine Controllata DOC “Salaparuta” e di alcune cantine produttrici di vini contraddistinti da quest’ultima. La Duca di Salaparuta rivendicava delle registrazioni di marchio SALAPARUTA a far data dal 1989 e segnalava come “Salaparuta” richiamasse il titolo nobiliare del fondatore della Cantina, senza alcun collegamento con l’omonimo Comune, situato in Sicilia. Per quanto riguarda la DOC “Salaparuta”, questa era stata riconosciuta a livello nazionale nel 2006. Successivamente, con effetto dal 1° agosto 2009, veniva inclusa nel Registro europeo delle DOP.
La Duca di Salaparuta proponeva ricorso di fronte al Tribunale di Milano per far dichiarare l’invalidità della DOP Salaparuta. Faceva valere l’anteriorità dei suoi marchi e la loro notorietà sostenendo che, alla luce di quanto previsto dal Regolamento 479/2008, la denominazione di origine dovesse essere cancellata. Il ricorso veniva respinto, in quanto il Tribunale riteneva che il conflitto tra il marchio e la DOP dovesse essere risolto sulla base del Regolamento 1493/1999, nello specifico alla luce della regola della prevalenza della DOP. Di conseguenza si concludeva per la validità di quest’ultima. Il Tribunale riconosceva, in ogni caso, che per le concrete modalità di utilizzo della denominazione di origine “Salaparuta” nelle loro etichette, alcune delle cantine consorziate avevano violato gli anteriori marchi e indotto in inganno il consumatore.
La Duca di Salaparuta presentava appello; la Corte di Appello confermava tuttavia la sentenza di primo grado. Veniva pertanto presentato ricorso in Cassazione. Di fronte alla Suprema Corte, la Duca di Salaparuta evidenziava che per identificare la normativa applicabile si doveva tener conto della data di efficacia dell’iscrizione della DOP “Salaparuta” nel registro E-Bacchus, nello specifico il 1° agosto 2009, e non quello del riconoscimento nazionale della corrispondente DOC. La Corte rivolgeva quindi delle questioni pregiudiziali alla Corte di Giustizia Europea. In particolare, chiedeva se il regime stabilito dal Regolamento 479/2008 che vedeva nei marchi anteriori notori un ostacolo alla registrazione di successive DOP e IGP, potesse trovare applicazione anche in relazione a registrazioni europee di denominazioni di vini già protette a livello nazionale.
Con la sua sentenza dello scorso 11 settembre, la Corte di Giustizia, entrata nel merito della questione sollevata dalla Suprema Corte italiana, riscontrava che se era vero che la denominazione “Salaparuta” era diventata una DOP dell’Unione Europea nel 2009, in realtà questo non era il risultato di una nuova e separata procedura di esame, ma un’estensione della protezione nazionale che per la corrispondente DOC “Salaparuta” risaliva al 2006. L’inclusione come DOP di “Salaparuta” nel Registro europeo E-Bacchus non poteva pertanto essere considerata una nuova registrazione.
Ad avvalorare questa interpretazione, la Corte di Giustizia osservava che il regime transitorio previsto dal Regolamento 479/2008 aveva espressamente previsto che le denominazioni nazionali già protette in virtù dell’articolo 54 del Regolamento 1493/1999, venissero automaticamente tutelate a livello della EU, senza che nessun ulteriore esame da parte della Commissione fosse necessario. Inoltre, la Corte di Giustizia constatava come, sempre sulla base del regime transitorio previsto per le preesistenti denominazioni nazionali per i vini, era stata limitata la possibilità di una loro cancellazione. Alla luce di quanto sopra e in particolare del carattere automatico della protezione a livello unitario per le preesistenti denominazioni nazionali, la Corte di Giustizia ha pertanto concluso che la protezione dome DOP di “Salaparuta” fosse un’estensione della protezione nazionale e non il risultato di una distinta registrazione.
Di conseguenza, per l’identificazione della normativa applicabile, la situazione di fatto rilevante era costituita dall’originario riconoscimento di protezione della DOC “Salaparuta” avvenuto nel 2006, in vigenza del Regolamento 1493/1999 e del regime che privilegiava le denominazioni d’origine sui marchi anteriori.
Conclusioni
La decisione della Corte di Giustizia non lascia dubbi: per le denominazioni nate sotto il vecchio regime del Regolamento 1493/1999 la DOP prevale sul marchio anteriore. La DOP “Salaparuta” resta pertanto pienamente valida e il marchio “Salaparuta”, anteriore e notorio, dovrà coesistervi. Questa decisione è significativa in quanto garantisce stabilità e protezione alle IG “storiche”, riconosciute prima del 2008.
La sentenza però non limita in questo il suo ruolo e la sua importanza. Stabilendo ratione temporis il regime applicabile per il passato, ha confermato che per tutte le successive denominazioni, e in particolare per quelle future, deve trovare applicazione il principio opposto che riconosce la predominanza del marchio anteriore notorio e la sua capacità di impedire la registrazione di successive indicazioni geografiche.
In particolare, l’articolo 30 del Reg. 2024/1143 confermando che il marchio notorio anteriore rappresenta un motivo di rifiuto di un’indicazione geografica successiva se decettiva per il consumatore, ha sancito una svolta di prospettiva con l’obiettivo di bilanciare la tutela delle indicazioni geografiche e del territorio e di perseguire il rispetto del principio di non ingannevolezza del consumatore.
Articolo di Lisa Pozzebon per VVQ.
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