In questa intervista per Forbes Italia, Enrica Acuto Jacobacci spiega perchè, in una fase storica contrassegnata dall’economia della conoscenza, mettere la firma su marchi e brevetti è quanto mai necessario. Anzi urgente.

Una delle contraddizioni del nostro Paese è che brilliamo per capacità inventiva, ma non abbiamo una cultura di tutela e gestione del patrimonio intellettuale. In sintesi: non è del tutto chiaro che se un’idea è vincente va protetta. E in una fase storica contrassegnata dall’economia della conoscenza, mettere la firma su marchi e brevetti è quanto mai necessario. Anzi urgente.

Ne abbiamo parlato con Enrica Acuto Jacobacci Vice Presidente e Amministratore Delegato di Jacobacci & Partners, una delle principali realtà europee in tema di tutela della proprietà intellettuale, con un fatturato Italia di 60 milioni di euro e un fatturato di gruppo che sfiora i 100 milioni di euro. Fondata nel 1872, la Jacobacci gestisce 100k brevetti e 100k marchi per conto di oltre 10k clienti. Il quartier generale, da sempre a Torino, dialoga con altre 12 sedi fra Italia, Francia e Spagna. Enrica Acuto Jacobacci rappresenta la quarta generazione della società.

Qual è lo stato di salute del nostro sistema di deposito e tutela?

Migliorato, ma non ancora allineato con il resto dell’Europa. I servizi devono essere semplificati e digitalizzati.  Faccio un esempio. Sapere chi ha richiesto, ottenuto e mantenuto in vita un brevetto è fondamentale per quanti investono ingenti capitali in soluzioni innovative. Ma la banca dati gestita dall’UIBM (Ufficio Italiano Brevetti e Marchi) è lacunosa. Idem dicasi per i marchi. La banca dati dovrebbe essere completa, affidabile e facile da usare, con un motore di ricerca che consenta ricerche incrociate su tutti i dati disponibili.

Perché così va il mondo. Corretto?

Eh, sì. Così funzionano le banche dati di tutti gli uffici internazionali (EPO, WIPO, EUIPO, ecc.), ma anche di molti altri uffici nazionali di paesi UE: in maniera efficiente.

Oltre al ritardo digitale, in cosa pecca l’UIBM?

E’ sottodimensionato per risorse umane e strutturali, necessita di investimenti. Sono tante le nuove procedure amministrative riguardanti marchi e brevetti già previste e disciplinate dal Codice di Proprietà Industriale, che agevoleranno una più rapida ed efficiente risoluzione dei contenziosi, ma che devono ancora diventare completamente operative e che richiedono necessariamente personale adeguato e in termini numerici e di formazione.

Cosa fa esattamente l’UIBM?

Molte cose, tra cui riceve, esamina e, se ne ricorrono i requisiti, concede le domande di marchio, brevetto, modello, topografie e novità vegetali, riceve, istruisce e decide sulle opposizioni marchi, procedura introdotta nel 2011 ed apprezzata dalle Imprese italiane e straniere.

Tuttavia, per un completo ed efficace utilizzo da parte delle Imprese di questi investimenti è necessario che queste informazioni siano pubbliche, garantendo il corretto equilibrio tra queste privative e gli interessi della collettività. Pertanto, uno dei compiti principali dell’UIBM è gestire il registro pubblico. Tra le altre cose, il Registro indica se un titolo è in vigore oppure se e quando è scaduto. Mette a disposizione testi e disegni di tutti i titoli depositati e pubblicati perlomeno negli ultimi trent’anni, unitamente ai dati di mantenimento e cessione/trasferimento.

Quindi voi professionisti cosa sognate?

La semplificazione di tutte le procedure. Vorremmo che il deposito si potesse realizzare in qualsiasi giorno e ora e non, come oggi accade, dalle 8 alle 19 dei giorni feriali: penso sia l’unico caso in Europa. Una vera digitalizzazione consentirebbe il deposito telematico di tutte le domande, mentre adesso quelle di brevetto europeo, le estensioni internazionali di marchi italiani ed altre istanze possono essere depositate all’UIBM solo in forma cartacea, sebbene queste ultime sono almeno anticipabili via PEC.

In questi giorni sono state varate operazioni di potenziamento ed efficientamento della PA. Cosa assolutamente non funziona e va cambiato nella PA per quanto concerne il vostro settore?

Rispondo con una battuta. Le nostre stampanti avrebbero le ragnatele al posto della carta, se non fosse per la PA che vuole ancora i documenti stampati e firmati in originale. In Italia la PA era un problema già prima del Covid, figuriamoci ora.

L’utilizzo oculato delle risorse che arriveranno con i finanziamenti Next Generation EU anche per migliorare e potenziare anche l’UIBM potrebbe portare un ulteriore impulso alle Imprese Innovative, producendo posti di lavoro e benefici per tutta la EU.

Dal recente studio congiunto EUIPO/EPO emerge che le imprese titolari di brevetti e marchi generano un fatturato per dipendente del 20 % maggiore rispetto a quelle omologhe senza un portafoglio di PI. Inoltre, le imprese titolari di brevetti e marchi, versano retribuzioni del 19 % maggiori rispetto a quelle che non ne detengono.

Il Covid che impatto ha avuto sulla vostra attività?

Che il "time to market" si è ridotto e semplificato: sempre meno i clienti vogliono la notifica e sempre di più vogliono la presentazione ppt del parere e dettagliati commenti in videochiamate, con condivisione di contenuti multimediali (rappresentazioni 3D e simulazioni) impensabili sino a poco fa nel nostro mondo dei servizi.

La sfida ora sta nella sintesi della mole di dati. I nostri servizi devono arrivare al cuore del problema in modo più nitido, lucido e fornendo chiare soluzioni. Le nebbie delle incomprensioni e le incapacità diverranno più palesi con questi mezzi, spingendoci ad essere ancora più focalizzati.

In Jacobacci avete puntato sulla leadership e responsabilità condivisa in azienda, e sull’amalgama delle competenze. Vuole parlarne?

Oggi il modello competitivo è obsoleto e inadatto ad affrontare in modo efficace la complessità delle sfide odierne. Il generale in sella al proprio cavallo delle statue che adornano le nostre piazze appartiene al passato anzi fosse per me lo eliminerei proprio perché impedisce lo sviluppo sano di un pensiero più inclusivo e meno misogino. Siamo sommersi di dati e stimoli che non siamo più in grado di decifrare da soli, benvenuta l’intelligenza artificiale che ci aiuterà a velocizzare i tempi di analisi.
Oggi servono decisioni condivise e delivery funzionale automatica ed efficace. Sono arrivata in azienda che c’era sostanzialmente solo il CFO mentre oggi tutte le funzioni sono coperte da un Executive Board di 8 persone me compresa.

I risultati?

Nel 2019 i risultati di crescita e redditività sono stati ottimi, nel 2020 siamo riusciti a mantenere sostanzialmente la posizione e garantire medesimi risultati a tutti gli stakeholder.

Abbiamo tutelato tutti i collaboratori mantenendo la piena occupazione, anzi abbiamo persino fatto alcune assunzioni per ottimizzare i nostri servizi: in questi mesi ci siamo occupati con tutte le nostre forze a tutelare il nostro patrimonio più importante garantendo un ambiente di lavorare sicuro e un modo di lavorare attento prima di tutto al benessere fisico e psicologico.

Jacobacci è la promotrice di 4T- Tech Transfer Think Tank. Spieghiamo ai lettori di cosa si tratta e perché è nato 4T?

L'idea è nata nel 2014, dopo aver partecipato più volte ad AUTM negli USA, un convegno dedicato all'incontro e allo scambio tra le Università e le aziende e che ha un enorme impatto sulla economia USA. Duplice è stato il nostro obiettivo: fare formazione, rendendo sempre più consapevoli gli Italiani dell'importanza del tech transfer favorendo, al contempo, le relazioni tra le persone.

Principi che forse avete maturato anche grazie al vostro posizionamento privilegiato nel mondo

Sicuramente ha inciso il fatto di essere presenti a vario titolo nei luoghi dove si verificano i cambiamenti più importanti, da Shenzhen, alla Silicon Valley, ai parchi tecnologici e nel mondo universitario italiano ed internazionale. 4T è un meraviglioso esempio di evento innovativo: ogni anno cambia il tema trattato, ma anche il format e le persone coinvolte.

Qualche esempio?

Abbiamo fatto un excursus delle migliori expertise di Tech transfer in tutto il mondo, parlato di open innovation, industria 4.0, digital transformation, fino a concentrarci l'anno scorso e quest'anno nel life science, con un occhio di riguardo sull'importanza del Tech transfer per l'innovative health ai tempi del Covid-19.
Da evento di un'intera giornata, si è allargato a tavole rotonde con speaker visionari, key studies aziendali e l'istituzione della Gallery Walk per dare spazio a start up, investitori nel senso più ampio del termine (VC, multinazionali, Banche, Fondi, Parchi tecnologici), i quali con brevi pitch si presentavano e facevano networking, fino a una versione completamente digitale dell'evento dell'anno scorso, causa Covid, allo stesso modo ricca di interattività e contributi stimolanti.

L’economia della conoscenza mette al centro il capitale umano, e il nostro più pregiato spesso se ne va all’estero. Voi come lo trattenete in azienda?

Questa è una delle sfide più impegnative anche perché da sempre noi preferiamo selezionare giovani talenti facendoli crescere alla nostra scuola: è un investimento importante poiché non solo la professione di mandatario prevede il superamento di esami a livello italiano ed europeo che implica anni di studio per i nostri professionisti, ma anche la nostra formazione interna e lo sviluppo della carriera è fatto di passaggi seguiti e monitorati dai colleghi più senior e da noi responsabili.

Oggi in Italia attrarre e fidelizzare i talenti è molto difficile e richiede una visione di lungo periodo. Da noi le risorse umane sono il fattore discriminante e un errore di valutazione comporta rischi enormi, questo non limitatamente ai professionisti, ma anche per quanto riguarda tutte le altre figure professionali di staff.

Attenzione, precisione, velocità esecutiva unite a capacità di operare in team complessi per far fronte a scadenze continue su scala globale e richieste dei clienti sono una grande sfida. Una piccola distrazione può produrre risultati disastrosi e rovinare una reputazione costruita in anni e anni.

Il 75% del nostro personale è femminile e credo che come donna la mia esperienza e sensibilità di mamma-lavoratrice sia stata determinante nell’ implementare una serie di politiche attente allo sviluppo delle carriere e alla conciliazione dei ruoli.
Abbiamo poi nel portale interno – Jidea – un’area dove si possono proporre idee che sono volte a migliorare la vita aziendale, la sostenibiità o i nostri servizi. Le migliori vengono implementate, così come le persone che le hanno proposte vengono premiate. Due volte all’anno in occasione degli MBO o della valutazione degli MDR incontriamo personalmente tutti i nostri professionisti, dai più senior agli ultimi arrivati in azienda, così come tutti partecipano al nostro incontro di condivisione strategica Jbuild.

Dall’inizio della pandemia il nostro impegno è stato quello di salvaguardare i posti di lavoro.
Oggi, ad un anno di distanza sono tranquilla di poter affermare che siamo stati bravi e fortunati. Il virus sino ad oggi non ha colpito troppo duramente tra di noi. Certo, tutti abbiamo perso qualcuno più o meno vicino, ma noi e i nostri collaboratori siamo ancora, fortunatamente, tutti qui a dare il nostro contributo e a portare avanti i nostri progetti.

Piccolo non è bello: semmai è brutto. Infatti voi continuate ad espandervi: prossime mosse?

Il 13 febbraio 2020 abbiamo perfezionato l’acquisto di una parte di uno studio spagnolo con l’obiettivo di fare una operazione simile a quella fatta in Francia un lustro fa. Ovviamente da allora abbiamo fatto pochi passi avanti nella integrazione delle nostre strutture, pur avendo già implementato una serie di attività e procedure comuni, ma una vera fusione che implica anche la condivisione di spazi comuni e di lavoro in team non è facile da fare ora lavorando tutti da remoto. Così come appena possibile riprenderemo la crescita strategica in Francia oggi ovviamente rallentata dalla contingenza.
Nonostante questo non ci fermiamo, infatti solo per citare un esempio la nostra controllata Griffeshield, specializzata in on line brand protection non solo è cresciuta, raddoppiando il proprio fatturato, ma si è dovuta spostare in uffici più grandi. Direi in controtendenza rispetto a quanto sta succedendo ovunque ora.
Il Gruppo Jacobacci è oggi circa 10 volte più grande di quando ho conosciuto mio marito ormai più di 35 anni fa…direi che se non altro porto fortuna.

Qui l'intervista di Piera Anna Franini su Forbes