29 maggio 2025 Marchi, Food & Wine Luca Mariani

Nel 2023 l’Italia si è confermata tra i maggiori produttori mondiali di vino nel mondo con i suoi 38,3 milioni di ettolitri, che corrispondono al 16,1% della produzione mondiale, arrivando seconda solo alla Francia, che invece ha raggiunto i 48 milioni di ettolitri rappresentando a sua volta il 20.2% del totale globale. Invece, attenendoci ai primi conteggi effettuati, l’anno che si è appena concluso avrebbe testimoniato il sorpasso del Bel Paese, che – se le stime provvisorie verranno confermate – si aggiudicherà il primato mondiale del 2024 nel campo della produzione vitivinicola (dati dell’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino - OIV).

Gli italiani sono anche tra i maggiori consumatori di vino al mondo e nel 2023 si sono assicurati il terzo posto mondiale nel campo dei consumi, dopo Stati Uniti e Francia. Dunque, è senz’altro auspicabile che alla crescita della nostra nazione nell’economia globale del vino corrisponda anche una proporzionale evoluzione o progressione nella consapevolezza dei consumatori all’atto dell’acquisto del prodotto vitivinicolo.

Una scelta consapevole, a sua volta, non può prescindere da un’attenta valutazione dell’etichetta, per legge contenente un buon numero di informazioni obbligatorie (ad esempio: il nome del vino, la denominazione di origine o l’indicazione geografica, la gradazione alcolica, la presenza di solfiti o sostanze note per provocare allergie o intolleranze, il contenuto netto, il paese di origine, il nome dell’imbottigliatore e il numero del lotto) e facoltative (quali: il marchio d’impresa, la varietà vegetale della vite, l’ annata, tipo di vino, invecchiamento, le menzioni tradizionali come “vino nobile”, “Grand vin” o “cru”, premi e riconoscimenti, eccetera).

Una bottiglia di vino può contenere un numero elevato di informazioni e, inaspettatamente, anche un insieme variegato di creazioni intellettuali, che in diversi modi rientrano nella normativa e nella prassi del diritto industriale. Vediamo, dunque, nel seguito una prima selezione di indicazioni che troviamo sull’etichetta del vino, che corrispondono anche a dei veri e propri diritti di proprietà intellettuale.

Il marchio individuale

Quando si parla di marchio d’impresa si entra subito nell’ambito delle indicazioni opzionali, il cui inserimento in etichetta è rimesso alla discrezione dell’imprenditore. In proposito, è utile sapere che la categoria di marchio più comune sul mercato è quella del marchio individuale, che normalmente viene apposto dalla società o dalla persona fisica in bella mostra sulla bottiglia di vino. La funzione principale di questo tipo di marchio è quella di indicare al consumatore che il prodotto proviene da una determinata azienda vitivinicola.

Spesso il marchio d’impresa è apposto nella parte centrale dell’etichetta e riporta il nome del vino o della cantina, talvolta associati ad un logotipo o una parte figurativa. Si tratta di quello che in campo commerciale e di marketing viene anche definito “brand”. Ad esempio, celebri marchi individuali del settore vitivinicolo sono “Marchesi Antinori” e “Ferrari”, che corrispondono altresì ai patronimici dei loro ideatori o fondatori, come spesso accade in questo settore. Questi nomi sono spesso resi in particolari formule grafiche o accompagnati da decorazioni, quali cornici, simboli e stemmi araldici. Altre volte, i titolari preferiscono fare dei riferimenti alla località o all’immobile in cui sono collocati vigneti o le cantine; si pensi per esempio ai vini “Valdo” (abbreviazione di Valdobbiadene) o “Cà del Bosco” (nome di una casa in collina dove è sorta l’omonima azienda).

Il marchio collettivo

Talvolta, insieme al rispettivo marchio individuale, sulle etichette dei vini si può trovare anche un marchio collettivo, un particolare istituto giuridico impiegato dalle aziende vitivinicole per rendere noto al pubblico il fatto che esse appartengono ad un determinato consorzio o ad una determinata associazione. Particolarità del marchio collettivo è che la proprietà del titolo e la sua gestione sono nelle mani del consorzio o dell’associazione, anche se il segno distintivo a livello commerciale è sfruttato primariamente da un gruppo di soggetti terzi, ovvero i consorziati o gli associati che hanno ottenuto l’autorizzazione all’uso del marchio collettivo. Inoltre, quest’ultimi nell’utilizzo del marchio devono rispettare un regolamento prestabilito dal titolare del marchio e depositato avanti l’Ufficio marchi.

Lo scopo precipuo di un marchio collettivo nel settore enologico è quello di distinguere il vino prodotto dai membri del consorzio di riferimento da quelli di altre imprese che invece non vi appartengono. Di conseguenza, esso individua l’origine commerciale del prodotto, comunicando all’acquirente che l’azienda vitivinicola produttrice aderisce a una determinata associazione e ha il diritto di usufruire del marchio in questione.

Sovente i marchi collettivi risultano geograficamente descrittivi, ovvero contengono anche delle informazioni sulla provenienza territoriale del prodotto. Esempi di marchi collettivi che provengono dal nostro Paese sono il marchio figurativo “Consorzio Marchio Storico dei Lambruschi Modenesi” il cui nome è inserito in una fascetta rossa dotata di stemma araldico da applicare al collo della bottiglia, oppure al marchio figurativo “Consorzio Tutela Vini Piceni”, la cui parte verbale è disposta in modo circolare a contorno dell’effige di un toro bianco di razza marchigiana, il tutto incluso in un anello piceno a sei nodi, antico ornamento tipico della zona, e da adoperare idealmente sottoforma di sigillo.

Per riassumere, mentre il marchio d'impresa è un tratto distintivo che serve a differenziare i prodotti o servizi provenienti da una determinata impresa da quelli dello stesso genere originati dalle aziende concorrenti, il marchio collettivo è un segno distintivo di proprietà di un ente cooperativo che ha il compito di garantire l'origine, la natura o la qualità di certi prodotti o servizi e che, a determinate condizioni, ne concede l'uso a produttori o commercianti, a patto che quest’ultimi abbiano determinati requisiti e rispettino le condizioni indicate nel regolamento.

Le indicazioni geografiche (IG) e i regimi di qualità

Laddove ci sia un legame specifico tra il luogo di produzione e il prodotto, entrano in campo i cosiddetti regimi di qualità dell’Unione Europea. Si tratta di denominazioni che veicolano la genesi territoriale del prodotto e che funzionano come garanzia di una determinata qualità o proprietà del vino legata al luogo d’origine. Quindi, da una parte, il consumatore sente di potersi fidare della promessa qualitativa garantita dall’indicazione geografica e, dall’altra, il produttore gode di un vantaggio competitivo notevole derivante dall’apposizione della IG in questione. Esistono diverse tipologie di indicazioni geografiche, vediamo nel seguito le due più note ed utilizzate a livello di Unione Europea.

La Denominazione di Origine Protetta (DOP) è la regina delle IG, poiché è quella che denota il rapporto più stretto tra il prodotto e il territorio. Quando si scorge una qualificazione geografica DOP su una bottiglia di vino, si può dedurre che ogni passaggio del metodo di produzione, trasformazione e preparazione si è tenuto in quella predeterminata area geografica. Nel caso specifico dei prodotti vitivinicoli, ciò significa che le relative uve devono essere coltivate esclusivamente nella zona geografica delimitata dal disciplinare di riferimento. Tra le DOP dell’Unione Europea che si riferiscono al territorio italiano più rinomate troviamo le seguenti: “Chianti”, “Franciacorta”, “Valpolicella”, “Montepulciano d’Abruzzo”, “Etna”, “Barolo”, “Barbera d’Asti”, “Brunello di Montalcino”, “Lambrusco di Sorbara”, “Marsala”, “Aleatico di Puglia”, “Nebbiolo d’Alba” e chi più ne ha più ne metta.

Se la DOP è la regina, allora l’Indicazione Geografica Protetta (IGP) è quantomeno una duchessa d’alto rango, ed entra in campo quando una specifica qualità, reputazione o altra caratteristica sono essenzialmente attribuibili all'origine geografica del genere alimentare o vino in questione. Nella maggior parte dei casi si può evidenziare il legame che congiunge una distinta zona geografica al prodotto, se in quella stessa regione ha avuto luogo almeno una delle fasi di produzione, lavorazione o preparazione. Invece, se si considerano in modo particolare i vini, almeno l'85% dell'uva utilizzata deve provenire unicamente dall’area geografica in cui il vino è prodotto. Anche qui possiamo citare alcuni esempi eccellenti, quali: “Rubicone”, “Trevenezie”, “Isola dei Nuraghi”, “Colli Trevigiani”, “Paestum”; ma anche nomi dalla risonanza principalmente locale, come: “Montenetto di Brescia”, “Benaco Bresciano”, “Ronchi di Brescia” e molti altri.

A titolo di riepilogo, da una parte abbiamo la DOP, che viene utilizzata per contraddistinguere generi alimentari e vini interamente prodotti e confezionati nel territorio d’origine prestabilito; dall’altra, l’IGP, che serve a segnalare il fatto che le fasi fondamentali del processo produttivo – vale a dire quelle che conferiscono il suo carattere peculiare al prodotto in questione – hanno luogo nell’area geografica dichiarata, mentre le restanti avvengono altrove, senza che ciò precluda la creazione di un legame rilevante tra il prodotto e il territorio d’origine. Ovviamente anche nel caso delle DOP e IGP esistono dei disciplinari da rispettare.

Le varietà vegetali comunitarie

Le privative per le varietà vegetali consentono ai loro inventori di proteggere i nuovi ritrovati nel campo della ricerca genetica vegetale. Proprio a tal fine nel 1994 è stata fondata un’apposita agenzia dell'Unione Europea, denominata Ufficio Comunitario delle Varietà Vegetali (UCVV), che gestisce la registrazione e catalogazione di tali diritti. Siffatta istituzione ha dunque lo scopo di incoraggiare la creazione di nuove varietà vegetali nel territorio dell'Unione Europea, attraverso una migliore protezione della proprietà intellettuale per i selezionatori di piante. Quest’ultimi sono sostanzialmente ingegneri genetici, che lavorano con l’obiettivo principale di migliorare l’efficienza e la resa delle colture utilizzando diverse tecniche di selezione.

La privativa comunitaria per ritrovati vegetali conferisce al suo titolare il diritto esclusivo di commercializzare la varietà protetta nel territorio dell'Unione Europea. Numerose sono le varietà vegetali che rientrano nella specie “vitis vinifera” e tra queste si trovano molteplici esempi di uva italiana, quali: Barolum N, Brundisium N, Juvenantium B, Vigilarum B, e molte altre.

Conclusioni

Secondo i dati raccolti da OIV, nell’anno passato il settore vitivinicolo globale ha patito le conseguenze negative di una serie di eventi avversi di carattere meteorologico e geopolitico, di cui i primi incidevano sui volumi produttivi, mentre i secondi rallentavano gli scambi commerciali a livello internazionale. Perciò, tirando le somme, i dati provvisori rappresentano una produzione mondiale nel 2024 inferiore del 2% rispetto a quella del 2023.

Sullo sfondo di una produzione in calo a livello mondiale e, in particolare, nell'Unione Europea, si stagliano alcune eccezioni – come quelle di Portogallo, Ungheria e, ultima ma non per importanza, Italia – che, in controtendenza rispetto all’andamento generale, hanno ottenuto dei risultati incoraggianti. In particolare, nel nostro Paese la produzione vitivinicola del 2024 ha avuto una lieve ripresa rispetto al volume eccezionalmente basso del 2023; quindi, con buona probabilità torneremo ad essere il primo produttore mondiale in carica.

In uno scenario climatico (ed economico) in cui nulla può essere dato per scontato, le aziende agricole, che dipendono massimamente dalla terra e dal cielo, devono mettere al riparo le proprie attività sfruttando tutte le forme artificiali di protezione attualmente disponibili. Tra le varie tutele legali non bisogna tralasciare quelle offerte dal diritto industriale, che nelle declinazioni sopra descritte può essere considerato un baluardo a salvaguardia delle eccellenze enogastronomiche che appartengono al nostro territorio.

Articolo di Luca Mariani per Mondopadano

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