I marchi sono segni di varia natura che apposti sui prodotti o sul- le loro confezioni, ne indicano la loro origine commerciale. La presenza sui prodotti di un medesimo marchio permette infatti di identificarli tutti come provenienti da una stessa azienda e di distinguerli, di conseguenza, da quelli di concorrenti che operano nel medesimo settore.

Il marchio è pertanto lo strumento che, indicando la provenienza aziendale dei prodotti, consente la loro differenziazione rispetto a quelli di una diversa azienda e la loro individuazione e riconoscimento in occasione di successivi acquisti.

La capacità distintiva

La capacità di un segno di identificare e differenziare commercialmente i prodotti viene identificata dalla normativa italiana come capacità distintiva. Oltre a rispondere alla concreta necessità di distinguere e rendere riconoscibili sul mercato i prodotti di un’azienda rispetto a quelli dei concorrenti, la capacità distintiva è anche uno dei requisiti fondamentali stabiliti dalla legge affinché un marchio sia valido e registrabile.

Ottenere la registrazione dei propri marchi di fronte agli Uffici Marchi nazionali è un obiettivo strategico per le aziende. Salvo casi particolari è infatti con la registrazione che nasce in capo al titolare del marchio un di- ritto al suo uso esclusivo. Ed è solo il titolare del marchio registrato ad avere titolo per intervenire e impedire ad altri soggetti di usare un marchio identico o simile al proprio. È  per questa ragione che diventa essenziale per un’azienda individuare e scegliere come marchio un segno che, rispondendo ai requisiti previsti dalla legge, possa essere validamente registrato Alla luce di questa premessa il presente articolo vuole soffermarsi su quanto previsto dalla normativa italiana e dal Regolamento Eu sul Marchio Eu in merito alle caratteristiche che consentano ad un segno di essere distintivo e registrabile. Nell'esporre le norme e la prassi in tema di distintività dell’Uibm, l’Ufficio Marchi italiano, e dell’Euipo, l’Ufficio che gestisce i marchi Eu, verrà fatto particolare riferimento alla classe 33 nella quale, come previsto dalla Classificazione di Nizza, rientrano le bevande alcoliche e, più in particolare, i vini.

Cosa dice la legge

Per quanto riguarda la normativa italiana, l’articolo 13 del decreto legislativo N. 30/200 prevede che non sia- no dotati di capacità distintiva a) i segni divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi costanti del commercio; b) le denominazioni generiche dei prodotti

  1. c) indicazioni descrittive di caratteristiche dei prodotti. L’articolo 7 del Regolamento sul marchio Eu 2017/1001, dopo avere stabilito che non sono registrabili i marchi privi di capacità distintiva, esclude anch'esso dalla registrazione le indicazioni descrittive delle caratteristiche dei prodotti e i segni/indicazioni diventati di suo comune nel linguaggio corrente o nelle consuetudini leali e costanti del commercio.

Rispetto ai segni divenuti di uso comune, la dottrina e la giurisprudenza hanno ricondotto alla categoria quelle espressioni o indicazioni usualmente utilizzate in molteplici settori e in relazione a molteplici categorie di prodotti. Classici esempi della dottrina sono la definizione deluxe e la parola Euro. Per quanto riguarda le denominazioni generiche dei prodotti, per quanto maggiormente attiene il settore vinicolo, è certamente esclusa la registrazione di parole come vino o del disegno standard di un grappolo d’uva. In relazione alle indicazioni descrittive, vi rientrano tutti i segni che, siano essi verbali, grafici o di qualsiasi altra natura, forniscono in modo immediato e diretto informazioni sulle caratteristiche dei prodotti. Il divieto stabilito dalla legge ha come scopo quello di lasciare che espressioni descrittive restino liberamente utilizzabili da chiunque operi nel settore. Le norme precludono la registrazione di indicazioni in grado di comunicare una qualsiasi tipologia di informazione rispetto al prodotto, specificando a solo titolo di esempio che queste informazioni potrebbero riguardare “la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica ovvero l’epoca della fabbricazione del prodotto”. Alla luce di quanto sopra, devono considerarsi non registrabili in relazione al settore vinicolo, indicazioni, per citarne solo alcune, come cru, cuvée, perlage, rosso, grigio, millesimato o un numero che possa essere inteso come indicazione di un’annata, o le parole vitigno o uva o la loro raffigurazione standard. 

I nomi geografici e le denominazioni di origine

Nell’ambito delle indicazioni descrittive, un’attenzione particolare va riservata ai nomi geografici. Nel settore dell’agroalimentare, e più specificamente in quello dei vini, il riferimento al territorio ha come noto un forte rilievo. Alla luce dello stretto collegamento che può esserci tra il territorio e le qualità dei prodotti, la scelta di un toponimo come marchio potrebbe ostacolarne la registrazione se il nome geografico prescelto presentasse dei profili di descrittività. A questo riguardo va precisato che, almeno in ambito italiano e comunitario, non vi è un divieto assoluto di registrare marchi costituiti da nomi geografici. Il divieto opererà solo quando, prima di tutto, un certo nome abbia per il consumatore e gli ambienti interessati una valenza geografica, in altre parole sia percepito come indicativo di un luogo.
Secondariamente sarà necessario che quel luogo, sia esso un Paese, una regione o una zona geografica, sia noto alla produzione dei prodotti di interesse. Questo significa che toponimi non più esistenti o identificativi di luoghi sconosciuti ai più o che non abbiamo e non possano avere alcuna tradizione in ambito vitivinicolo, potranno essere validamente registrati come marchi in relazione alle bevande alcoliche. Tra i nomi geografici va tuttavia ricordata la speciale protezione riconosciuta alle denominazioni d’origine e indicazioni geografiche registrate. Rispetto a queste ultime, è fatto divieto assoluto della loro registrazione come marchio. I Regolamenti Eu 1151/2012 e n. 1308/2013 prevedono infatti il rigetto delle domande di marchio che contengano o che siano costituite da denominazioni d’origine o indicazioni geografiche protette per prodotti non conformi ai relativi disciplinari. Si discute se questo divieto operi anche in relazione a marchi complessi che comprendano una denominazione d’origine o una indicazione geografiche protetta, quando tali marchi siano destinati a prodotti conformi al disciplinare di tali denominazioni e indicazioni. A questo riguardo, pur di fronte alla medesima normativa di riferimento, le risposte dell'Uibm e dell'Euipo sono state, ad oggi, diametralmente opposte. Per l'Uibm la protezione speciale di cui godono le denominazioni d’origine e le indicazioni geografiche si è tradotta nel divieto di includerle in marchi complessi, anche quando questi vadano a contraddistinguere prodotti rispettosi del disciplinare di riferimento. Diversamente l’ufficio dell'Eu ne permette la registrazione come elementi di marchi complessi purché nella rivendicazione dei prodotti sia espressamente specificato che i prodotti sono conformi al disciplinare. 

Marchi forti e deboli

Oltre ai marchi non distintivi (vedi box), sono registrabili i cosiddetti marchi evocativi. Si tratta di segni nei quali vi è, ma in modo sfumato o indiretto, un richiamo a possibili caratteristiche dei prodotti.
Può trattarsi ad esempio di dici- ture nelle quali si riconosce un riferimento a termini descrittivi che tuttavia, attraverso variazioni orto- grafiche o figurative, presentino un carattere di fantasia.
Dottrina e giurisprudenza hanno qualificato questi marchi come deboli per differenziarli, in termini di protezione, da quelli che, dotati di piena capacità distintiva, sono considerati forti.
Il titolare di un marchio forte può infatti attaccare marchi di terzi sia identici sia simili al proprio. Al contrario, nel caso di un marchio debole, il titolare potrà contestare solo l’uso di marchi altrui identici al proprio. Potrebbero pertanto essere sufficienti anche minime variazioni nei marchi dei concorrenti per escludere la possibilità di attacco. Questo potrebbe determinare la necessità di dover tollerare la presenza nel mercato di marchi concorrenti simili a quelli di titolarità rendendo di fatto meno riconoscibile i propri prodotti.

Meglio non rischiare

Alla luce di quanto sopra illustrato, avuto riguardo del ruolo commerciale dei marchi e della rilevanza strategica di registrare i propri segni distintivi, si deve osservare che la scelta di un marchio che sia formato da segni di uso comune, da nomi generici o da espressioni ed indicazioni descrittive rappresenta un rischio per le aziende.
La mancanza di capacità distintiva del marchio non solo rende anonimi e difficilmente identificabili i prodotti sul mercato. Più di tutto può impedire la registrazione del marchio con l’effetto di privare il titolare dello strumento di base per difendere i propri segni distintivi e, altresì, di vanificare gli investimenti sostenuti per il deposito del marchio e la sua promozione.
Anche la scelta di adottare un marchio evocativo può dimostrarsi non vantaggiosa. Se la sua registrazione è possibile, il diritto che ne deriva sarà infatti debole limitando le possibilità di tutela del marchio e riducendo la riconoscibilità del segno e dei prodotti.